19 Apr PASQUA DI RISURREZIONE
Giovanni 20,1-9
Un grido si alza nella notte di Pasqua: chi fa finta di vivere, liberi la vita e voli con essa; chi vivacchia, si alzi da terra e scopra nuovi orizzonti; chi si lascia vivere, accetti il supplemento di vita che questa notte porta con sé e offra la sua vita come dono. A voi che amate, che soffrite, che nuotate in acque insicure, che avete paura, che non sapete cosa fare e dove andare, cosa scegliere e non scegliere, a voi che siete segnati dal marchio dell’umanità, una sola parola: lasciatevi rapire da questa notte d’amore. Non abbiate paura di scendere nel sepolcro dove la morte regna incutendo terrore, e scoprirete che invece è fragile, debole e anche inconsistente. Abbracciatela, stringetela, toccatela e come d’incanto scoprirete che lì accanto vi è il sudario piegato e le bende, i teli che avvolgevano il corpo, segni visibili di una Presenza invisibile, ma reale come l’amore della persona amata che è pregnante presenza anche quando è assente. Solo scendendo nel sepolcro della morte, scopriremo il volto della vita e non di una vita qualsiasi, ma di una vita risorta, trasformata. Alle donne impaurite giunge la parola forte di Gesù: «Non temete», perché la risurrezione è il principio di una vita nuova, l’appello a ciascuno di noi, che la nostra vita è sorgente di risurrezione. Nessuno di noi è nato per essere banale o insignificante. Questa notte ognuno di noi riceve un vangelo personale: «tu sei importante per il Signore perché egli questa notte veglia e risorge per te». Se uno di noi questa notte non risorge, il mondo intero resta inchiodato alla morte. Tutto è ancora possibile, anche un altro mondo perché il regno di Dio è solo questo: un modo di relazione umana. Nessuno dica: per me non c’è speranza, perché oggi Cristo Gesù, morto e risorto «per noi», ha spalancato le porte della speranza e dobbiamo sapere che non ci abbandonerà mai, nemmeno nell’ora più buia, nell’ora del dolore e della morte. Tutti possiamo risorgere se siamo in grado di leggere i segni non del sepolcro, ma della storia; è questa il nuovo tempio dove Dio incontra l’umanità per celebrare un incontro d’amore e di vita: un incontro tra innamorati. Maria «si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio». Il «mattino» indica l’albeggiare e quindi c’è luce. Ciò però contraddice l’affermazione «quando era ancora buio». Con il termine «mattino» l’autore si riferisce all’evento nuovo, che è paragonato all’inizio di un «nuovo giorno»: la risurrezione di Gesù dà inizio alla nuova creazione, come il mattino dà origine alla nuova giornata luminosa. Al contrario la condizione di «quando era ancora buio» sta a significare che «il principio» della nuova creazione non è ancora ricevuto dall’umanità, qui rappresentata dallo stato di Maddalena che è ancora in cerca di «un morto» perché incapace di uscire da una logica di morte e nonostante sia mattino va a cercare un cadavere: «si recò al sepolcro». Quando poi lo scopre vuoto, si ostina a voler sapere «dove lo hanno posto». Maria Maddalena non è ancora entrata nel mistero del Risorto e quindi non partecipa della luce che albeggia, ma resta nel mondo che è sopraffatto dalle tenebre. Nel sepolcro di Cristo, ancora una volta, si contrappongono la luce e le tenebre, la vita e la morte. Vi è qui un’allusione chiara alla sposa del Cantico dei Cantici: «Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato l’amato dell’anima mia; l’ho cercato, ma non l’ho trovato» (Ct 3,1). Maria di Magdala è il simbolo della umanità-sposa che è orfana dello sposo e non sa dove andare, perché priva dell’amore che è il fondamento della vita. Maria è senza «l’amato dell’anima sua», è arida e schiacciata dalla morte, lo cerca nella notte, ma non lo trova perché non è in grado di vedere «il mattino»: va al sepolcro per compiere il lamento rituale perché per lei Gesù è morto: non va a cercare Gesù, ma a trovare il cadavere di Gesù. Giovanni mette in bocca a Maria il verbo al plurale: «Non sappiamo dove l’hanno posto!» che bene esprime la dispersione e il disorientamento dell’intera umanità schiacciata dalle tenebre della propria convinzione che la morte abbia avuto il sopravvento.
Tutto intorno dimorano
il pericolo la tenebra il dolore
ma nel recinto del tuo cuore
risplende un cielo immacolato
di soli senza inverno.
Il vento glorioso del risorto
ha spazzato via la morte
e infranto nella mente il suo ricordo
come dalla marea le corolle di schiuma.
Tu sei ora spirito che gronda
luce amore lampi di passione
che nuova vita d’estasi ridona.