Guariento Mario | DOMENICA 8 MAGGIO 2022
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DOMENICA 8 MAGGIO 2022

06 Mag DOMENICA 8 MAGGIO 2022

Giovanni 10, 27-30 

Giovanni colloca questa parabola dopo il racconto del cieco nato e questo è molto importante. Il cieco miracolato è stato espulso dalla sinagoga per la sua confessione di fede nel Messia, è stato scomunicato, emarginato, tacciato come un bestemmiatore, un infedele, come un traditore della fede dei Padri. Giovanni attraverso il racconto del cieco nato parla anche alle comunità cristiane nella fatica della fede a causa delle persecuzioni.

Sembra dire loro: “Noi non siamo pecore sbandate, cacciate dal mondo che non appartengono più a nessuno”. No. Il Signore è il nostro Pastore. Egli è un pastore buono che ci custodisce con amore, ci guida verso mete che sono la pienezza della vita e la comunione con Lui. Non usa con noi il potere ma la misericordia. Non si risparmia, anzi tutto dona perché noi possiamo essere partecipi della sua vita e della sua bellezza. Non è condizionato storia, chi è emarginato, perseguitato, non creduto, chi non conta ed è senza nome, chi è povero, senza diritti e non viene accolto, chi non è amato, stimato, accolto, custodito, questi è abbracciato dal Signore, stretto al suo cuore di Padre e custodito come il suo prezioso tesoro. Amato come figlio.

 Nel brano del Vangelo, tre volte ricorre il termine «Padre», per concludere con l’ardita affermazione «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30), che rimanda immediatamente alla domanda «Chi è Gesù?», alla quale il vangelo di Giovanni risponde dalla prima all’ultima pagina. Nemmeno Dio può essere un «dio solitario», perché egli oggi si definisce come intima unione di Padre e di Figlio, che è la relazione fondamentale di ogni altra reciprocità. Dio è comunione, e la pagina del Vangelo di oggi c’introduce alla rivelazione che «Dio è Amore», cioè, ancora una volta, relazione generativa. L’Eucaristia che celebriamo è immersione in questo abisso di conoscenza che ci nutre e ci abilita a vivere pienamente un’esistenza di persone ricche di relazioni, e di relazioni rigenerative.

Il Buon Pastore è la nuova rivelazione del volto di Dio, la rivelazione dello stile operativo di Dio, la rivelazione di come Dio pensa la storia, l’uomo, la vita. Il volto di Dio è il volto di un Padre dolcissimo, accogliente tutti noi come suoi figli, come pecore che gli appartengono, come pecore chiamate ad una intimità profonda con lui. Gesù è il Signore della chiesa, la comunità dei fedeli gli appartiene, il popolo di Dio è sua proprietà. Egli perciò conosce le sue pecore, cioè nutre spontaneamente un amore sincero e profondo per i suoi discepoli; per tale ragione non può disinteressarsi del suo gregge.

La conoscenza delle pecore da parte di Gesù deve essere intesa in senso biblico. Essa indica non una semplice informazione intellettuale, ma un amore sperimentale, concreto e forte per una persona.  Conoscere qualcosa significa averne l’esperienza concreta, un impegno reale le cui ripercussioni sono profonde. La conoscenza del buon Pastore indica la carità tenera, l’amore forte, l’irruzione nel cuore e nell’essere dell’uomo, l’affetto profondo e vitale che coinvolge tutta la persona. L’amore concreto tra sposo e sposa può fornire un’idea di questa conoscenza esistenziale. Secondo il linguaggio dei profeti, Dio conosce così il suo popolo, la sua sposa; per il suo gregge nutre una carità tanto viva e concreta, e lo fa suo con un patto nuziale eterno, amandolo con un amore di predilezione, più tenero dell’affetto di una madre per il frutto delle sue viscere, più inebriante della dilezione di uno sposo per la donna del suo cuore.

Il buon Pastore conosce così il suo gregge. Questo amore tenero e forte di Gesù per le sue pecore è analogo a quello del Padre per il Figlio suo unigenito, e si dimostra nel dono della vita a favore dei suoi discepoli. In realtà il Verbo incarnato, «avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine»; egli diede la prova suprema e più concreta dell’amore, perché nessuno ha un amore più grande di chi dà la vita per i propri amici. Questa è la conoscenza profonda ed esistenziale che il buon Pastore ha delle sue pecore; egli le ama in modo vivo e forte, fino al dono della sua anima. Tale conoscenza supera la semplice conoscenza nozionale. Poggiando su una comunione di vita e una solidarietà d’interesse tra il pastore e il suo gregge, è presenza intima dell’uno all’altro, comprensione e confidenza reciproche, comunione di cuore e di pensiero, è tutta penetrata di amore.

Ecco la nostra vocazione: una vita di comunione d’amore con Dio. Il breve testo del vangelo di oggi è declinato su tre verbi molto pregnanti di umanità e di sapienza: «ascoltare, conoscere, seguire». Essi presuppongono una relazione di vita intima e coinvolgente. Si ascolta un maestro, si conosce un amico, si segue un modello credibile. Gesù stesso con questi verbi c’invita a lasciare agli speculatori il campo delle spiegazioni e, al contrario, a scendere al livello della vita che si respira nella fatica quotidiana. Ascoltare è arte difficile, perché presuppone che l’ascoltante si metta dalla parte dell’altro, lo scelga come superiore a sé e si lasci trafiggere dalle parole udite. Conoscere presuppone una relazione affettiva che si basa sul dono di sé all’altro, affinché l’altro ne disponga in modo libero e sovrano. Seguire presuppone una scelta di vita nonché la decisione di muoversi dietro qualcuno, accoglierlo come proprio maestro di sapienza per cui vale la pena mettere in gioco la stessa vita. Questa è la nuova alleanza, questa è la prospettiva che Gesù offre alla Chiesa, offre a ciascuno di noi.