Guariento Mario | L’ESISTENZA CRISTIANA
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L’ESISTENZA CRISTIANA

03 Set L’ESISTENZA CRISTIANA

ITINERARI PER UNA FEDE ADULTA 1

L’ESISTENZA CRISTIANA

In una realtà complessa e mutevole come la nostra, dove l’economia è il principio definitorio del senso, rischiamo tutti di essere dei sonnambuli, dei fratturati, degli offesi dalla crudeltà del potere. La nostra fede si scolora e si secolarizza a tal punto da non essere più capace di illuminare la nostra vita quotidiana e di darci la luce per operare e scegliere secondo la sapienza dell’evangelo. Solo un centro può unificare la nostra vita cristiana: è il Verbo di Dio: Ma questo seme di verità rischia di essere soffocato se non coltiviamo il campo della nostra vita cristiana. Tutti sentiamo come la nostra vita sia abitata intensamente da interessi, obblighi, impegni, progetti, bisogni. Se questi saranno i registi della nostra vita, allora credo che non vedremo crescere in noi la gioia del credente né matureremo in ordine alla fede.

In questo itinerario è senza dubbio importante la pratica del discernimento. Ma per renderlo vero occorrono delle condizioni quali: la riflessione, la preghiera, il silenzio interiore, l’atteggiamento di fede, la parola di Dio. La nostra crescita è un processo che ha bisogno della nostra fedeltà e dell’impegno. I valori, pur essendo autentici e creduti, tuttavia la vita vissuta di ogni giorno li può molto spesso negare o rimuovere. La fedeltà è allora la garanzia perché questi valori possano essere significativi per la nostra vita e permearla fino a renderla sempre più conforme al progetto che la Parola e la fede propongono alla nostra vita.

L’esistenza cristiana non si aggiunge dall’alto all’e­sistenza della persona, come fosse l’elemento qualificante, così che il cristiano debba vivere su due piani: quello inferiore, irrilevante per l’esistenza cristia­na, e quello superiore, l’unico da curare per chi vuol essere cristiano. Non è così. Avviene come per la storia della salvezza: essa è tale dentro la storia umana e non fuori, né separata.

L’esistenza cristiana si appropria dell’esistenza della persona trasformandola in esistenza cristiana cioè in se stessa. Sotto questo profilo, si può dire che l’esistenza cri­stiana viene dal basso, fondendosi con l’umanità pree­sistente in un’unica vita, senza stacchi, né separazioni; essa si riconosce nell’ovvietà dell’esistenza umana, quella compresa tra la nascita e la morte.

E poiché tutti non possiamo nulla sulla nascita, l’esi­stenza cristiana, sotto il profilo biologico, si risolve nella vita per la morte. Nessuna verità è più incontrastata e universale; ma simultaneamente nessuna è più istintivamente rimossa o piuttosto esorcizzata: si vive nella prospettiva della vita, cioè come se la vita fosse senza fine e non come se la morte fosse il nostro destino. Probabilmente sono le energie stesse della vita a orientare in questa direzione: a immettere in noi prima la spinta a crescere, poi il richiamo sempre più vasto degli interessi, poi il bisogno di possedere e di affer­marsi illimitatamente.

A rendere sempre precario e in­stabile l’equilibrio della condizione umana non è tuttavia l’oblio della morte: è da pen­sare che siano piuttosto l’avidità e l’egoismo degli uo­mini di tutte le razze, dimentichi del destino della morte. In ogni caso è facile rilevare che la riappropria­zione della verità della vita destinata alla morte non è una sovrastruttura arbitraria imposta agli uomini; ma propriamente la restituzione agli uomini della verità della vita. Dovrebbe infatti essere pacifico che l’esisten­za dell’uomo è da vivere non nella prospettiva “infanti­le” delle illusioni, della distrazione o del “gioco” ma nella prospettiva matura e responsabile che le è pro­pria, quella della morte.

Il problema non è solo individuale e personale; ma epocale nella storia dell’umanità.