28 Ago SECONDO PENSIERO FOLLE IN LIBERTA’
Esiste una «fede» primordiale, la percezione diretta dei limiti e del vuoto, che è apertura all’assoluto e all’impossibile. Quando questa percezione non esiste, la fede cristiana conserva qualcosa di fittizio e di estraneo.
Il vizio radicale di una parte del pensiero cristiano contemporaneo consiste nel fatto che esso rimane teso e volontaristico. Mira alla comunione, ma comincia col separare. Commenta, ma non offre una parola in un corpo sensibile di parole. La cosa non nasce dal di dentro.
Di che cosa ha bisogno la povera gente, che cosa bisogna dire agli uomini d’oggi? Occorre aver bisogno, prima noi stessi, di soffrire, di trovare ciascuno di noi la propria strada, la propria parola. Pertanto, è importante dimostrare come ogni discorso religioso sia vano se non reca in sé la propria prova nel respiro di un corpo. A meno di essere convinti che la fede non è altro che assenso a proposizioni e non un’esperienza esistenziale nella quale il messaggio viene afferrato a mani nude. A meno di ammettere che la comunità che dichiara e che legge si è definitivamente sostituita alla comunità vivente e confessante.
A meno di credere che la regalità interiore promessa dall’Evangelo sia soltanto un’illusione e che basta ubbidire, osservare e aspettare.
Qualsiasi fede militante espressa nella lingua di trasmissione esplicativa e di convenzione non può che suscitare un ateismo. Quest’ateismo pretende abitare nello stesso luogo della fede militante. Ma esiste anche un altro ateismo che rifiuta il termine di ateo, gli occhi aperti sul nulla, e che crea una maniera nuova di essere al mondo. A questo ateismo risponde una fede adulta, un pensiero innestato direttamente sulla parola interiore e su quella dell’Evangelo, in comunione discreta, pensiero spoglio, nudo, privo di garanzie, alla ricerca di Dio al di là di Dio. Sono degli avventurieri-profeti. Al di là della fraternità conclamata, sono alla ricerca di una fraternità più profonda e più universale. Spezzano il cerchio di sicurezza per ritrovare la sorgente zampillante che fa scricchiolare i lastroni di ghiaccio del lungo inverno. Il fatto è che le parole non sono, di per se stesse, portatrici di realtà. Non contengono la verità così come uno scrigno il proprio diamante. E le parole Dio, fede, amore, non sono diverse dalle altre. Chi le riceve, bisogna che raggiunga lo spirito che le ha suscitate e possono tanto mentire quanto dire la verità. Possiedono soltanto la forza del nostro coraggio e il calore della nostra fraternità.
Essersi lasciati convincere che esistono « verità » al di sopra di noi e immaginare di venerarle: ecco come si diventa dei disertori. Viviamo in un tempo in cui tutto viene divorato dall’informazione, dal sapere superficiale, a spese dell’interiorità creatrice. Le parole vengono utilizzate, sinceramente o no, per sfuggire alle esigenze che implicano. Sono molti quelli che non si pongono mai tali questioni. Stanno beati nell’illusione. Si levano per difendere la loro falsa sicurezza parlando di moda o di modernismo, volendo credere o far credere che è la fede ad essere colpita allorché si mette in discussione l’autenticità della loro fede. Ma la verità e l’amore possono essere conquistati unicamente sulle apparenze e le illusioni. È stato detto: Risponderete di ogni parola vana che avrete pronunciato. Chi può vantarsi di aver obbedito al gran numero di parole pronunciate con tutta sincerità? È necessario tacere al fine di mentire meno? Ma tutto può diventare impostura. Perfino la purezza stessa del silenzio.
Hai dei recipienti?, domanda Elia alla vedova. Quella si precipita, porta tutti i recipienti della casa. E l’olio scorre, trabocca in maniera tale che non si sa più dove raccoglierlo. Le parole, per quanto ricche e numerose siano, non possono mai contenere lo spirito.
Parecchi uomini, consapevoli o no, hanno vissuto con questo pensiero: che bastasse adattare delle parole, raggiungere memoria e intelligenza, perché queste parole finissero per germinare nelle coscienze. Non è così. Per lo meno nell’ordine spirituale… Chi si limita a trascrivere, trasmettere, ripetere le parole, l’idea, non riscaldate al calore di una coscienza individuale, senza ricrearle, è soltanto il portavoce dei morti. Chi si limita a chiosare, manipolare luoghi comuni, può anche annunciare l’incarnazione e la risurrezione:
le nega al tempo stesso.
La verità morta è peggiore dell’errore. Infatti, è possibile reagire contro l’errore.
La parola della sacra Scrittura per se stessa, oppure la parola di colui che parla nuovamente l’Evangelo, uguale e differente, ci raggiunge con il suo corpo e la sua anima indissolubili. Lo shock di una vita sovrabbondante con il suo carico di enigma è il suo segreto che ci introduce nel rischio di un’avventura.
Un messaggio spirituale passa da una coscienza a un’altra coscienza attraverso la vibrazione di un’ esistenza in un gesto o in una parola. Poiché le idee vengono estratte, astratte, costruite in tesi, finiscono per addormentare oppure provocano il rigetto.
Impossibile barare col reale: si vendica. La diserzione, l’indifferenza, la famosa crisi, dipendono indubbiamente dalle nuove strutture del mondo che non recano più la credibilità, cosicché non è la fede che diminuisce ma sono le condizioni sociologiche che cambiano. Verissimo. Ma, per una parte incalcolabile, esse rappresentano anche la cristallizzazione delle nostre illusioni e delle nostre menzogne. Prendere coscienza dell’abisso che separa le parole e la realtà, vivere con questa ferita, significa pregare e in tal modo ridurre la frattura, indipendentemente dalla povertà delle parole.
Infine, le parole hanno bisogno di essere compiute. Perché non sono le parole quelle che riescono meglio a riunire gli uomini, ma quella cosa più oscura e vitale, un’aspirazione, un movimento verso, dei gesti, che riescono a far sì che uomini differenti per opinione si riconoscano. E quando non c’è quella cosa tra coloro che hanno le stesse parole e le stesse idee, la fraternità dichiarata non è altro che un velo illusorio.
Non c’è niente di peggio che confondere l’assoluto con le parole. È soltanto più un assoluto impagliato, gioco di specchi della sfera mentale. Ci si illude di regnare sull’assoluto e non si evoca che uno spettro. La forza di verità della parola può essere portata soltanto nel profondo della coscienza, senza eccessive tergiversazioni. La parola è come l’amore, non si spiega e nemmeno si dimostra. Ci cade addosso, disorganizza prima di ricreare, inventa la propria strada. Ed è la strada di una comunione.