07 Set RIFLESSIONE A MARGINE
RIFLESSIONE A MARGINE
Piccola riflessione a margine: abitare la Parola con cuore di donna.
Il testo di Marco oggi ci invita ad iniziare a fare una ricerca spirituale con il linguaggio del dialogo e del confronto; oggi è urgente entrare nel mondo della fede con la categoria della ricerca e non del possesso, con la categoria del dialogo e non dell’avversione, con la voglia di confrontarsi e di conoscersi.
Per vivere oggi la fecondità della vita spirituale è necessario imparare ad “Abitare le Scritture con il cuore di donna”, e prima di tutto – “abitare le Scritture” – perché immediatamente questo libro diventa una casa, un luogo da abitare, uno spazio da riempire; da curare, c’è una dimensione che è quotidiana, un seme, che è proprio come deve essere l’esperienza della fede, una fede quotidiana, una fede ordinaria o in diversi contesti storici, che è segnata dal tempo straordinario, ma dove il luogo della fede non è soltanto il tempio, l’istituzione, ma è la casa.
Origene per parlare di un suo contemporaneo ebreo diceva: questo ebreo ci spiega che la Scrittura è formata da tante stanze che aprono al divino, e lui Origene chiaramente identificava la chiave che apre le stanze in Cristo, ma al di là della conclusione che Origene traeva mi piace molto quest’immagine della Scrittura come di una casa con tante stanze, tanti luoghi da aprire, perché rende giustizia a questa pluralità di linguaggi che ci affascinano, linguaggi molto diversi; per cui c’è il linguaggio dello stupore che è il linguaggio del giardino; ma c’è anche il linguaggio della paura, quel linguaggio che parla delle paure nascoste, il linguaggio della cantina, delle zone tenebrose, degli stati d’animo che ci fanno paura; il linguaggio dell’intimità della fede, la camera da letto; il linguaggio della quotidianità della fede, dell’ordinario, la cucina con i suoi arredi semplici e quanti gesti della fede sono legati alla cucina, alla tavola. Ecco, abitare la Scrittura è come abitare una grande casa. Ma, per ritornare alla metafora di Origene, la casa ha tante stanze e le stanze hanno tante porte, e le porte sono possibilità di aprire e di chiudere uno spazio; quali porte ci chiudono al sacro e quali invece ci dischiudono il sacro.
E allora noi entriamo nella Scrittura in questa casa, ma siamo anche consapevoli di alcune difficoltà, che ci sono delle porte che rimangono chiuse, che fatichiamo ad aprire perché la serratura è stata manomessa, o forse non osiamo entrare perché abbiamo la paura di ritrovarci di fronte tutto un linguaggio etico che ci ha fatto molto male.
Allora con il cuore di donna entriamo nella Scrittura, ed entriamo nella Scrittura con la consapevolezza che il nostro entrare non è neutro, perché noi entriamo con uno specifico che è la nostra esperienza di Dio, con una parzialità, con una chiave, con uno sguardo universale sulla Parola di Dio.
L’esperienza di Gesù di Nazaret è l’esperienza di un Dio che ha abitato un corpo di uomo, che è morto giovane, di morte violenta e non in stato anziano, che forse non ha mai conosciuto i reumatismi, che è nato con un corpo sano e non è nato svantaggiato, handicappato, che è stato abbracciato da una madre e non è stato sbattuto sulla nuda terra; e tuttavia è proprio quella esperienza parziale che la Scrittura ci dice ci rivela il Divino, perché il Divino biblico si rivela sempre in un’esperienza parziale che acquista certo un carattere universale, ma che non può dimenticare questa parzialità. Intendo dire che l’Amore di Dio ha sempre un volto, un nome, una storia, il Dio biblico è “ il Dio di di Abramo, il Dio di Sara, il Dio d’Isacco, il Dio di Gesù”. Prima di essere il Dio di tutta l’umanità, il Signore Creatore del cielo e della terra, è il Dio che abita vicende particolari. Allora io entro con questa mia parzialità, e tuttavia riconosco che forse questa parzialità restituisce alla Scrittura un registro, una risonanza che abbiamo troppo spesso dimenticato: questo mistero per cui nella parzialità, nei particolari, nel dettaglio si rivela Dio.
Perché l’altra parte della medaglia è che nell’universale spesso si vela il demoniaco – “ …se tu prostrato mi adorerai,… trasforma queste pietre in pane…” -, vuoi che eliminiamo il male dalla terra? Bacchetta magica: questo non è l’agire del Dio biblico. Il Dio biblico compie scelte parziali, piccole come il seme, discutibili, spesso inadeguate, e tuttavia queste scelte parziali sono il modo particolare di Dio di provare a riflettere sulle grandi domande di senso. Allora questa parzialità del cuore di donna – che non ha la pretesa di dire tutta verità, che non ha la pretesa di cogliere tutta la sinfonia di questo Testo Biblico –sembra essere una chiave di lettura lecita perché Dio si rivela nella parzialità, nel piccolo e insignificante seme che nessuno vede e che tutti possono calpestare ma che tuttavia porta dentro di sé un immenso mistero: la vita, l’amore stesso di Dio che è Gesù Cristo.