Guariento Mario | DOMENICA 19.12.2021
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DOMENICA 19.12.2021

17 Dic DOMENICA 19.12.2021

QUARTA DOMENICA DI AVVENTO

Luca 1, 39-45

Il viaggio di Maria verso Giuda è la prima tappa della realizzazione delle profezie, perché il compimento pieno si avrà quando il bambino sarà presentato ufficialmente al tempio, al compimento del suo dodicesimo anno, assumendosi la responsabilità dell’osservanza della Toràh. Allora Dio prenderà possesso della sua casa che è la natura umana di Gesù, il nuovo Tempio, restituito alla sua funzione di dimora della Presenza, come più tardi dirà Gesù stesso. Maria, dopo l’annuncio va in fretta, accorciando distanze, affrontando disagi, pur di arrivare in tempo per ringraziare Dio creatore e ricreatore, per gioire di quanto Egli è in grado di fare quando vuole donare speranze all’uomo. Ella saluta, come fa ogni uomo negli incontri di carità, di misericordia, di bontà nel tentativo di instaurare e recuperare relazioni, consapevole che il suo saluto è portatore di pace. Da questo momento il Saluto passa dall’angelo all’uomo: una consegna religiosa. Non un saluto frettoloso dunque ma un saluto che recupera ingiustizie, torti e diritti negati. Il rinvio perpetua dissapori, agevola risentimenti di vendette, fa emergere le ragioni del calcolo e della convenienza, affossando quelle del cuore. Un saluto è capace di far sussultare cuori, di cogliere nella storia segnali di novità, prospettive di salvezza. La presenza di Gesù spinge immediatamente all’incontro, al dialogo, alla condivisione, al contagio della gioia. Ci fondiamo con Gesù nella misura in cui ci fondiamo con gli altri.
L’esperienza storica ci dice che le religioni, le culture, le differenze di patria con frequenza mettono gli individui ed i popoli gli uni contro gli altri. Tutto quello che ci mette gli uni contro gli altri, ci mette anche contro Dio, contro l’umanità. La prima cosa che ha fatto Gesù quando è venuto in questo mondo, è stato stimolare le persone all’unione, alle migliori relazioni umane, alla stima ed al reciproco elogio. Solo così potremo cambiare questo mondo e renderlo più abitabile. La nostra fede si sta trasformando sulla spinta delle cose, non semplicemente per ardimenti nostri.
La spinta delle cose non è semplicemente un meccanismo deterministico della storia ma una specie di linguaggio del disegno di Dio. Certe evenienze storiche non sono da considerarsi estranee ad una specie di linguaggio di Dio. La storia non è la materia su cui Dio agisce, ma è essa stessa portatrice di significati di salvezza. Alcune modificazioni storiche grandiose, che interpellano la coscienza, non sono materia da trasformare, sono messaggi da intendere.
La vita è sentita come un compito da assolvere al servizio della pace nel mondo e della liberazione degli uomini. Questo fatto fa cadere pareti religiose, fanatismi. La Scrittura di oggi ci dice che Dio crea le cose e prepara il Corpo del Cristo per offrirlo al mondo come segno di pace, come indicazione della via della salvezza. Collocarci a questa altezza significa ritrovare il filo vero del discorso di Dio sul mondo, del suo progetto. Il disegno di Dio non ha come suo oggetto un paradiso extramondano, ma l’intera creazione assunta fino ai livelli delle sue possibilità originarie. Dio ha creato il mondo perché non ci fosse la morte, non ci fosse la guerra, non ci fossero le divisioni. Questo linguaggio profetico, che echeggia continuamente nella coscienza del credente, noi oggi possiamo anche realizzarlo in orizzonti relativi, possibili alla nostra responsabilità.
Chi passa i suoi giorni preoccupandosi della giustizia, anche se nell’incertezza e nella perplessità e nella relatività inevitabili di ogni progetto umano, costui è immerso nella realtà del Cristo che non è un personaggio sacro, riservato al culto, Egli è il Figlio dell’uomo, la cui presenza è vasta come l’esperienza dell’uomo. Il disegno di Dio non è riservato al popolo di Israele e al mondo cristiano, è riservato a tutti gli uomini. Questo ci ricorda che il cristianesimo, nella sua essenza, è la rivelazione del significato dell’esistenza dell’uomo in quanto tale con un riferimento privilegiato e normativo al Cristo della Croce che ha offerto se stesso per la salvezza degli uomini. Ed è in questa dinamica che dobbiamo ricollocare tutti gli eventi, tutte le testimonianze della storia. Ci sarà facile allora riconoscere che molti uomini che non hanno mai frequentato un tempio, erano inerenti al disegno di Dio. È il paradosso del Vangelo. Riletto secondo questo spirito, il Vangelo acquista una luce singolare, poiché Gesù non fa mai l’esaltazione degli uomini del tempio: anzi, li mette sempre in imbarazzo. E nemmeno degli ortodossi di Israele, perché il modello più singolare della sua vita  lo ha proposto nella parabola del Samaritano che era, appunto, un eretico, sfuggito dagli ebrei ortodossi come lo scomunicato. Questo ristabilimento della universalità del messaggio è la nostra passione ed è la nostra tribolazione…