Guariento Mario | DOMENICA 13.02.2022
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DOMENICA 13.02.2022

11 Feb DOMENICA 13.02.2022

Luca 6. 17,20-26

Gesù non aveva il potere politico o religioso necessari per trasformare la situazione ingiusta in cui versava il suo popolo. Aveva solo la forza della sua parola. Gli evangelisti raccolgono le grida sovversive che Gesù lanciò per i villaggi della Galilea in diverse situazioni. Le sue beatitudini restarono impresse per sempre nei suoi discepoli.
Tutti portiamo nel più profondo del nostro essere una fame insaziabile di felicità. Ogni volta che incontriamo una persona possiamo essere sicuri di trovarci di fronte a qualcuno che cerca esattamente la stessa cosa che desideriamo noi: essere felici.
Tuttavia, quando ci si domanda cosa sia la felicità e come trovarla, non sappiamo dare una risposta troppo chiara. La felicità è sempre qualcosa che ci manca. Qualcosa che non possediamo ancora pienamente. Per questo il semplice ascolto delle beatitudini provoca sempre in noi una speciale risonanza. Da una parte, il loro tono fortemente paradossale ci sconcerta. Dall’altra, ci attrae la promessa che racchiudono, poiché offrono una risposta a questa sete che si trova nel più profondo del nostro essere.
Le beatitudini ci ricordano che la nostra prima e fondamentale vocazione è la felicità. Non in un modo qualunque, ma attraverso le vie indicate da Gesù e che sono completamente diverse da quelle proposte dalla società attuale. È questa la sua sfida più grande.

Secondo Gesù è meglio dare che ricevere, è meglio servire che dominare, condividere che accumulare, perdonare che vendicarsi. In fondo quando cerchiamo di ascoltare sinceramente il meglio che c’è nel più profondo di noi stessi, intuiamo che Gesù ha ragione. E dal profondo avvertiamo la necessità di gridare anche oggi le beatitudini gridate da Gesù. Beati quelli che sanno essere poveri e condividere il poco che hanno con i loro fratelli. Guai a coloro che si preoccupano solo delle proprie ricchezze e dei loro interessi.
Beati quelli che conoscono la fame e il bisogno, poiché non vogliono sfruttare, opprimere e calpestare gli altri. Guai a coloro che sono capaci di vivere tranquilli e appagati, senza preoccuparsi dei bisognosi. Beati quelli che piangono le ingiustizie, le morti, le torture, gli abusi e la sofferenza dei deboli. Guai a coloro che ridono del dolore degli altri mentre si godono il proprio benessere. Il Signore Gesù afferma categoricamente che la felicità non consiste nel puro benessere. La civiltà dell’abbondanza ci offre mezzi per la vita, ma non ragioni per vivere. L’insoddisfazione attuale di molti non è dovuta soltanto né principalmente alla crisi economica, ma prima di tutto alla crisi di autentici motivi per vivere, lottare, godere, soffrire e sperare.

Quando le proclama c’è in Gesù un tale fremito, una tale pienezza, che tutto il suo essere riconosce la loro sorgente segreta: l’ardente braciere di amore che egli chiama “Abbà”. Gesù, pronunciandole, descriveva il cuore di Dio. Gesù svela alle folle il suo segreto, ciò che ha ricevuto di più prezioso: il cuore stesso di Dio. Le beatitudini sono “la prima messa a punto del nostro cammino”. Ne tracciamo le linee maestre: libertà, amore, gioia, stile del nostro vivere e del nostro operare. Vera scuola di libertà, orientano lo sguardo verso la liberazione dell’uomo nella pienezza del suo essere, partendo dalla sua interiorità.

Ogni beatitudine “ci libera da una prigione”: dalla prigione del nostro io che ci chiude negli interessi egoistici, nell’affermazione esagerata di noi stessi. Non cessa inoltre di liberarci dalla rivincita aggressiva dei propri diritti, dalla sete dell’avere e del potere, dalle esigenze malsane delle nostre tendenze e delle nostre passioni. Le beatitudini sono la presenza del mistero di Dio nella storia, pertanto se vogliamo entrare in tutta la paradossalità delle beatitudini, dobbiamo assumere un certo modo di vedere e di interpretare il mondo. Possiamo correre il rischio di interpretare il mondo divino in chiave razionale, di fare di Dio un’idea, una speculazione, per cui, anche se non ce ne accorgiamo, egli rimane abbastanza fuori dalla nostra storia.

Se invece riuscissimo a vedere il mistero di Dio, non come frutto di una speculazione, ma come Qualcuno che cammina con l’umanità e ama farsi storia, comprenderemmo che le beatitudini sono il volto di Dio fattosi storia. Allora la povertà è il Dio povero negli uomini poveri, la mitezza è il Dio mite negli uomini miti. Il volto di Dio, essendo divenuto storia è veramente il volto delle beatitudini.