Guariento Mario | 27 MARZO 2022QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA
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27 MARZO 2022
QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA

25 Mar 27 MARZO 2022
QUARTA DOMENICA DI QUARESIMA

Luca 15

Il figlio più giovane, per sfruttare a modo suo la propria eredità, « se ne va da casa e dal Padre, il figlio primogenito invece per non perdere la sua legittima e assicurata eredità resta a casa, ma ci resta in uno stato di servile dedizione, vuota di gioia e gratitudine, vuota di affettuosa intimità con il Padre. Il figlio primogenito non riesce più a vedere con splendida gratitu­dine tutti i beni del Padre, non riesce più a godere dell’amore del Padre e dell’armonia della vita di quella casa. Si affatica e lavora, ma senza amore. Il figlio più giovane una volta dissipati tutti i beni si trova nel deserto, nel bisogno, nella più abbietta necessità.

L’uomo che perde l’orientamento, se non rientra in se stesso, non alza lo sguardo verso le stelle perde la propria dignità. Se non rientra in se stesso, nel suo cuore e nella sua anima, perde la propria serenità interiore. Rientrare in se stessi è il primo passo per riprendere vita. Rientrare in se stessi può avere valenze, tempi, motivi e modi, molto, molto diversi per ciascuno. Il Signore Dio, nella sua sconfinata fantasia, non ha previsto per tutti lo stesso cammino e lo stesso modo di ritornare a lui e al suo amore. Il giovane della parabola non rientra in se stesso per puro e disinteressato amore per il Padre, né per elevata consapevolezza dei propri errori, il suo rientrare in se stesso è molto pratico, furbo, efficace, per nulla pio e spirituale. E la disperazione di una vita tra i porci a farlo rientrare in se stesso. È la considerazione interessata, furba e poco onorevole che in casa sua anche gli schiavi vivono meglio di come lui vive ora, questo lo fa rientrare in se stesso.

Ecco una fessura di luce che ci mostra il cuore meraviglioso di Dio. Al Padre sta a cuore che torniamo a lui, non gli interessa come, in che modo, per che strada spirituale o meno, attraverso quali considerazioni o cammini o consapevolezze morali.

Qualcuno rientra in se stesso perché è stanco del suo lavoro, o dell’aria così inquinata, delle ingiustizie o delle bugie in cui viviamo. A qualcuno, la spinta a cambiare vita può venire da una malat­tia, da un incidente, dalla perdita di una persona cara, dalla gioia improvvisa di un incontro, dal silenzio orante davanti alla Parola di Dio, da una mano data con il cuore, o da una mano d’aiuto negata, che poi brucia dentro come una tempesta. L’im­portante è che rientriamo in noi stessi, che decidiamo di cambiare la nostra vita.

E poi? E poi ci sono le braccia del Padre, come luce che sorge, come aurora dall’alto. Le braccia del Padre abbracciano l’umanità. L’abbraccio di Dio è misericordia, viene descritto in un’immagine paradossale di straordinaria bellezza. Il Padre vede da lontano, anzi non ti ha mai mollato lo sguardo di dosso un secondo. Il suo sguardo e le sue braccia sono fedeli quanto onnipotenti. Forse è un’immagine meno poetica e usuale, ma anche le gambe del Padre sono pronte, pronte a correre incontro, a coprire l’abisso, la distanza. E’ un’immagine quasi prepotente nella sua bellezza e unicità: Dio Padre corre. Il Signore dell’universo, così spesso raffigurato su un trono, sovrano immobile e inavvici­nabile, il Dio Padre che ci svela Gesù – l’unico che ha visto Dio -, è un Dio che corre, quasi sudato, di certo commosso, con il viso umido, gli occhi gonfi di lacrime e di infinita attesa. Dio Padre ti corre incontro, ecco ciò che l’anima umana voleva sentirsi dire per cambiare vita e imparare ad amare senza paura. Dio Padre al più piccolo cenno di conversione sincera, ti corre incontro, lascia il trono, i cieli, le moltitudini celesti e ti corre incontro, e ti bacia. Bacia la tua persona, da cima a fondo, la ricrea, la purifica, la riaccoglie, la riqualifica. Il bacio di Dio deve essere la cosa più sconvolgente, emozionante, eccitante, profonda, avvolgente, pacificante e luminosa che esista in tutto ciò che è creato in cielo e in terra. Ma non è finita. Se torni a Dio, immediatamente ti viene riconse­gnata la tua vita di figlio di Dio: la veste è indice della ritrovata divi­na dignità e dell’essere investiti nuovamente di ogni eredità divina, l’anello è indice della regalità, siamo principi, figli di Dio, figli del suo seme. I calzari sono il segno che non sei più schiavo, sei un uomo libero nuovamente in Dio. E tutto questo per far festa: l’uomo è creato e destinato alla gioia, alla festa, all’armonia. Festa per tutto il tuo essere e per tutti gli esseri, nell’immagine sacra nella bibbia del banchetto e della cena. Ma c’è ancora un figlio, un figlio primogenito, il primo ad aver conosciuto il Padre e le gioie della sua casa, che è pieno di rabbia e di orgoglio ferito, pieno di rancore, chiuso in se stesso e nella sua cattiveria. Un figlio che pensa di essere figlio solo perché è primo­genito e segue delle prescrizioni sacre per dovere e senza amore.  Il figlio più vecchio ha sempre seguito il padre per dovere. Ma chi vorrebbe mai essere amato per dovere? Il figlio maggiore accusa il Padre, vede l’ingiustizia negli occhi del Padre, perché non ama il Padre, lo subisce, lo tollera, ma non lo ama. Non c’è cosa più ignobile al mondo che trovare ingiusto perfino l’amore sconfinato di Dio per gli altri uomini. In questa perversione e rabbia, viene alla luce un amore che non c’è mai stato, stanata una relazione familiare viziata. Il fratello viene trattato da estraneo, viene chiamato tuo figlio e non mio fratello, e la gioia che scaturisce dalla conversione viene colta come un’ingiuria alla giustizia e alla morale. É dolcissimo questo Padre che accompagna in silenzio con lo sguardo, ma senza rabbia, il figlio che se ne parte per buttare via la vita. É semplicissimo questo Padre che non usa parole complicate per spiegare il suo cuore ai suoi figlioli. E’ emozionante questo Padre che spiega le cose e la verità ai suoi figli senza ferire. E’ grandissimo questo Padre, ed è così Signore Onnipotente da lasciarti tutta la libertà che chiedi senza interferire. E’ infinito e commosso l’abbraccio di questo Padre che apre le braccia e chiude gli occhi pieni di lacrime perché ci sia un posto per ciascuno. È questo Padre che è con te anche quando tu sei fuori di te. È imprevedibile questo Padre, che è con te quando tu rientri in te stesso e lo trovi già lì ad aspettarti, e quando te ne scappi via ancora, ti lascia andare via. È con te quando lo tradisci, lo rinneghi, e poi piangi amaramente e senti una nostalgia di Lui che non ha paragoni con nulla di ciò che conosci e frequenti sulla terra. È Padre questo Dio che anche ora ti ripete e lo fa tutti gli istanti: Figlio, tu sei sempre con me, e tutte le mie cose sono tue, ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è rivissuto, era perduto ed è stato trovato. L’amore e la misericordia non negano la realtà, la trasfigurano.