07 Feb Quinta domenica. Luca 5, 1-11.
Arrivando al lago di Gennèsaret, Gesù vive un’esperienza molto diversa da quella che ha vissuto nella sua patria. La gente non lo respinge, ma «gli fa ressa attorno». Quei pescatori non cercano miracoli, come gli abitanti di Nazaret. Vogliono «ascoltare la Parola di Dio», della quale sentono un immenso bisogno. La scena è affascinante, essa non avviene in una sinagoga, ma in mezzo alla natura. La gente ascolta dalla riva e Gesù parla dalle acque calme del lago. Non è seduto su una cattedra, ma in una barca. Secondo Luca, in questo scenario umile e semplice Gesù «insegnava» alle folle.
Luca fa culminare la narrazione con una scena toccante che ha per protagonista Simon Pietro, discepolo credente e peccatore allo stesso tempo. Pietro è un uomo dal cuore sincero. Sorpreso per l’enorme pesca ottenuta, «si getta ai piedi di Gesù» e con una spontaneità ammirevole gli dice: «Allontanati da me, perché sono un peccatore». Pietro riconosce anzitutto il proprio peccato e la propria indegnità a vivere insieme a Gesù. Gesù non si spaventa del fatto di avere accanto a sé un discepolo peccatore. Al contrario, se si sente peccatore, Pietro potrà comprendere meglio il suo messaggio di perdono e la sua accoglienza ai peccatori e agli indesiderabili. «Non temere ». Gesù gli toglie la paura di essere un discepolo peccatore, associandolo alla sua missione di riunire e convocare uomini e donne di ogni condizione perché entrino nel progetto di salvezza di Dio. Ma qual è l’atteggiamento di Dio di fronte al nostro peccato? Non è tanto facile rispondere a questa domanda. Nell’Antico Testamento avviene un lungo processo che a volte noi credenti non riusciamo a cogliere. Il prestigioso intellettuale Paul Ricoeur ci dice che «resta ancora molta strada da fare per riuscire a comprendere o a intuire che l’ira di Dio è solo la tristezza del suo amore» per la nostra insipienza.
Ma risulta ancora più deplorevole il fatto che spesso non arriviamo ad accogliere con gioia il Dio del perdono e della grazia rivelato in Gesù. Il peccato è un male per l’essere umano, non per Dio. Lo spiegava san Tommaso d’Aquino: «Dio è offeso da noi solo perché operiamo contro il nostro stesso bene». Spesso si dice che è scomparsa la coscienza del peccato. Non è del tutto certo. Quello che succede è che la crisi della fede devozionistica e abitata dalla logica della legge ha portato con sé un modo diverso, non sempre più sano, di confrontarsi con la propria colpevolezza. Di fatto, molti vivono la colpa in modo confuso e solitario, legati alla forma più primitiva e arcaica di vivere il peccato. Si sentono indegni di vivere nella comunità cristiana e non hanno mai fatto l’esperienza di un Dio che perdona, e neppure hanno mai trovato un’altra via per liberarsi dal loro malessere interiore.
Per il credente, il peccato è una realtà. Anche se sa di essere molto condizionato nella libertà, il cristiano si sente responsabile della vita davanti a se stesso e davanti a Dio. Ma contro un Dio che cerca solo la felicità dell’essere umano. Non dobbiamo mai dimenticare che il peccato offende Dio in quanto danneggia noi stessi, persone infinitamente amate dal lui. Impressionato dalla presenza di Gesù, Pietro reagisce riconoscendo il proprio peccato: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore». Gesù però non si allontana da lui, ma gli affida una nuova missione: «Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». Riconoscere il peccato e invocare il perdono è, per il credente, il modo sano per rinnovarsi e crescere come persona.
Esiste quindi una maniera sana di vivere la colpa. La persona si assume la responsabilità dei propri atti, denuncia il danno che ha potuto causare e si sforza di migliorare in futuro la propria condotta. Vissuta così, l’esperienza della colpa fa parte della crescita della persona verso la maturità e allo stesso tempo lo libera dal complesso di colpa e dalla disperazione. È proprio del cristiano vivere la sua esperienza di colpa davanti a un Dio che è amore e solo amore e è profondamente consapevole che in lui può trovare sempre la misericordia che salva da ogni indegnità e fallimento.