21 Giu Domenica dodicesima. Marco 4, 35-41
In quel giorno, venuta la sera, disse loro Gesù: «Passiamo all’altra riva». La giornata è finita e invece di andarsene a riposare, come sarebbe giusto, Gesù invita i suoi discepoli a passare all’altra riva. La sera incombe. Essa naturalmente impone da sé il bilancio della giornata. Bisogna avere coscienza che alla fine dell’impegno della propria coscienza bisogna con tranquilla pace, avere ancora lo sguardo attento a scorgere «l’altra riva», perché il mondo non finisce con noi, ma c’è un futuro che aspetta di essere generato.
La riva è sempre dall’altra parte, è necessario che siamo disposti a «passare» le acque, cioè l’instabilità, l’insicurezza, la fragilità, l’incertezza, la paura di affogare, la mancanza di forze o forse di coraggio: in una parola, superare noi stessi. «Passare all’altra riva», significa non fermarsi e non smarrirsi su ieri e sul passato su cui non abbiamo alcun potere, ma assumere la dolcezza intrigante dell’avventura del domani e cominciare ad esplorare la vita che non c’è ancora, nel segno dello Spirito e non al teatro delle debolezze umane. Essere cristiani non ci mette al riparo dalle tempeste e dalle bufere che possono anche sovrastarci. «Perché siete così paurosi? Non avete ancora fede?» Ma quale motivo avevano i discepoli per sentirsi in colpa? Non avevano forse lottato fino allo spasmo contro le forze della natura e contro la tempesta? Forse è proprio questo il motivo del rimprovero, e il grande rischio di ogni credente: far da sé, perdere quella fiducia di fondo che è la fede, non destare prontamente il Maestro, non confessarsi subito poveri ed indifesi.
Anche i grandi credenti, e chi vive in assiduità con il Signore, può cadere nei gorghi di questo delirio di onnipotenza. Si vuol bastare a se stessi e allora si pretende di spingere la barca da soli, a forza di braccia. Ancora una volta i discepoli sono invitati ad infrangere i loro narcisismi, a distogliere questo cocciuto sguardo verso loro stessi, per puntare gli occhi verso colui che ha potere su tutto. La meraviglia è lo spazio che salva l’uomo.
I discepoli sono stati pusillanimi ed increduli. Si sono rivelati così fragili nello sperare.
Non si sono nemmeno resi conto che Gesù stava sulla loro stessa barca, annodato a loro da un legame più tenace della morte. Il naufragio dell’uomo sarebbe diventato anche il naufragio di Dio. Non si sono resi conto che la loro sequela è cominciata perché c’è un Dio che, prima di loro, si è posto in sequela delle sue creature. Laddove c’è un uomo, lì sempre ci sarà anche Dio. E dove l’uomo va a fondo, Dio lo accompagna. Dio a volte pare dormire, ma non è il grande assente, e condivide il nostro stesso destino. Il Signore non è indifferente ma è così inquieto per il destino degli uomini da condividere il dramma della fine e dell’infelicità.
I cristiani sono invitati ad alzare lo sguardo e a non disperare. Dopo la parola di Gesù, i discepoli ascoltano il sussurro del vento, che ha cessato di turbinare, e si è fatto improvvisamente soffice e leggero e, come ogni cosa intorno, ritrovano pace. Perché aver paura se il nostro Maestro ha potere sul vento e sul mare? Perché aver paura, noi che abbiamo fondato la nostra esistenza sulla misericordia di Dio, sulla sua bontà e sulla bella notizia della risurrezione? Perché aver paura? Il nostro errore più grande è quello di coltivare la paura. La paura ingigantisce i problemi e fa nascere la nostalgia del passato. Genera controllo e soffoca la gioia. Ciò di cui abbiamo bisogno in momenti di crisi è la riflessione coraggiosa e lucida sulla situazione, l’autocritica serena delle nostre paure e dei nostri timori, il dialogo sincero e la collaborazione fiduciosa.
Ci fa paura prendere sul serio la nostra vita assumendo la nostra esistenza con responsabilità totale. È più facile adagiarsi, lasciarci possedere dalla mediocrità senza osare affrontare il senso ultimo del nostro vivere quotidiano.
La fede cristiana non è una ricetta psicologica per combattere le paure, ma la fiducia radicale in un Dio Padre e l’esperienza del suo amore incondizionato possono offrire all’essere umano la migliore base spirituale per affrontare la vita nella pace. Per questo ci fa bene ascoltare le parole di Gesù ai suoi discepoli in mezzo alla tempesta:
«Perché avete paura? Non avete ancora fede?».