09 Set Domenica ventitreesima. Marco 7,31-37
A Gesù viene presentato un sordo che, come conseguenza della sua sordità, non può quasi parlare. La sua vita è una disgrazia. Sente solo se stesso. Non può ascoltare i suoi famigliari e i suoi vicini. Non può conversare con i suoi amici. Non può neanche ascoltare le parole di Gesù né intenderne il messaggio. Vive chiuso nella propria solitudine.
Gesù lo prende in disparte e pone le dita nei suoi orecchi e cerca di vincere quella resistenza che non gli permette di ascoltare nessuno. Con la sua saliva inumidisce quella lingua paralizzata per dare fluidità alla sua parola. Ma il sordomuto non collabora, e Gesù fa un ultimo sforzo. Emette un forte sospiro guardando verso il cielo in cerca della forza di Dio e, poi, grida all’infermo: Effatà, cioè, «Apriti!».
Quell’uomo esce dal suo isolamento e, per la prima volta, scopre cosa significa vivere ascoltando gli altri e conversando apertamente con tutti. Spesso i profeti di Israele usavano la «sordità» come metafora provocatoria per parlare della testardaggine e della resistenza del popolo verso il suo Dio. Israele «ha orecchi, ma non ode» ciò che Dio gli sta dicendo. Per questo, il profeta chiama tutti a conversione con queste parole: Sordi, ascoltate.
In questo quadro, le guarigioni di sordi narrate dagli evangelisti possono essere lette come «racconti di conversione», i quali ci invitano a farci guarire da Gesù da sordità e resistenze che ci impediscono di ascoltarne la chiamata alla sequela. Marco offre nel suo racconto delle sfumature molto suggestive perché si operi questa conversione nelle comunità cristiane.
Il sordo vive estraniato da tutti. Non sembra essere cosciente del suo stato. Non fa nulla per avvicinarsi a chi lo può guarire. Fortunatamente per lui, alcuni amici si interessano della sua situazione e lo portano da Gesù. Così deve essere la comunità cristiana: un gruppo di fratelli e sorelle che si aiutano a vicenda a vivere intorno a Gesù, lasciandosi guarire da lui.
La guarigione dalla sordità non è facile. Gesù prende in disparte il malato, lontano dalla folla, e si concentra su di lui. È necessario il raccoglimento e la relazione personale. Nei nostri gruppi cristiani abbiamo bisogno di un clima che consenta un contatto più personale e vitale dei credenti con Gesù. La fede in Gesù Cristo nasce e cresce in questa relazione con lui.
Gesù opera intensamente sugli orecchi e sulla lingua del malato, ma non basta. È necessario che il sordo collabori. Per questo, Gesù dopo aver levato gli occhi al cielo, alla ricerca della collaborazione del Padre alla sua opera di guarigione, grida al malato la prima parola che deve ascoltare chi vive sordo a Gesù e al suo vangelo: «Apriti».
È urgente che anche oggi noi cristiani ascoltiamo questa chiamata di Gesù. Ci viene chiesto di agire con lucidità e responsabilità. Sarebbe infecondo oggi vivere sordi alla sua chiamata: non udire oggi la sua parola di vita, non cogliere i segni dei tempi, vivere chiusi nella nostra sordità.
Il rischio è sempre la fuga. Chiuderci nell’occupazione di ogni giorno e nient’altro. Vivere senza interiorità. Perdere anche il desiderio di vivere con maggiore profondità. Sostituire le esigenze più radicali del cuore con ogni tipo di bisogni superflui.
La parola di Gesù risuona anche oggi nel nostro cuore come un imperativo: «Apriti!».
Quando il discepolo non ascolta gli aneliti più umani del suo cuore, quando non si apre all’amore, quando si chiude al Mistero, allora si separa dalla vita, si chiude alla grazia e mura le sorgenti che potrebbero farla vivere. La solitudine è diventata una delle piaghe più gravi della nostra società. Ciascuno vive chiuso nel suo mondo. Non è facile il dono della vera amicizia. Si relazionano ogni giorno con molta gente, ma in realtà non si incontrano con nessuno. Vivono con il cuore serrato. Chiusi a Dio e chiusi agli altri. Volendo difendere la nostra libertà e indipendenza cadiamo nel rischio di vivere sempre più soli. Anche oggi, l’egoismo, la diffidenza e la mancanza di solidarietà sono ciò che più ci separa e ci isola gli uni dagli altri. Per questo, la conversione all’amore è un percorso indispensabile per sfuggire alla solitudine. Chi si apre all’amore del Padre e dei fratelli non è solo. La fede cristiana è sempre una chiamata alla comunicazione e all’apertura. È significativa l’insistenza dei vangeli nel mettere in risalto l’attività di guarigione di Gesù, che faceva «udire i sordi e parlare i muti», aprendo le persone alla comunicazione fraterna e alla fiducia nel Padre di tutti.