Guariento Mario | Domenica ventiquattresima. Marco 8, 27-35
Tutte le opere, i commenti, le riflessioni di Don Mario Guariento
guarientomario, gauriento, don guariento, guariento mario, mario guariento, liturgia guariento
1448
post-template-default,single,single-post,postid-1448,single-format-standard,ajax_fade,page_not_loaded,,vertical_menu_enabled,side_area_uncovered_from_content,qode-theme-ver-7.6.1,wpb-js-composer js-comp-ver-5.2.1,vc_responsive
 

Domenica ventiquattresima. Marco 8, 27-35

17 Set Domenica ventiquattresima. Marco 8, 27-35

«Ma voi, chi dite che io sia?». È necessario che coloro che si sono impegnati nella sua causa riconoscano il mistero che si racchiude in lui. La questione è vitale per i suoi discepoli. Riveste per loro un interesse fondamentale. Non è possibile seguire Gesù in modo incosciente e leggero. Devono conoscerlo sempre più profondamente. Pietro, raccogliendo le esperienze che fino a quel momento hanno vissuto vicino a lui, gli risponde a nome di tutti: Tu sei il Cristo».

La confessione di Pietro è tuttavia limitata. I discepoli non conoscono ancora la crocifissione di Gesù. Non hanno fatto ancora esperienze che permettano loro di cogliere meglio quello che si racchiude in Gesù. Solo seguendolo da vicino l’andranno scoprendo con fede crescente.
Per il cristiano è vitale conoscere e confessare Gesù Cristo ma è soprattutto necessario seguirlo da vicino e collaborare con lui giorno dopo giorno. Il suo vangelo fa pensare e obbliga a porci le domande più importanti e decisive della vita. Il suo modo di sentire e di vivere l’esistenza, il suo modo di reagire di fronte alla sofferenza umana, la sua fiducia incrollabile in un Dio amico della vita è quanto di meglio ha prodotto la storia umana.
Gesù ci può insegnare soprattutto un nuovo stile di vita. Chi si avvicina a lui non si sente tanto attratto da una nuova dottrina, quanto invitato a vivere in un modo diverso, più radicato nella verità e con un orizzonte più degno e più pieno di speranza.
Gesù può soprattutto, introdurre nelle nostre vite qualcosa di tanto importante come la gioia di vivere, lo sguardo compassionevole verso le persone, la creatività di chi vive amando.
Ci può insegnare a vivere Dio come una presenza vicina e amichevole, fonte inesauribile di vita e tenerezza. Lasciarci condurre da lui porterà a incontrarci con un Dio diverso, più grande e più umano di tutte le nostre teorie.
Per incontrarci con Gesù a un livello un po’ autentico, dobbiamo avere il coraggio di uscire dall’inerzia e dall’immobilismo, recuperare la libertà interiore ed essere disposti a «rinascere», lasciandoci alle spalle l’osservanza abituale e noiosa di una religione convenzionale.                                                                                                                  

Anche in noi oggi continua a risuonare la domanda di Gesù: «Ma voi, chi dite che io sia?». È una domanda che situa ciascuno di noi a un livello più profondo. Così parlava Il Signore al cuore di una mistica. “Di solito si pensa a me come a un personaggio degno d’ammirazione, ma io non voglio ammiratori, bensì amanti. L’ammirazione, per quanto generosa, non basta. lo devo diventare un “tu” con il quale vivi un rapporto irrinunciabile, perché da me sei stata sedotta e una ferita si è aperta — dolcissima ferita — nella tua carne e nella tua anima”.                                                       

«E convocata la folla disse loro: tu non pensi secondo Dio. Se qualcuno vuole seguirmi, rinneghi se stesso e prenda la sua croce.»                                                                                                                

Gesù ci chiede di accettare in pace le croci, i pali delle nostre disarmonie, debolezze, limiti, piantati nella nostra anima e nel nostro cuore. Ci chiede di metterli nel suo cuore e nella sua misericordia per non assecondarli, ma per togliere loro potenza e veleno che altrimenti ci spazzerebbero via da lui e dalla vita. Gesù ci insegna ad affrontare e vincere le nostre debolezze prima di tutto accettandole, conoscendole, portandole sulle nostre spalle con umiltà, attraverso il perdono chiesto a Dio e offerto ai fratelli, e mai rassegnazione e disprezzo.                                                 

Pensare secondo Dio, fare la sua volontà significa lasciar andare per sempre e definitivamente i sistemi e gli algoritmi di pensiero umano fondati sull’opportunismo, sulla vanità, sul successo, sul prestigio, sull’assecondare le aspettative altrui, sulla reputazione e sul successo, per affrontare tutto quello che la vita ci chiede e ci dà. Pensare secondo Dio è seguire la novità e l’inedita efficacia delle procedure del vangelo anche e soprattutto quando verrebbe spontaneo appoggiarsi alle procedure ripetitive della mente per affrontare la vita. Un giorno l’umanità, seguendo l’indicazione di Gesù, arriverà alla luce della conoscenza e potrà affermare: stavo sognando di essere sveglia, poi mi hanno svegliata e ho visto che dormivo. Questo sarà il giorno della sua liberazione e della sua salvezza.