09 Ott Domenica ventisettesima. Marco 10, 2-16
L’amore è una esperienza originaria della nostra vita.
Ciò che è originario non è mai afferrabile e non dobbiamo discutere su di esso, sfugge continuamente al nostro sforzo di pensiero e al nostro linguaggio. E’ dato solo come esperienza.
Quando si ama non si può che amare. L’amore opera in noi come una grandiosa forza d’urto, quasi dolorosa. Può mutarsi anche in una devastante catastrofe della nostra esistenza.
Significa che l’uomo deve imparare come amare, dare o rifiutare la realizzazione.
L’amore maturo è quindi una virtù, è un impegno tra dolori e avversità.
Ai farisei o discepoli, a tutti interessa e dettagliatamente fino a che punto si cammina nel lecito o nell’illecito, tutti chiedono i termini della legge, i confini dell’amore e del non amore. Questa curiosità bene ci rappresenta nella nostra ricerca di sapere i perimetri della legge, di calcolare la bontà delle azioni, la legalità o meno di un pensiero, di una scelta, di una parola.
I farisei e i discepoli non hanno chiesto a Gesù come imparare ad amare di più e meglio, come diventare sapienti nella pazienza e nella gratuità verso il prossimo e la persona amata. Invece di mettere alla prova Gesù, e sfidare la Legge sacra, che ben conoscevano, non hanno messo alla prova il loro cuore, le loro intenzioni profonde. Perché non si sono chiesti se loro per esempio amavano veramente e teneramente le loro mogli e i loro figli? Perché mettere alla prova Gesù su labirinti legali e terreni burocratici invece di chiedergli di insegnarci ad ascoltare la sua Parola, e crescere nell’amore?
Quando ami veramente e di tutto cuore, quando sei felice con la persona che ami, per quanto tempo vorresti vivere questa gioia e questo amore? Non è forse vero che tutti vorrebbero vivere questo per sempre? Ecco l’indissolubilità del matrimonio, è nelle radici stesse dell’amore e della gioia condivisa. Quando si è amati e si ama veramente, chi non vorrebbe non finisse mai? Quando, nella libertà, un uomo e una donna innamorati si scelgono senza condizionamenti e pressioni, quando la loro famiglia originata è al centro della loro attenzione vitale, quando la loro fede li illumina e li rende generosi e servizievoli tra loro e con gli altri, quando sono disponibili con responsabilità e gioia a dare vita, quando un matrimonio, pur con tutti i limiti umani parte e si muove così, come potrà non essere indissolubile, come potrà non essere fondato sulla più rispettosa e gioiosa fedeltà?
Una coppia così, che vive con la forza di Dio, userà addirittura delle avversità, delle fatiche, degli imprevisti, per rendersi più forte, più unita, più giocosa. L’indissolubilità e la fedeltà del matrimonio si fondano sull’ amore di Dio, crescono con l’amore dell’uomo e seguono la legge dominante della forza dell’amore: una tempesta spegne un fiammifero, ma alimenta un incendio.
E gli portavano dei bambini perché li toccasse; ma i discepoli li sgridarono. Visto ciò Gesù si sdegnò e disse loro: Lasciate che i bambini vengano a me, non li ostacolate, infatti a chi è come loro appartiene il regno di Dio. In verità dico a voi, chiunque non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà affatto. E avendoli abbracciati li benediceva ponendo le mani su di loro. Quando capiremo chi sono i bambini e che compito hanno nella società, capiremo che Dio ce li dona per la nostra salvezza. Salvezza genetica, perché così la specie sopravvive, si rinnova e si purifica, salvezza psicologica, perché in loro e per loro possiamo cambiare le nostre incrostate e ammuffite convinzioni, salvezza spirituale, perché attraverso la loro energia, purezza, innocenza e saggezza possiamo aprire finalmente gli occhi e capire chi è il nostro Dio e che cosa sono la vita e l’amore.