23 Gen Domenica Terza. Luca, 4, 14-21.
Prima di iniziare a narrare l’attività di Gesù, Luca vuole che sia molto chiaro ai cristiani qual è la passione che spinge il Profeta di Galilea e qual è la meta di ogni sua azione. I cristiani devono sapere verso dove lo Spirito di Dio spinge Gesù, perché seguirlo significa appunto camminare nella sua stessa direzione.
Sorprendentemente, il testo non parla di organizzare una religione più perfetta o di impiantare un culto più degno, ma di comunicare liberazione, speranza, luce e grazia ai più poveri e disgraziati. Questo è quello che legge: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore». Alla fine dice loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». L’evangelista non parla di miracoli, segni e prodigi, ma dello stupore davanti al messaggio di grazia che esce dalla bocca di Gesù. L’accento non cade tanto sul contenuto delle parole di Gesù, quanto sulla loro potenza, perché esse portano la grazia di Dio. Dai Nazareni invece questa grazia è intesa in senso banale, come se le parole di Gesù fossero solo un bel commento, ma non li riguardassero in profondità. In effetti essi fanno difficoltà ad ammettere di essere loro stessi quei poveri e quei disgraziati bisognosi di luce, di guarigione, di cui parlava il testo di Isaia: non sono disposti a ridefinire la propria identità come quella di persone bisognose di grazia, di liberazione. E pertanto la proposta di Gesù non li riguarda, non fa per loro. Il cristiano non è l’uomo dei divieti e dei regolamenti, è creatura leggera, mossa dal vento. Neppure lui sa da dove viene e dove va. Sa soltanto che deve essere mosso dallo Spirito, altrimenti la sua vita non ha più senso. Non è importante che sappia qual è il suo nome, la sua definizione, il suo carisma, il suo itinerario. La sua identità gliela dà e gliela rivela lo Spirito. Solo alla fine riuscirà a decifrare la sua esistenza e la sua chiamata. È «mistero a se stesso». Ma nell’obbedienza fedele e attenta, pronta a scrutare ogni invito e ogni parola dello Spirito che è sempre inedita, che è vera novità, il credente cammina in fretta dietro a Gesù. E dove arriva lui, arriva lo Spirito. Rinnova ogni situazione e inonda di gioia e di speranza ogni persona e ogni situazione, senza fermarsi davanti a nessun ostacolo, perché nulla è impossibile a Dio. Se cediamo a calcoli, se ci affidiamo alle risorse e ai ragionamenti umani, diventiamo non più liberi, figli di Dio, ma schiavi delle limitazioni della nostra incredulità. Se i nostri pensieri hanno solo logiche umane, allora siamo condannati alla sterilità e alla vecchiaia, come il vecchio Zaccaria, irreprensibile, osservante, ma senza fede: «Tu non hai creduto». Se pensiamo secondo i criteri di valutazione umana, non pensiamo secondo Dio, ma secondo gli uomini. Lo Spirito vuole restituirci la libertà che spesso abbiamo perso, «legati» a opere e strumenti basati sulle nostre risorse più che sulla potenza di Dio. Ci porta ad annunciare un Gesù crocifisso, non potenza o splendore di sapienza, ma debolezza e stoltezza; debolezza di Dio che è più forte di ogni forza umana e stoltezza di Dio che è più saggia di ogni sapienza umana. Lo Spirito ci vuole rimettere in cammino, il cammino dei testimoni del vangelo e del regno: il regno di Dio è in mezzo a voi. Se lavoriamo per il regno, con fede, pregheremo che il Signore mandi gli operai per la sua messe. Il Signore ci esaudirà. Nella tradizione orientale russa sarà il dialogo di Serafino di Sarov con Motovilov a rinnovare l’annuncio dello scopo della vita monastica e cristiana: «La vera vita profetica rappresenta nella Chiesa il soffio dello Spirito nel suo aspetto più gratuito e imprevedibile: «Tu senti il vento ma non sai da dove viene né dove va». I profeti per questa loro libertà dalla storia e dal tempo, da tutti i legami che vincolano le persone alle persone più vicine, alla professione, ai loro «doveri» di responsabilità dentro il corpo sociale, possono divenire segno dello Spirito di un mondo in cui Dio è tutto in tutti. Prende coscienza delle sfide del proprio tempo, cogliendone il senso teologico profondo, mediante il discernimento operato con l’aiuto dello Spirito. Il profeta sente ardere nel cuore la passione per la santità di Dio e, dopo averne accolto nel dialogo della preghiera la Parola, la proclama con la vita, con le labbra e con i gesti, facendosi portavoce di Dio contro il male e contro il peccato».