02 Ago Diciottesima domenica. Giovanni, 6,24-35
I suoi interlocutori intuiscono che Gesù sta aprendo loro un nuovo orizzonte, ma non sanno che cosa fare né da dove iniziare. L’evangelista ne riassume gli interrogativi con queste parole: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Vi è in loro un desiderio sincero di farlo, vogliono compiere le opere di Dio, ma, abituati a pensare tutto a partire dalla Legge, chiedono a Gesù quali opere pratiche e osservanze nuove debbano prendere in considerazione.
La risposta di Gesù va al cuore del cristianesimo: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». Dio vuole solo che credano in Gesù Cristo, poiché è lui il grande dono che Dio ha inviato al mondo. E’ questa la nuova esigenza, il resto è secondario.
L’identità cristiana consiste nell’imparare uno stile di vita che nasce dal rapporto vivo e fiducioso con Gesù. Per questo, disinteressarci della vita degli altri, vivere tutto con indifferenza, rinchiuderci nei nostri interessi, ignorare la sofferenza della gente che incontriamo lungo il cammino, sono indizi che la nostra fede in Gesù è inconsistente. Non sono più le religioni o i pensatori a caratterizzare i modelli di comportamento o lo stile di vita. La «nuova società» è sempre più diretta dalla moda consumistica. Si deve possedere l’ultima novità che ci viene offerta, conoscere nuove sensazioni ed esperienze. La logica della soddisfazione dei desideri sta impregnando tutto. Non dobbiamo demonizzare questa società. È cosa buona vivere ai nostri giorni, avendo tante possibilità di coltivare le diverse dimensioni della vita. Il male è restare vuoti interiormente, presi solo da «necessità superficiali», smettere di fare il bene per cercare solo il benessere, vivere lontani da tutto ciò che non sia il proprio interesse, cadere nell’indifferenza, dimenticare l’amore.
Non è superfluo ricordare nella nostra società l’ammonimento di Gesù: «Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna». Lo stesso Lipovetsky, che nei suoi studi mette tanto in rilievo gli aspetti positivi della moda consumistica, non ha dubbi nel ricordare che «l’uomo attuale è caratterizzato dalla vulnerabilità». Quando l’individuo si nutre solo dell’effimero, resta senza radici e senza consistenza interiore. Oggi si cerca con tutti i mezzi di fermare il tempo con il culto di ciò che è giovanile. L’uomo moderno non crede nell’eternità, e per questo si sforza di rendere eterno un tempo privilegiato della sua vita attuale. Non è difficile vedere come l’orrore di fronte all’invecchiamento e il desiderio di aggrapparsi alla gioventù portino a volte a comportamenti che rasentano il ridicolo. Il credente si preoccupa di nutrire quello che c’è di eterno in lui, fondando la propria vita in un Dio che vive per sempre e in un amore che è «più forte della morte». Ci sono persone che desiderano sinceramente incontrare Dio, ma non sanno quale via seguire. Senza dubbio, ciascuno deve seguire il proprio percorso personale, e nessuno ci può indicare dal di fuori i passi concreti che dobbiamo fare; vi sono tuttavia dei suggerimenti che possono essere utili a tutti. Se cerchi Dio, anzitutto smetti di temerlo. Ci sono persone che, quando sentono nominare Dio, cominciano a pensare alle loro miserie e ai loro peccati. Questo tipo di paura di Dio ti sta allontanando da lui. Dio ti conosce e ti ama. Egli saprà trovare la via per entrare nella tua vita, per quanto questa sia mediocre.
Se sei costante e continui ad alimentare la tua vita con questi vangeli che ti conducono a Gesù, un giorno scoprirai quanta verità contengono le sue parole: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!». Se si vuole incontrare Gesù bisogna uscire dallo schema della religione che imprigiona la relazione affettiva. Dicendo di essere il «pane disceso dal cielo», Gesù invita ciascuno di noi ad entrare nella logica di Dio che chiede di comunicare con noi: in fondo mangiare insieme è il segno dell’intimità di vita. L’Eucaristia è questo traguardo, ma anche punto di partenza: qui non c’è il miracolo banale o sontuoso perché siamo di fronte alla Parola che viene affidata alla verità dell’ascolto di chi la vuole ricevere e ad un pane talmente povero che deve spezzarsi per farsi nutrimento di molti fino a scomparire. Veramente Dio annienta se stesso per rinascere dentro di noi e stabilire con noi un contatto profondo che solo la coscienza sa decifrare.