Guariento Mario | Domenica seconda di Quaresima. Luca 9,28-36.
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Domenica seconda di Quaresima. Luca 9,28-36.

14 Mar Domenica seconda di Quaresima. Luca 9,28-36.

L’intero vangelo, in quanto chiamata alla sequela, è pasqua, cioè passaggio dalla sapienza del mondo a quella del Verbo. Il Gesù glorioso non rinnega la sua vita precedente; al contrario, ci conduce individualmente sui cammini precedenti, per ripercorrere così il processo del vangelo in una sorta di intenso recupero della sua dedizione e della sua morte. Quello stesso Gesù, che Pietro ha rifiutato, lo chiama di nuovo, insieme a Giacomo e Giovanni, per condurli dall’abisso della morte alla sorgente pasquale di ogni vocazione. Senza un qualsiasi tipo di esperienza pasquale non esiste discepolato. Senza un Cristo glorioso sulla montagna, senza la gioia di vederlo là a portare a compimento quanto era stato annunciato, la sua chiamata perde significato. Soltanto se saliamo alle altezze del mistero potremo sentire la voce di Dio per seguire Gesù, suo Figlio:  «ascoltatelo!». Ogni uomo è come un’icona incompiuta, dipinta però, come le antiche icone, su di un fondo d’oro, l’oro è la condensazione della luce, luce fatta materia, che è la nostra somiglianza con Dio, cuore di luce. Vivere altro non è che la fatica aspra e gioiosa di liberare tutta la luminosità e la bellezza sepolte in noi. II fine stesso della storia è la trasfigurazione di tutta l’umanità. Tutte le cose sono involucro di una realtà più grande della loro materia: «TI divino traspare dal fondo di ogni essere» (P. Teilhard de Chardin). Nessuno può dire cosa nasconda un corpo, le energie che condensa e sprigiona, la gioia che può e sa comunicare, la luce che contiene. Sul Tabor la forza della luce è tale da stordire Pietro, che «non sapeva che cosa diceva». Eppure sul monte essa rimane solo esterna all’uomo. Perché diventi forza interiore, due sono le strade tracciate dal racconto: «Gesù salì sul monte a pregare. E, mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto». Gesù si trasfigura mentre prega. La preghiera è inizio quotidiano di trasfigurazione: «Noi tutti» dice Paolo «contemplando la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella stessa immagine, di gloria in gloria» (2Cor 3, 18). Contemplare trasforma: l’uomo diventa ciò che guarda con gli occhi del cuore, diventa ciò che ama, diventa ciò che prega. Così la preghiera crea storia, a partire dal paese dell’anima, una storia di luce che trasparirà sul volto dell’ orante. La luce del Tabor, scintilla impercettibile o fiume di fuoco, ci è ancora e sempre donata, nella parola, nel pane e nel vino, nell’amore (O. Clément). La seconda strada è raccolta in un verbo, che è il vertice del racconto: «Ascoltatelo». Chi ascolta Gesù, diventa come lui; ascoltarlo significa essere trasformati. La sua parola chiama, fa esistere, guarisce, cambia il cuore, fa fiorire la vita, dona bellezza, è luce nella notte. Quel volto di luce è il punto di arrivo, punto” omega” del mondo. Ma se ora lo vediamo grondare di luce, nell’ultima notte, sul monte degli ulivi, stillerà sangue. Gocce di sangue e gocce di luce, inseparabili: la verità risplende non solo sulla montagna dell’estasi, ma nel cuore stesso delle sofferenze degli uomini, del loro inferno, della loro morte. La croce senza la trasfigurazione è cieca; la trasfigurazione senza la croce è vuota. Essere cristiani è tenere insieme croce e pasqua, la croce gloriosa, un volto intriso di dolore e bagnato di luce. La trasfigurazione di Cristo, avvenuta mentre pregava, ci chiama a trovare tempo e cuore per la contemplazione, per salire sul monte, per scendere nel proprio mistero, dove incontreremo un volto che non è il nostro volto, ma quello del Figlio della Bellissima: lì mi sarà cambiato il cuore di tenebra che ancora resiste. Scrive Paolo a Timoteo: «Il Signore ha fatto risplendere la vita!». Non solo le sue vesti e il suo volto, ma la vita, qui e adesso, di tutti. Ha riacceso la fiamma delle cose, ha dato splendore all’esistenza, e sogni nuovi e canzoni bellissime al nostro sangue: frammenti di stelle corrono nelle vene.