Guariento Mario | FESTA DELL’INCARNAZIONE
Tutte le opere, i commenti, le riflessioni di Don Mario Guariento
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FESTA DELL’INCARNAZIONE

23 Dic FESTA DELL’INCARNAZIONE

Proviamo ad alzarci in volo per andare molto in alto, e tentare d’incontrare il Signore risorto che per essere vicino a noi, ha voluto fin dalla nascita, insegnarci che significhi «incarnazione» nella storia. Incarnazione è rinnovare la storia e farne il luogo della risurrezione, dove ognuno  possa ricevere «la gioiosa notizia» di essere figlio e figlia prediletti da un Padre che non si stanca mai di amarci. Natale è la celebrazione della nostra ri-nascita di creature nuove. Oggi prendiamo coscienza di un evento che cambia la direzione della nostra esistenza e scegliamo di percorrere la nuova via dove sono possibili nuove relazioni che intersecano quella con Dio. Egli stabilisce con noi una relazione d’amore, una comunicazione d’intimità che trasfonde la vita.  Natale è questo annuncio: se ognuno di noi ri-nasce vuol dire che è vivo e che non è solo, ma è accolto da altri con cui condivide esperienze, affetti e relazioni. Se uno nasce, significa che è capace di generare altri com’è stato a sua volta generato. In questo processo di nascita e generazione, non solo Dio non è estraneo, ma ne è il motore e anche l’orizzonte. Dio non propone regole o filosofie o etiche o sistemi economici, ma solo la vita e la qualità di essa finalizzata alla felicità: non è un caso, infatti, che vangelo significhi: «notizia che porta gioia».
Davanti a noi si erge un bambino in tutta la sua debolezza, fragilità e incapacità. Non solo, ma, secondo la tradizione, nasce nella miseria più assoluta, circondato da carovanieri e mercanti e i disprezzati pastori che fanno festa perché quel bambino, come ogni bambino o bambina, è l’annuncio anticipato di un futuro. Non solo, la gioia di quella nascita è anche più stridente perché quel bambino è un ricercato dalla polizia che lo considera un sovversivo, prima ancora di nascere. Non è ancora nato e deve fuggire all’estero perché il potere lo cerca per eliminarlo. Non fa in tempo a nascere che è già migrante e deve scappare per salvare la vita, attraverso pericoli disumani. Nato e già è profugo!
Quando prendiamo un bambino tra le braccia, c’inteneriamo senza fatica perché ci sentiamo trasformati: il bambino che teniamo in braccio ci disarma. Natale è tutto qui: Dio a misura umana. La fede cristiana, di conseguenza, è la consapevolezza che Dio è vicino, cioè è in noi e con noi. Non è solo accanto in modo occasionale. Questa presenza nella nostra esistenza e nella nostra coscienza porta in sé la notizia di gioia che non siamo mai soli, ma siamo accolti e amati perché siamo così importanti che Dio viene apposta per noi, per me.
Non sprechiamo questo tempo d’interiorità. Noi non siamo soli, ma siamo parte di una Storia di Nomi e di Volti che ci hanno preceduto e ci seguiranno e vogliamo prendere coscienza di questa trama di vita e di continua consegna di generazione in generazione, invocando la carovana di chi ci ha generato al mistero che celebriamo. Nessuno si senta estraneo o fuori luogo. Questa è la notte di chi trabocca di gioia e di chi vive nel dolore; di chi è innamorato e di chi è solo; di chi ama e di chi è tradito; di chi è in salute e di chi è malato; di chi vive e di chi muore; siamo consapevoli che «sia che viviamo sia che moriamo, siamo del Signore».
Entriamo nella nostra coscienza, e affidiamoci all’amore di Dio che supera sempre la nostra povertà e la nostra debolezza. Egli è la Misericordia che ama.
Essa è un dono gratuito, che trasborda dal cuore di Dio e si riversa nel nostro. Non possiamo rifiutarlo. Siamo innamorati, separati, divorziati, traditi, abbandonati, soli, disoccupati, precari, schiacciati dai problemi economici o affettivi? Nulla di tutto ciò è estraneo a Dio e ciascuno di noi è prezioso/preziosa ai suoi occhi e al suo cuore. Questa notte, ognuno di noi è chiamato ad essere profeta di Dio, ad annunciare il vangelo della rinascita: «Tu sei importante per Dio perché senza di te, egli non può vivere».
Il brano evangelico di questa notte, tratto dal capitolo secondo di Luca, mette in risalto ciò che questa notte celebra e stabilisce cosa sia importante e cosa sia apparenza. In altre parole c’invita a rivedere i nostri criteri di valutazione; se vivacchiamo come capita o se mettiamo in atto il discernimento dei fatti che viviamo, sapendo che nulla è banale nella nostra esistenza, anche quello che lo può sembrare.
Di fronte all’imperatore Cesare Augusto sta una ragazza ebrea di nome Mìriam: il potente e una bambina; l’imperatore del mondo e una donna insignificante; l’uomo più potente dell’epoca, considerato una «divinità», e una ragazza-madre che quando prega si abbandona alla volontà di Dio: «Ti ringrazio, Signore, che mi custodisci nel tuo amore».
Ecco due mondi a confronto e alternativi tra loro.
Papa Francesco nella Messa del mattino di Natale 2013, commentando la genealogia di Gesù secondo Matteo, disse: «Qual è il cognome di Dio? Siamo noi, ognuno di noi», intessendo un’immagine straordinaria che solo i semplici sanno mettere in risalto. Il cognome di Dio è il nome di ciascuno di noi. Forse non abbiamo mai pensato che il nostro, il mio nome, è il cognome di Dio. Natale, di conseguenza, è la persona che ami, la persona più importante della tua vita. Natale sei tu che sei la persona più importante per Dio.
Natale è tutto qui: quello che ciascuno vive è segnato dall’impronta di Dio che è impressa in tutto quello che facciamo, che diciamo, che preghiamo, che speriamo, che amiamo. Anche se siamo distanti da lui, lui non è mai lontano da noi, ma abita la nostra lontananza e rispetta la nostra libertà. Celebrare il Natale significa accorgersi di questo Dio che cammina con noi, accanto a noi, dentro di noi, vicino a noi perché lui è la Parola che vive nell’anima del nostro cuore.
Natale è il «fatto» che c’incastra perché sia noi che Dio non possiamo più vivere gli uni senza l’altro. In tutto questo c’è una logica che non appartiene al sistema «del mondo» dove la furbizia prende il posto della rettitudine; la protervia dell’illegalità sostituisce ogni valore di legalità; lo sperpero di denaro pubblico è uno sport nazionale dove ignobili e traditori del popolo sguazzano senza nemmeno provarne più vergogna; prostituirsi per il successo è considerato un nobile ideale; la bugia e le promesse fasulle hanno preso il posto della verità e della coerenza.
Occorre un’operazione rivoluzionaria, se vogliamo conservare un minimo di decenza da lasciare in eredità ai nostri figli.
L’atto più rivoluzionario che possiamo fare a Natale e ogni giorno fino al prossimo Natale è semplice: cambiare mentalità, anzi modificare modo di pensare e di vivere, cambiare i criteri di scelta e di decisione, fino a farne una «rivoluzione» perché Natale è la rivoluzione di Dio, il superamento delle religioni, l’annuncio festoso, anzi «il Vangelo» di un mondo nuovo, basato su relazioni autentiche di amore e che noi conosciamo come «Regno di Dio». Permettiamo a questo Bambino d’iniziare con noi la nostra storia personale e comune: siamo nati per risorgere. Non permettiamo che alcuno possa uccidere la nostra speranza di essere uomini e donne nuovi per un mondo nuovo perché Natale è l’annuncio profetico che la Resurrezione è possibile. Anzi è già compiuta e noi possiamo rinascere e risorgere ogni giorno, perché questa e la notizia gioiosa del Natale: Dio-con-noi-Èmmanuel.