Guariento Mario | Domenica XV. Luca 10,25-37
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Domenica XV. Luca 10,25-37

11 Lug Domenica XV. Luca 10,25-37

Domenica XIII. Luca 9,51-62

La Parola di oggi segna il passo dell’amore tra noi, non sulla totalità e l’assoluta priorità, che vanno date solo a Dio, ma sulla modalità. La Legge biblica indica la strada dell’amore tra le persone sul come. “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. La misura di come puoi e devi amare il tuo prossimo è l’amore che hai per te stesso, per la tua persona. E il come amare i nostri simili è splendidamente mostrato negli atteggiamenti semplici ed efficaci del samaritano che incontra e aiuta lo sventurato spogliato dai briganti. Ecco l’amore vero per il nostro prossimo secondo Gesù: passare accanto a chi ci è messo sulla strada della vita senza far finta di non vedere, averne compassione, avvicinarci mentalmente e spiritualmente alla situazione, al momento che sta vivendo chi incontriamo, senza domande e aspettative, versare olio sulle ferite, non acido, pettegolezzi, calunnie, giudizi e rancori. Olio di gentilezza, di pazienza e di perdono. L’olio del perdono è l’unguento più prezioso da versare sulle ferite aperte del nostro cuore. Perdono da dare e da chiedere. E poi fasciare le ferite di tenerezza, di serenità, di fiducia. Il perdono è l’olio fragrante che guarisce le ferite dell’anima, e la tenerezza e la pace interiore ne sono la fascia.

E poi c’è l’asino e qui siamo davanti a un vertice di sapienza e di scuola di amore inaudito. Il buon samaritano carica sul proprio asino lo sventurato, si carica di tutto il peso dei suoi guai, ma non sulle spalle, potrebbe non reggerlo, usa il proprio asino, usa un mezzo, che già era a sua disposizione, usa un’energia complemen­tare, un supporto alle sue sole forze umane. Il samaritano si sente responsabile del povero amico depredato, ma lo aiuta senza dimo­strare autosufficienza, né presunzione. Con l’asino raggiunge una locanda, un luogo sicuro, protetto, perché sulla strada si incontra la richiesta d’aiuto e si può anche affron­tare l’emergenza, ma non intervenire con completezza e adeguato sostegno.

Il vangelo, attraverso il racconto del samaritano, ci svela come deve essere l’aiuto che possiamo donare a chi si trova nella necessità, perché sia un aiuto vero, reale, efficace e non sia schiavizzante beneficienza o illusorio assistenzialismo. Secondo il vangelo l’aiuto deve essere tempestivo, appropriato, momentaneo, tre caratteristiche che lo rendono realmente efficace, liberante e rispettoso di chi è nel bisogno. Alla locanda viene fatto tutto il possibile per aiutarlo, ma poi parte. Il samaritano non ferma il suo viaggio, tranquil­lamente lo riorganizza, ma non si stabilisce nella locanda per aiuta­re il suo prossimo, ha rallentato, ma non ha fermato il suo viaggio. Perché il viaggio della vita non si può fermare, perché il viaggio e la strada sono e restano il luogo dove Dio ti farà ancora incontrare altra gente, altre richieste, ti mostrerà altri volti, ti darà altri doni e potrà guidarti a lui.

Anche il sacerdote e il levita non fermano il loro viaggio e i loro impegni, non rallentano, non si lasciano coinvolgere, ma solo per egoismo, per amore di sterile legalismo: in questo caso il loro viaggio è già fermo, la loro strada già svuotata di ogni meta e di ogni futuro. La strada di chi non ama è una non-strada, la direzione di colui che non ha compassione è una non-direzione. Il viaggio di chi non si cura del prossimo e non spende sorrisi, parole, aiuto e denaro per chi ha bisogno è un viaggio verso l’abisso senza fine della morte.

Così come guardi e tratti la vita, nello stesso modo la vita guarda e tratta te. Se deridi la vita, la vita ti metterà in ridicolo. Se sei generoso, sarai trattato in terra e in cielo con generosità. Se sei violento con gli altri, la vita ti tratterà con violenza, se sei tollerante con gli altri, la vita sarà tollerante con te. Se non rallenti il viaggio e i tuoi impegni per amore quando ti è richiesto, al tuo viaggio è già stata tolta la meta. Se rallenti e hai compassione, qualcuno avrà compas­sione di te.

Come attacchi sarai attaccato, come ti difendi, da te si difenderanno gli altri, come abbracci la vita così la vita abbraccerà te e in misura piena, scossa, pigiata, traboccante. Una volta da bambini ci si diceva “chi la fa l’aspetti”, è un modo infantile, ma terribilmente e magnificamente vero di spiegare questa legge di vita. Quello che semini raccogli, se stai raccogliendo spine, non prendertela con nessuno, ma nemmeno completamente con te, cerca solo di imparare e cambiare modo di seminare.

Tutto è legato a questa legge, tutto e ogni cosa. Tutto viene da Dio, nulla nasce e si può muovere da se stesso, perfino Gesù quando parla non parla da se stesso, ma dice quello che ha udito dal Padre, e come lo ha udito dal Padre; quando manda i “suoi” nel mondo non li manda come lui, il Figlio, desidera, ma come il Padre aveva mandato lui nel mondo.

Nel comandamento supremo dell’amore Gesù non ci chiede di amarci del nostro amore, ma di amarci gli uni gli altri come lui ha amato noi. La misura di tutte le cose è in quel come.

Come Dio ama te, così cerca di amare i fratelli, come tratti i fratelli, così Dio chiederà alla vita di trattare te. Questo supera e attraversa ogni legge e ogni precetto, ogni tribunale e ogni controllo. Il come non sottolinea solo un paragone, ma la modalità, un riferimento più alto, il modo in cui devono essere fatte le cose, e come le cose funzionano.