25 Ago Domenica Ventunesima. Matteo 16, 13-20
Gesù mette molta distanza tra sé e i capi del tempio perché sa che deve riflettere e fare riflettere i suoi discepoli che lo accompagnano. Gesù sembra assente, il suo pensiero è lontano. Egli sa di avere un compito e una missione, ma si domanda quale sia la strada da percorrere: se quella dello scontro oppure quella comoda e appariscente centrata sulla sua persona.
Questo è il vero dilemma che Gesù vive nel suo profondo interiore.
Gesù condivide con i suoi discepoli questa angoscia e non li esime dalla verifica che è dura e dolorosa. I discepoli restano neutri ed espongono con imbarazzo le «opinioni della gente» senza avere il coraggio di esporsi personalmente. La domanda è per noi oggi, anzi è per me, qui e adesso: «Ma voi, chi dite che io sia?» Chi è Gesù per me? Anch’io di lui ho un’opinione comune oppure una conoscenza personale che nasce dalla consuetudine della frequentazione? La risposta a questi interrogativi fa la differenza tra un approccio religioso e un’esperienza di fede. Stimolante per noi è il dialogo tra Gesù e Pietro. Pietro dà una risposta ambigua perché si situa esattamente a metà. «Tu sei il Cristo». Per Pietro altri non è che la figura di un discendente di Davide che verrà a ristabilire il dominio di Israele, popolo eletto, su tutti i popoli. Tutti aspettavano il Messia e tutti sapevano come «doveva» essere, la sua figura era patrimonio dell’immaginario collettivo: una proiezione dei bisogni e della speranza di riscattarsi. Pietro però non si ferma solo a questo, ma apre uno spiraglio. La seconda parte della risposta di Pietro, infatti, si discosta da questa concezione umana del Messia per attribuire a Gesù un’identità personale che si colloca «sul versante divino»: «Tu sei il figlio del Dio vivente». Simone aggiunge una qualifica nuova, «Dio vivente», riconoscendo così che Gesù ha una relazione «vitale» personale con il Dio d’Israele. Egli è l’inviato del Padre, egli ne svela i lineamenti del volto e quindi la piena identità. E Gesù risponde svelando una nuova identità dell’apostolo: «Tu sei Pietro/pietra!» che poggia la fede sulla Roccia che è « il Figlio del Dio vivente». Gesù conduce Pietro e gli altri ad approfondire questa sua identità e li fa partecipi del disegno di Dio. Egli stupirà tutti perché non sarà potente né violento. Anzi prenderà su di sé tutta la violenza disumana del mondo.
Per questo il Messia avrà le caratteristiche del «Servo Sofferente» descritto dal profeta Isaia: egli subirà la violenza del mondo per mano della religione ufficiale del tempio, non protesterà, ma l’accetterà come prezzo d’amore per coloro che lo violentano; morirà per mano della religione anche se chi lo uccide crederà di dare onore a Dio. Non sarà che la prima volta, perché in futuro, molte volte si uccideranno innocenti credendo di dare gloria a Dio. Gli uomini sono insipienti e pensano di manovrare Dio usando la religione come strumento di dominio delle coscienze. La nuova identità di Gesù, il Figlio del Dio vivente, è la roccia su cui poggia la nostra fede che ha la garanzia dello Spirito Santo, colui che ci abilità alla conoscenza di Cristo. Proprio ora Cristo affida la chiave a Pietro come potere della credibilità di Dio: se Pietro sarà credibile, egli scioglierà secondo il cuore di Cristo, se non lo sarà egli legherà anche gli altri in una fede terrena, insufficiente, e ne assumerà la responsabilità. Perché Pietro possa «legare e sciogliere» deve «sapere» chi è Cristo, non può limitarsi ad avere di lui un’opinione comune o l’idea di un’ovvia messianicità. Egli deve «andare oltre» le apparenze per scoprire in profondità e svelare la vera identità di Cristo, il Messia/Servo sofferente: egli è esteriormente fallito perché rinuncia alla sua onnipotenza per assumere la debolezza umana e farne il «luogo privilegiato» della rivelazione dell’amore di Dio. Pietro non è il fondamento della fede, ma il primo di una lunga serie di credenti che riconosceranno in Gesù non il Messia della potenza, della forza e del successo, ma il Servo sofferente della non-violenza, del perdono e della misericordia. «Su questa petra», cioè sulla roccia del «Figlio del Dio vivente», infatti, si costruirà la chiesa di cui Pietro, oggi diventa la prima pietra che dà inizio al cantiere-progetto. Durante la passione Pietro rinnegherà Gesù gettandosi via come si getta un sasso, altro che «roccia» sicura e stabile!. Dentro ciascuno di noi, c’è il credente e l’ateo, il religioso e il miscredente destinati a convivere insieme fino alla fine, in un duetto che se vissuto in compagnia di Cristo, può diventare l’occasione per ritrovare la nuova identità e scoprire finalmente la vera personalità del Signore.
Tutti coloro che da adesso in poi riconosceranno la vera identità di Gesù il Signore, costituiranno una «pietra» nel cantiere dove si costruisce la comunità dei credenti. Dare le chiavi del Regno dei cieli significa consegnare a Pietro, agli apostoli, ai credenti, le chiavi della testimonianza della presenza di Dio, la presenza del «Dio vivente». L’espressione «legare e sciogliere» è un’ espressione semitica per significare la totalità della vigilanza, come «cielo e terra» significa l’universo, come «entrare e uscire» significa in ogni momento della giornata, come «sedere e stare in piedi» significa in ogni condizione. Pietro pertanto non riceve un potere personale che può gestire a sua discrezione, decidendo chi deve entrare e chi deve uscire dalla Chiesa, al contrario, egli riceve una Chiesa con «tutti dentro» e lui deve impegnarsi e preoccuparsi della loro vita, per cui deve vegliare mentre gli altri dormono, procurare il cibo a tutti e farne avanzare anche per quelli che verranno dopo. Il suo compito non è di «padrone», ma di «servo», garante dell’incolumità di tutti. Egli deve aprire a coloro che stanno fuori perché possano trovare riparo e sicurezza «dentro»: non può escludere alcuno. «Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo» È sorprendente che nel momento in cui i discepoli prendono coscienza che Gesù non è il Messia tradizionale come atteso dalla religione e dal popolo, ma il «Figlio del Dio vivente», devono tacere su precisi ordini di Gesù stesso. Il silenzio è una caratteristica della fede che non cerca palcoscenici e non si mette in mostra: la fede è discreta e ama il silenzio perché per lei parla la testimonianza della vita.