Guariento Mario | Domenica quindicesima. Marco 6,7-13.
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Domenica quindicesima. Marco 6,7-13.

16 Lug Domenica quindicesima. Marco 6,7-13.

I discepoli per collaborare al progetto del regno di Dio e prolungare la sua missione dovranno
curare il loro stile di vita. Altrimenti, potranno fare molte cose, ma non introdurranno nel mondo
il suo spirito. Secondo Marco, mandandoli, Gesù «dà loro potere sugli spiriti impuri», cioè su tutto
ciò che rende questo mondo disumano e offensivo della dignità della persona. Non dà loro potere
sulle persone che incontreranno lungo la strada. Dà loro autorità per liberarle dal male.
Come sempre, Gesù sta pensando a un mondo più sano, libero dalle forze del male che
schiavizzano questa umanità. I suoi discepoli porteranno alle persone la sua forza di guarigione.
Si faranno strada nella società umanizzando la vita, alleviando la sofferenza e facendo crescere la
libertà e la fraternità. Sarà il grande ministero della carità a caratterizzare la loro discepolanza.
Gesù immagina i suoi discepoli come dei viandanti. Legati a nulla e a nessuno. Liberi per amare,
Non devono vivere con l’ossessione per la loro sicurezza. Portano con sé qualcosa di più
importante: lo Spirito di Gesù, la sua Parola e la sua presenza per promuovere la vita delle
persone e non accada che un giorno si dimentichino dei poveri e vivano rinchiusi nel proprio
benessere. Quello che Gesù propone loro è uno stile di vita provocatorio. Propone uno stile di
vita essenziale, manda i suoi discepoli a educare all’equilibrio dei bisogni e desideri. Oggi è
quanto mai urgente educare alla essenzialità in una cultura dell’eccesso, educare ad un pensiero
critico che promuove la libertà, l’autenticità, l’autonomia. La parola della essenzialità è quasi
scomparsa dal nostro vocabolario quotidiano. Non interessa più a nessuno. Essenzialità non ha
niente a che fare con l’immagine e il successo, quindi viene guardata con sospetto. La si teme, sa
quasi di inferiorità. Temo che la sua perdita non abbia migliorato la nostra esistenza, anzi ci ha
fatto diventare più insensibili e indifferenti.
L’odierno stile dominante invece è l’eccessivo e lo smodato: in tutto! Non ci entusiasma una
cultura profonda, essenziale, che ci fa conoscere e pensare, ci deve invece far emozionare,
eccitare, quasi distrarre da ciò che siamo e da come viviamo.
Per questo la essenzialità è difficile da comprendere, da interiorizzare e da vivere. Eppure ritengo
che sia necessaria più che mai per il nostro futuro, e penso che scoprire il proprio stile semplice
di vita diventerà presto un autentico vivere umano. Ma tutto questo deve passare attraverso una
nuova consapevolezza che faticosamente sta maturando nella vita concreta delle persone. Oggi
siamo sempre più chiamati a scoprire il paradosso della felicità, ad avere un nuovo sguardo sulla
vita del mondo; senza la nascita in noi di questa nuova essenzialità, sono e rimarranno
appuntamenti mancati i cambiamenti che ci stanno interpellando a livello mondiale. La difficile
essenzialità si rivela qui come la possibilità di apprezzare non solo i beni materiali ma anche ci
impegna nell’orizzonte esistenziale dei beni relazionali e spirituali. I beni materiali soddisfano fino
a un certo punto, e non apportano la felicità che ognuno di noi cerca, anzi, a certe dimensioni la
ostacolano, mentre sono proprio i beni relazionali o interiori quelli che producono affetto e
comunicazione tra le persone e che donano più felicità e senso di vita. Dunque, siamo chiamati a
vivere la difficile essenzialità, che inaugura oggi una consapevolezza più articolata in merito alla
povertà, al lavoro e alla felicità.
Gesù dice ai suoi discepoli che il “mondo nuovo” che lui cerca non si costruisce col denaro, con il
potere. Il suo progetto lo porterà avanti la gente semplice che sa vivere con onestà, poiché ha
scoperto l’essenziale: il regno di Dio e la sua giustizia.
Per i seguaci di Gesù non è un male perdere il potere, la sicurezza e il prestigio sociale. Può
essere una benedizione se ci porta a una vita più fedele a Gesù. Il potere non trasforma i cuori; il
prestigio e il privilegio ci riempiono di noi stessi.
Gesù non ha bisogno di potenti che proteggano la missione dei suoi discepoli. Non crede nel
potere come forza di trasformazione. il potere si accompagna di solito con l’autoritarismo
coercitivo e non è in grado di cambiare i cuori. Gesù crede nel servizio umile di quelli che cercano
una società migliore per tutti. Eugen Drewermann in un libro sulla guerra, afferma: L’economia
corsara, di rapina, è gemella della guerra, suo braccio armato e condizione di permanenza. Non
si può costruire una società giusta su questi presupposti, sulla prevalenza del consumo,
dell’accumulazione e di tutte le esigenze del mercato, negazione radicale, ontologica, di quello
che è la società. Sono manifestazioni di egoismo feroce.
Oggi responsabile è il ”mercato”. Ma alla fine cadrà sopra se stesso, come l’idolo coi piedi di
terracotta.”
Gesù non promuove i suoi discepoli dando loro potere sugli altri.
Basta un amico, un bastone e dei sandali per addentrarsi nelle vie della vita, proclamando a tutti
il cambiamento di cui abbiamo bisogno per scoprire il segreto ultimo della vita e la via che porta
alla vera liberazione.