10 Lug Domenica Quattordicesima. Marco 6, 1-6
Quando Gesù arriva a Nazareth in compagnia dei suoi discepoli, i suoi vicini restano sorpresi da due cose: la sapienza del suo cuore e la forza di guarigione delle sue mani. Era quello che più attraeva la gente. Gesù non era un pensatore che spiegava una dottrina, ma un sapiente che comunicava la propria esperienza di Dio e insegnava a vivere sotto il segno dell’amore. E’ un guaritore che guarisce la vita e dà sollievo alla sofferenza.
Tuttavia, le persone di Nazareth non lo accettano. Si oppongono alla sua presenza con ogni tipo di domande, sospetti e gelosie. Non si lasciano educare dalla sua sapienza. Gesù non può essere compreso dall’esterno. Si deve entrare in contatto con lui. Lasciare che ci insegni cose tanto decisive come la gioia di vivere, la compassione o la volontà di creare un mondo più giusto. Lasciare che ci aiuti a vivere alla presenza amichevole e vicina di Dio. Quando uno si avvicina a Gesù, non si sente attratto da una dottrina, ma invitato a vivere in modo nuovo.
Il cristiano oggi ha impoverito la sua esistenza credendo che quello razionale sia l’unico pensiero valido e definitivo, ed è divenuto interiormente cieco per poter cogliere la cosa più essenziale. Ha sviluppato in maniera insospettata le sue tecniche di osservazione e di analisi della realtà, ma ha perso il senso del trascendente.
L’umanità ha bisogno di ritrovare la sua «patria religiosa». Urge una «trasformazione della coscienza».
La vita di un cristiano comincia a cambiare il giorno in cui scopre che Gesù è qualcuno che gli può insegnare a vivere. Per molti Gesù si è trasformato in un personaggio che credono di conoscere da piccoli, mentre in realtà continua a essere per molti il «grande sconosciuto». Un Gesù senza consistenza reale, incapace di animare la loro esistenza quotidiana.
E, tuttavia, questo Gesù, se meglio conosciuto e più fedelmente seguito, potrebbe trasformare la nostra vita. Non come il lontano maestro che ha lasciato all’umanità un’eredità di meravigliosa sapienza, ma come qualcuno che è vivo e che, dal fondo del nostro essere, ci accompagna con pazienza, comprensione e tenerezza.
Il nostro cuore è disperso, affannato, tutto immerso nelle apparenze, nella utilità ed efficacia dei nostri progetti di vita. Anche per noi Cristo può diventare uno straniero Maritain diceva: «A che servono coloro che preferiscono l’attività, e si immaginano di poter conquistare il mondo con le loro imprese? Che fanno? Poco più che nulla, spesso assolutamente nulla, a volte anche del male». E concludeva: «La “via mista” non è quella ove l’azione si allontana dalla contemplazione, ma quella ove la contemplazione stessa sovrabbonda in azione. Dom Chautard, sintetizza: «Una pausa di vera adorazione ha maggior valore e frutto spirituale della più intensa attività. Gesù parla sempre con autorità, ma sa esprimere cose elevate con un linguaggio concreto. È povero ma non è un asceta: conduce vita ordinaria. Rispetta i riti ufficiali, ma sa essere anticonformista. Non scende a compromessi con il male, e tuttavia è misericordioso con coloro che sbagliano. Chiama all’amore di Dio. È un uomo unico: totalmente servo e totalmente signore. È venuto “a portare il fuoco sulla terra” ed effonde dalla sua persona il fervore di una nuova creazione. Non si può mai conoscere Cristo solo teoricamente, con grande dottrina, senza averlo incontrato mai. Fa parte integrante del conoscerlo il camminare insieme con lui, l’entrare nei suoi sentimenti.