14 Mar Quinta domenica di Quaresima. Giovanni 12, 20-33
Se il chicco di grano caduto nella terra non muore, rimane solo; chi ama la propria vita, la perde.
La parola che in questo famoso versetto viene comunemente tradotta con vita deriva dal termine ebraico nèfesh, tradotto in greco con psiche e dai latini con anima. Nèfesh è una parola che indica l’uomo nella sua dimensione di indigente, la creatura umana nell’ordine e nella spinta dei suoi bisogni. Nèfesh indica ciò che dell’uomo è limite e vulnerabilità, e rappresenta perfettamente tutto il desiderio, le attese, le aspirazioni, la sete di possesso, la vanità dell’uomo.
E’ perciò evidente, in questo contesto, che psiche non indica la vita intesa come il più grande dono di Dio fatto all’uomo, ma la mentalità umana, il modo di pensare e organizzare la vita secondo l’uomo e i suoi sistemi, secondo i suoi bisogni vitali reali, ma anche secondo quelli indotti e deformati dalla cultura e dalla mancanza di amore.
Il tipo di realtà su cui teniamo concentrata la nostra mente e l’intensità di energia che occupa la nostra attenzione determinano il mondo delle nostre emozioni e reazioni emotive.
La psiche si concentra dove dice il cuore, dove il cuore chiede attenzione, dove ognuno ritiene ci sia il tesoro, che deve essere difeso, salvato, custodito, afferrato, posseduto. Gesù non ci chiede di detestare la vita, dono di Dio, ma di mettere al secondo postoil nostro modo umano di pensare e organizzare la vita, la nostra mentalità attenta, concentrata e protesa alla vanità, all’invidia, al potere, al possesso. Gesù chiarisce che nella misura in cui siamo amanti-amici del nostro modo di pensare alla vita, corrispondendo egoisticamente ai suoi bisogni e necessità, si spegne in noi la zoè, “vita spirituale”, che Dio ci ha donato. Se invece smettiamo di difendere ostinatamente il nostro modo egoistico di vivere, così proteso e accentrato su noi stessi, allora comprenderemo che l’amore è la soluzione di ogni problema, di ogni paura. L’amore è la soluzione, l’amore vero, gratuito. All’inizio sarà come perdere ogni riferimento e copertura, ci sentiremo meno difesi e protetti da questo mondo e dal suo sistema, un po’ come pesci fuor d’acqua. Ma poi le cose cambiano.
Se il chicco di grano caduto nella terra non muore, rimane solo. Più di ogni lettura sociologica e psicologica sulle radici del disagio o della felicità umani, Gesù è di una chiarezza disarmante nel mostrarci le cause reali dei nostri malesseri o della nostra felicità. Nella finezza straordinaria e nella coerenza assoluta della parola di Gesù, c’è una sottolineatura raffinata quanto preziosa per imparare a conoscere come funzionano la vita e le cose.
Se non per fede o per amore, anche solo per onestà intellettuale, dovremmo in ginocchio rendere grazie per una rivelazione tale. Se il seme non muore, se non rinunci a te stesso, non solo non porti frutto e sei inutile allo splendore della vita, ma quel che è terribile e non considerato, è che rimani da solo, disperatamente solo. La solitudine, la tristezza, il disagio esistenziale che ci perseguitano, inevitabilmente seguono e derivano dalla nostra decisione di non donare e non donarci, di custodire come un tesoro il nostro modo scorretto di pensare. Se invece il seme rinuncia a custodirsi e accetta di morire a se stesso, cominci finalmente a provare felicità forte, avvolgente. Cominci a vivere la vita veramente in pace e in armonia, magari un po’ perseguitato e isolato dal mondo e dal sistema, ma ripieno di gioia, libero e mai da solo. E’ Dio stesso che ci spiega dolcemente e chiaramente come stanno le cose, anche se noi ascoltiamo più attentamente e volentieri le opinioni degli uomini. Chi non vuole spendersi per gli altri con amore, cercando così di custodire se stesso, perderà oltre a se stesso tutto, se invece si spenderà per gli altri in nome di Dio, lasciando a Dio il compito di custodirlo, accadrà qualcosa di inimmaginabile e bellissimo. Ecco cosa accadrà. Accadrà che non solo Dio stesso custodirà la nostra vita, ma addirittura è scritto: il Padre lo onorerà. Qui accade l’inverosimile, è Dio stesso che onora i suoi figli quando scelgono di servire e spendersi per i loro fratelli.