Guariento Mario | Seconda domenica. Giovanni, 1,35-42.
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Seconda domenica. Giovanni, 1,35-42.

08 Gen Seconda domenica. Giovanni, 1,35-42.

Seconda domenica. Giovanni, 1,35-42.

“Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e fissando lo sguardo su Gesù disse: “Ecco l’ Agnello di Dio”. Il Battista è un vero pedagogo, il genitore modello, perché invita i figli/discepoli a superarlo e ad andare oltre. Egli, infatti, si limita a indicare l’Agnello, mentre i discepoli «seguirono Gesù». Il Battista è coerente con la verità di essere solo «una voce» che anticipa: «È necessario che lui cresca ed io diminuisca.                                                                                                  

Quando Giovanni fissa lo sguardo su Gesù, Agnello di Dio, è lo sguardo che penetra dentro l’intimo della persona e ne svela la realtà più profonda, quella che orienta la sua esistenza. Che cosa cercate?…Dove dimori? Nelle parole interroganti trova origine ogni cosa: la vita, l’amore, la comunicazione, a condizione che affiori una risposta invitante. Gli interlocutori si conoscono, ma cercano dimore per approfondire una relazione appena nata, per instaurare una comunità. Erano le quattro del pomeriggio. Tutte le avventure significanti, comprese quelle con Dio, hanno un’ora e uno spazio singolare e riconoscibile: sono le occasioni degli uomini e di Dio punteggiate sui percorsi di ciascun uomo. Sono occasioni di apprendimento, di relazione, di rinnovamento, di salvezza, di gioia di vivere. E il percorso esperienziale è tratteggiato da momenti di incalzante crescita e progresso: ricercare, domandare, andare, vedere, rimanere, inaugurati dall’impatto di sguardi profondamente umani. Rappresenta la ricerca reciproca che si può svolgere tra Dio e l’uomo, in un contatto appassionato, confidenziale e vivere una singolarissima ed impegnativa esperienza di fede. E poi, dopo l’esperienza divina, si farà ritorno per ritrovare l’uomo, per rimirare i volti nella strada della vita, per raccontare e dar corpo agli incontri, al mistero vissuto. E parlare di Dio, della sua dimora e del cuore autentico dell’uomo. E riaccendere speranze per fare una casa comune, ove ritrovare nomi, identità, e destini di ognuno e insieme di tutti.                                                                                        È fissando lo sguardo che Giovanni riesce a vedere Gesù fin dentro al cuore e lo riconosce come l’Agnello, il mite, umile, divino Agnello di Dio. E’ fissando lo sguardo che ci si innamora. È fissando lo sguardo che si ama. È fissando lo sguardo che si vede oltre. È fissando lo sguardo su di lui che riesce ad annunciarlo ai suoi discepoli in modo così liberante e potente da creare una nostalgia infinita in chi lo ascolta. È fissando lo sguardo che Gesù, il Maestro, ama Pietro, lo guarda dentro, lo sceglie, lo ridefinisce, lo fa rinascere da dentro come Cefa.               E’ fissando lo sguardo su Gesù che giorno dopo giorno ci innamoreremo di lui, fino al punto che lui e lui solo vivrà in noi, dentro di noi, e noi saremo immersi in lui, perché noi siamo quelli sui quali lui ha fissato lo sguardo, il suo sguardo dall’eternità e per l’eternità. Quando ci sentiremo addosso e dentro il suo sguardo di amante, allora la consapevolezza ci concederà di diventare ciò che siamo, figli di Dio.                                                                                                                        Il venite e vedrete di Gesù, che è una risposta alla domanda dei discepoli di Giovanni, Maestro, dove dimori?, in verità non è una risposta, è una rivelazione. È come dire: riversatevi interamente in me con l’impeto di una cascata e io mi riverserò completamente in voi, allora vedrete, vedrete nella consapevolezza, al di là della nube della non conoscenza, e vi si aprirà l’intelligenza e conoscerete la via della Vita. Venite e vedrete non indica un posto, ma lo spazio divino, intimo e riservato dove incontrare Gesù, dove incontrare il cuore e il respiro di Dio. Venite e vedrete non rivela dov’è la casa di Gesù, ma che Gesù ha posto la sua casa e la sua dimora tra noi, non rivela il luogo dove possiamo andare a trovarlo, ma che lui è venuto a trovare noi. 

“Andrea incontrò per primo suo fratello Simon Pietro e gli disse: abbiamo trovato il Messia e lo condusse da Gesù.” La vocazione di fede nasce dove c’è una fitta rete di relazioni affettive e amicali: il fratello chiama il fratello, il chiamato corre a vedere e coinvolge quelli che incontra. Nel momento poi dell’incontro avviene il mutamento del «nome», cioè si prende coscienza del proprio destino e del proprio compito, che prima erano oscuri. Credere è molto facile! Basta abituarsi a ricevere ed essere disposti a cambiare l’orientamento della propria vita. Il mondo non crede perché coloro che dicono di credere, credono nel «dio» della loro idea o del loro sistema di riferimento: il loro «dio» è un «valore» tra gli altri, forse nemmeno il più importante. Dietrich Bonhöffer, lo definisce un «idolosupporto» delle paure sociali dei cristiani a corrente alternata. Andiamo anche noi come i discepoli del Battista a «cercare e trovare» il Signore che chiama e invita a restare con lui: restiamo con Gesù per vedere dove abita e come abita; ci farà scoprire il senso profondo del nostro cuore e l’anelito di ricerca della nostra anima che solo nella fede in lui possiamo estinguere.