13 Dic Avvento 2
Nel linguaggio spirituale l’interiorità, lo spazio interiore, l’anima o il cuore sono immaginati come il centro, il dentro che custodisce la presenza divina, un capovolgimento del senso con cui significhiamo l’esperienza ordinaria dello spazio. Se per noi l’interno, il centro, denota usualmente un luogo chiuso, delimitato, grazie a questa esperienza esso indica un fuori, un’incessante evento di interno ed esterno, poiché ovunque è la presenza, della grazia e dello Spirito. E la creatura umana si scopre e si riflette come immagine e risposta a Qualcuno, possibilità e avvento. Una presenza senza luogo proprio, senza nessun recinto sacro, eppure paradossalmente presente in tutto.
Come non immaginare che in quest’opera si adombri anche la casa del mondo, con l’immensità delle sue stanze e dei suoi piani, la presenza dei popoli e delle culture, lo sviluppo della coscienza umana, e il cosmo. Per il teologo Carlo Molari l’Avvento accade ogni volta che la creatura finita accoglie l’energia creatrice progressivamente, a piccoli frammenti per cui, man mano che il dono divino della vita fluisce, si creano nuovi spazi di accoglienza, più ampi orizzonti di coscienza e amore e si spezza il cerchio fatale del nostro autovantarci. L’essere casa è la possibilità per l’avvento dell’umano e del divino, ma che tali passaggi portano anche le stigmate delle resistenze, del male, le spaccature della storia umana, il cuore di tenebra dell’orrore più cupo. L’Avvento potrebbe farci scoprire noi stessi, le nostre comunità e il nostro Dio non come un monolito, una realtà definita, chiusa, ripetitiva, ma come casa e paesaggio aperto, comunicante, e noi come risposta a qualcuno che non riusciamo mai a definire e racchiudere. Può essere che in questo Avvento un Dio si faccia presenza di grazia che fermenta la realtà, germe di ogni ulteriore sviluppo anche là dove la nostra vita si è arenata, smarrita o ripiegata…