30 Ott Domenica Trentesima. Matteo 22, 34-40
Amerai il Signore Dio tuo nell’intero tuo cuore, nell’intera tua psiche e nell’intera tua intenzione. Amerai il prossimo tuo come te stesso.
Leggi e rileggi queste parole, falle entrare, per quanto ti è possibile, fino alle profondità del tuo essere. Dietro e dentro queste parole è svelato ogni segreto e risiede ogni luce della vita.
In queste parole c’è il cuore e il senso di tutta la bibbia. Qui siamo davanti alla sapienza e ai misteri del cielo e della terra, di tutte le culture, di tutta la storia umana e celeste. E’ la Legge Universale per cui tutto esiste e vive e non muore mai. Il fine fisico delle cose e della vita stessa non è la morte, ma un “ponte” verso una comprensione più profonda e luminosa di questa legge. È il punto d’incontro dove tutte le religioni un giorno si incontreranno e si fonderanno in un unico grande cammino.
Letteralmente è scritto: In questi due comandamenti tutta la legge è appesa (greco: kremànnymi) . E’ il verbo della crocifissione, dell’appendere alla croce. Indica che lì c’è il principio per cui tutto sussiste, tutto può stare in piedi e resistere. E il punto alto, il punto di fissione. E’ il punto fermo a cui tutto, tutto è legato da sempre, per sempre. Tutta la storia dell’uomo, la sua crescita e maturazione sapienziale, la sua evoluzione spirituale, scientifica e sociale, le sue relazioni, il suo cooperare con il proprio lavoro all’opera creatrice, tutta la vita individuale e collettiva dell’uomo è sospesa a questa divina parola, Amerai. Nella crocifissione, l’umanità ha sospeso Gesù per gridare a Dio Padre che Gesù non è stato percepito affatto come amico e Signore, ma come il nemico impostore supremo. Nella croce, Dio Padre ha lasciato sospendere suo Figlio per gridare all’umanità che, amico o no, Gesù è colui che incarna, realizza e annuncia il perdurare dell’amore e, senza di lui, non potremo fare nulla, anzi, verremo nullificati in tutto ciò che senza di lui stiamo facendo A quell’ ama e a quella croce, che lo incarna fino al sangue e al dono totale, tutto è sospeso.
L’amore è la facoltà che «ci fa passare dal non essere all’essere». Lo spirito umano è come il dio marino Glauco, il quale, essendo stato a lungo immerso nel mare, è andato sempre più ricoprendosi di fango, di alghe e di conchiglie, fino a divenire irriconoscibile e fino a sembrare un mostro. E altrettanto è accaduto all’animo umano il quale, a forza di perseguire soddisfazioni deteriori, è andato ricoprendosi di una corazza di incrostazioni e di brutture deformanti: una corazza che solo da un vero ed elevato amore può essere infranta, lasciando così riemergere la nascosta originale bellezza dello spirito.
L’amore, secondo una valida tradizione antropologica, è stato definito come «la facoltà che ci fa percepire l’essenziale bellezza dello spirito umano», anche là ove tale bellezza sia nascosta dall’opaco involucro della banalità, della meschinità e delle deviazioni morali, come pure delle innumerevoli carenze psichiche.
Vista dall’angolazione dell’amore la psiche umana appare quindi dotata di un grande potenziale di godimento, di sensibilità al bene, di gioia.
Non può dunque sfuggire la grande trasformazione che potrebbe portare nel nostro rapporto con la realtà una personale riscoperta dell’amore. Ci troviamo immersi in un universo materiale e spirituale ricco di ogni genere di valori, e tutti potrebbero darci grande gioia.
Purtroppo, però, di fronte a questo illimitato potenziale di gratificazione sta la nostra scarsa capacità di cogliere la trama di bellezza di cui potrebbe essere tessuta la nostra vita quotidiana. Assai spesso, invece, ai nostri occhi e a quelli forse della maggioranza degli individui la vita appare vuota, arida, usuale, monotona.
Nessun uomo che varcherà la soglia di questa vita potrà vivere un solo istante senza sentire la sublime e sconvolgente nostalgia dell’amare ed essere amato.