19 Ago Domenica ventesima. Luca 12, 49-53
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!
Le parole di Gesù ci invitano a lasciarci accendere dal suo Spirito, senza perderci in questioni secondarie o marginali. La sua parola viva e penetrante, la freschezza delle sue immagini e parabole, il suo linguaggio concreto e imprevedibile non ingannano. Gesù è affascinato dalla vita e dal dare vita. La sua passione è la vita: la vita piena, pulsante, sana, la vita vissuta alla sua massima intensità: «Io sono la vita»; «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra»; «Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza». Il suo sguardo non è ossessionato dal successo, dall’utile, dal «ragionevole», dal convenzionale. Quando sentiamo che Dio è Padre e che tutti sono fratelli e sorelle, cambia il nostro modo di vedere ogni cosa. Innanzi tutto c’è la vita felice di tutti, al di sopra delle credenze, dei costumi e delle leggi.
Per questo Gesù non si perde in teorie astratte né si adatta a sistemi chiusi. La sua parola risveglia il meglio che c’è in noi. Sappiamo che ha ragione quando chiama a vivere l’amore senza restrizioni. Non viene ad abolire la legge, però non prova nessuna simpatia per i «perfetti» che vivono correttamente, ma non ascoltano la voce del cuore.
Il suo messaggio scuote, colpisce e trasforma. I suoi contemporanei colgono in lui qualcosa di diverso. Ha ragione Marcus Borg, quando afferma che «Gesù non fu innanzi tutto il maestro di un qualche credo o di una morale. Fu piuttosto il maestro di uno stile di vita, di un cammino di trasformazione». Colui che ha compreso Gesù vive e agisce mosso segretamente dalla passione di collaborazione a un cambiamento totale. Chi segue Gesù porta la «rivoluzione» nel cuore.
Abbiamo bisogno di una rivoluzione che trasformi le coscienze delle persone e dei popoli. Herbert Marcuse scriveva che abbiamo bisogno di un mondo «in cui la competizione, la lotta degli individui gli uni contro gli altri, l’inganno, la crudeltà e il massacro non abbiano più ragione di essere». Chi segue Gesù vive cercando appassionatamente che il fuoco acceso da lui arda sempre di più in questo mondo. L’amore è al centro del Vangelo, non come una legge da compiere, ma come il «fuoco» che Gesù desidera vedere «ardere» sulla Terra, al di là della passività, la mediocrità o la monotonia del buon ordine.
Questa forza creatrice è come un po’ di lievito che deve fermentare la massa, un fuoco acceso che deve far ardere il mondo intero. Gesù sogna una famiglia umana abitata dall’amore e dalla sete di giustizia. Una società che cerca appassionatamente una vita più degna e felice per tutti.
Fuoco e voce segnano la possente e sfuggente presenza di Dio, parola che, come un fuoco che non risparmia, che consuma ciò che tocca. Non dobbiamo limitarci a guardarla da lontano, ad ammirarla e ad ascoltarla; non possiamo neppure prenderla in mano senza che essa ci cambi; non si può lasciarsi raggiungere dal fuoco rimanendo illesi, perché se mi prende la mano vengo scottato. Il contatto con la Parola viva ci infiamma, ci agita, tende a divampare. Per predicare non è sufficiente la teologia, ma occorre l’esperienza bruciante dell’incontro con Dio; non bastano i concetti religiosi, ma è necessario essere penetrati dal fuoco.
La Parola ci illumina, ci informa, ci nutre, ci cambia, e a un certo punto ci apre nuovi orizzonti, ci stimola, ci commuove, ci innamora, ci porta fuori della ragionevolezza con cui io calcolo… Ci spinge a buttarci per amore di Colui che ha parlato, sfidando l’incognita e l’oscurità.
Il momento più drammatico, ma anche più significativo, della vita spirituale, è proprio quello in cui la parola di Dio sembra tacere. Tutta la dottrina di san Giovanni della Croce e di santa Teresa d’Avila, ha il suo acme nella domanda: quale senso dare alla perdita del gusto di Dio e della parola di Dio? Ed è un tema da affrontare perché, prima o poi, a seconda dei diversi momenti del cammino di fede e di preghiera, lo sentiremo urgere in noi.