Guariento Mario | Domenica seconda dopo Pasqua. Giovanni 20,19-31
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Domenica seconda dopo Pasqua. Giovanni 20,19-31

13 Apr Domenica seconda dopo Pasqua. Giovanni 20,19-31

La situazione dell’apostolo Tommaso, descritta da questo vangelo, è la situazione di molte persone che, come quell’apostolo, quando fanno riferimento alle cose di Dio, di Cristo, della Religione, dicono quello che ha detto lui: «Non credo se non vedo». In fin dei conti, tutti noi impariamo per mezzo dei sensi: da quello che vediamo, ascoltiamo, tocchiamo, sentiamo. Ecco perché tutto il «soprannaturale», che non è alla portata dei sensi, diventa per noi un problema. Soprattutto se si tratta di qualcosa che non è dimostrabile mediante argomenti o ragioni che si possano giustificare a partire dal sensibile. I segni sensibili del Risorto sono piaghe di dolore e di sofferenza, che si possono vedere e toccare. Ma non solo questo. Sono anche segni di dolore e di sofferenza nei quali c’è vita. Le piaghe di Gesù, essendo piaghe di morte, si avvertivano in modo palpabile in un essere vivente. Questo è esattamente quello che Tommaso ha visto ed avvertito in modo palpabile. E questo è quello che lo ha portato a riconoscere in Gesù il suo Signore ed il suo Dio. Dio entra attraverso i sensi. Quando i nostri sensi vedono e percepiscono in modo palpabile dolore e sofferenza, piaghe e cicatrici di morte. Ma in quelle nelle quali non c’è morte, ma vita, speranza, futuro. È importante applicare questo alle nostre vite ed alla nostra Chiesa. Si percepiscono in modo palpabile in noi piaghe e cicatrici con vita e speranza? Piaghe di dolore e cicatrici di sofferenza? Quello che fa più danno alla causa di Gesù è vivere ostentando potere, ricchezza, privilegi, importanza, non il dolore di Gesù. In ultimo, conviene notare che il vangelo non presenta Tommaso che mette il dito nelle ferite di Gesù, non le tocca neanche. Vedere le ferite è sufficiente perché Tommaso faccia il suo atto di fede. La beatitudine finale, espressa nel racconto, è per coloro che credono semplicemente sulla base della testimonianza apostolica, senza aver visto loro stessi. Il Vangelo è il migliore messaggio per noi che facciamo il nostro atto di fede nella forza della vita, che vince la morte, perché crediamo nella vita, nel futuro della vita per sempre, anche senza aver visto né toccato l’«Eterno Vivente», Gesù. E finché Gesù sta nel mezzo, con i suoi segni e le sue parole, e la Comunità pone in Lui la sua fiducia, Essa vive e cresce, e riesce ad assicurare nel tempo la pace, la gioia, il perdono, cioè lo Spirito di Dio. Un Grazie particolare a Tommaso, perché ha insegnato alla comunità, come si fa ad indurre Dio ad intenerire il cuore del Figlio che ha riaperto dolorose ferite, per riconfermare il dono della pace e dello Spirito, in nome del quale ricomincia la nuova Storia. Grazie per aver per primo sperimentato e testimoniato la fede nel Risorto in mezzo alla Comunità, luogo naturale di ogni gesto di fede e di amore. Grazie al Risorto che supera muri e barriere, per rivedere volti cari, risentire voci amiche, per riguardare occhi gonfi di ricerche, cuori orfani di amore sincero. E si svela, senza pudori divini: metti qui, guarda, tendi… Ma tutto si dissolve in confessioni umane e profezie divine. Signore mio, amico mio anche se incredulo…Alla fine riemerge l’amore, anche per noi, beati per dono divino. Da qui riparte un nuovo corso, una storia rinnovata di chi crede nella Vita, e nonostante tutto, continua a sperare, e si affianca a Dio per scrivere nel libro annunci e segni comuni di Risurrezione.