11 Apr Giovedì Santo
Questa notte è la notte di Dio, ma anche la notte delle tenebre che sembrano avere il sopravvento sulla luce. Questa notte i soldati «lo legano» ed egli si consegna per farsi portare là dove dovremmo essere noi. Sull’altare del legno non sale più Isacco, ma sale il Figlio di Dio che supplica il Padre di legarlo bene perché vuole evitare che anche involontariamente possa rendere invalido il dono di sé: “Padre, non la mia, ma la tua volontà.” Questa notte vogliamo essere le vergini che munite dell’olio di esultanza vegliano accanto al loro Signore, preda dell’umanità impazzita. Questa notte il Suo corpo è straziato nel corpo degli innocenti violati, dei poveri uccisi, delle vittime della guerra immorale, delle vittime di ogni sopraffazione… il corpo di Cristo è spezzato sulle strade del mondo e noi, questa notte, come l’innamorata disperata del Cantico dei Cantici, andremo «con le lampade accese» per le vie del mondo a cercare «l’amato del mio cuore»: «Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato l’amore dell’anima mia; l’ho cercato, ma non l’ho trovato. Mi alzerò e farò il giro della città per le strade e per le piazze; voglio cercare l’amore dell’anima mia. L’ho cercato, ma non l’ho trovato… quando trovai l’amore dell’anima mia, lo strinsi forte e non lo lascerò». Questa notte è facile non trovare «l’amore dell’anima mia», perché l’umanità inferocita e le tenebre se ne sono impossessate, ma noi veglieremo e non avremo pace finché non lo avremo trovato e poi lo cureremo, lo ameremo, lo veglieremo custodendolo nel nostro cuore donato. Come cristiani possiamo dire questa sera il nostro sì all’amore di Colui che ci ama fino a spezzare la sua vita perché noi possiamo vivere in unità con Lui. Questa notte di tragedia e di angoscia, Giuda tradisce, Pietro rinnega, i discepoli abbandonano: ognuno cerca di salvarsi da sé, senza rendersi conto che si disperdono soltanto. In questa notte di terrore e di solitudine, in questa notte di peccato e di grazia, noi convenuti all’«Eucaristia», vogliamo «far sapere a colui che ama la mia anima» il dono definitivo del nostro «esserci» perché in opposizione a Giuda, Pietro e ai discepoli, «conveniamo» per condividere insieme il destino di Dio che è anche il nostro. Questa notte anche Gesù, anche Dio, soffre la solitudine, la subisce, la teme… ma Lui sa che noi siamo qui per prendere in consegna la Sua Risurrezione e farne il «grembiule» della nostra vita, il metodo della nostra comunità, il segno nostro distintivo per l’umanità. Questa sia la notte del coraggio e della rinascita, nel silenzio di Dio, nel cuore del mondo. Gesù si cinge definitivamente, cioè si lega nella Parola e nel Pane, facendo così dell’Eucaristia il luogo della verità e della rinascita: si consegna a noi, anima e corpo, ogni giorno, giorno dopo giorno, sia che ne siamo degni sia che non lo siamo; egli si consegna perché vuole che non ci perdiamo, ma che apriamo la nostra tenda alla sua Presenza. Gesù si cinge definitivamente di debolezza e di fragilità, fino a diventare Parola annunciata e Pane spezzato: egli si consegna fino ad annullare se stesso per nutrire e alimentare noi che abbiamo fame e sete della verità che è Lui. Questa notte non siamo soli e non possiamo disperare poiché, se tutti fuggono e tradiscono, c’è la Madre, la Vergine Madre, che veglia il Figlio lacerato, piangendo e morendo in silenzio. Con Lei vogliamo tra scorrere la notte, i fianchi cinti con la povertà di spirito, con la carità del cuore e con l’ubbidienza al Signore Servo e Sposo. Con Lei, nella notte dell’amore esplosivo, vogliamo sederci alla mensa del cenacolo per essere e scegliere di essere i discepoli e le discepole che il Signore ama, per essere e voler essere definitivamente l’’anelito della donna amante del Cantico dei cantici; è l’opposto dell’atteggiamento dei discepoli che, abbandonando Gesù al proprio destino, si allontanano da lui e da se stessi. La donna del Cantico, invece, spasima per avvicinarsi, per identificarsi, per «fondersi» con l’amato, invocato come «amore del mio respiro». L’amato è assente, ma il desiderio che travolge il corpo e il cuore della donna amante, lo rendono presente perché è l’ardente passione per lui che guidano i passi del suo cuore spazio d’AMORE per il nostro Dio che è Amore come per i fratelli e le sorelle che il Signore ci consegna quale pegno della sua Presenza!