04 Giu Domenica della Ascensione. Luca 24, 46-53.
L’Ascensione è il paradosso della «novità cristiana: è necessario che Dio si allontani da noi per permetterci di avvinarci tra di noi e riscoprirci figli dello stesso Padre e quindi fratelli e sorelle della carne di Dio che per essere presente di nuovo, ha bisogno di transitare attraverso di noi, le nostre scelte, le nostre dinamiche, la nostra testimonianza credibile. L’Ascensione è la risposta di Dio Padre all’obbedienza del Figlio: in lui si saldano per sempre l’umano e il divino, il tempo e l’eternità, il finito e l’infinito, l’onnipotenza e la caducità. L’Ascensione vuol dire che da ora non è più possibile una storia dell’umanità senza la storia di Dio e la storia di Dio senza la storia dell’umanità, di ogni singola persona umana, che diventa così «comandamento» visibile e incarnato della Presenza di Dio. Ora iniziano i penultimi tempi, i giorni della nostra esperienza che ci separano dal giorno in cui il Signore verrà per radunare tutti i popoli nell’unico ovile che è il grembo dell’unico Padre. Nell’attesa noi celebriamo l’Eucaristia, il sacramento che ci libera da ogni particolarismo e ci rivela a noi stessi che siamo nel mondo sacramento visibile della credibilità di Dio e testimoni del suo amore sconfinato e che nessun fallimento può dire l’ultima parola su di noi perché siamo chiamati ad «ascendere» al cielo, ad andare in alto per abitare e «comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza e la profondità» del cuore di Dio. L’Ascensione ci svela che la solitudine è un banco di prova indispensabile che saggia la verità di una amicizia; la solitudine è segno di maturità e di intimità, di fedeltà accettando qualora fosse necessario, di farsi da parte per il bene dell’altro. L’esperienza della solitudine, con la sua sofferenza, mostra la nostra situazione esistenziale di povertà, di incapacità di colmare il cuore vuoto; il nostro animo non è uno specchio trasparente che tutti possono leggere, ma custodisce un segreto che spesso neppure noi conosciamo. Ma la più profonda verità su noi stessi è che non siamo soli. Nel punto più profondo del mio essere, c’è Dio che mi dona l’abbondanza della vita. Se riusciamo ad entrare in questo deserto e a incontrarvi Dio, diverremo liberi di amare disinteressatamente, liberamente, senza dominare o piangere. Saremo in grado di vedere gli altri non come una soluzione delle nostre esigenze o una risposta alla solitudine che ci tormenta, ma soltanto per gioire della loro presenza. Allora saremo anche capaci di instaurare un rapporto di attenzione e conoscenza e d’amore con Dio nascosto, ma dobbiamo acquistare coscienza della sua presenza accanto a noi, affinché ci abituiamo a conversare con lui e a tenere conto del suo dolce amore. Esulto nei giorni perché tu sempre, con gioco di richiami accendi tutto quello che sono, e non c’è notte che mi spenga. Lo so, lo so che sei vivo più dell’arpa vibrante, più dell’allegro fuoco.