27 Nov DOMENICA 29.11.20
PRIMA DOMENICA DI AVVENTO
L’Avvento non è una preparazione al Natale, come è diventato nell’uso pratico, ma una contemplazione della seconda venuta di Gesù alla fine del tempo come compimento della prima avvenuta con l’incarnazione. Vivere l’Avvento, dunque, è stare radicati nella storia compresa tra le due «venute di Cristo»: la sua nascita storica, che lo circoscrive nel tempo e nello spazio, e la fine del tempo vista come inizio/nascita della vita «metastòrica» e quindi che libera Gesù dai limiti tempo-spaziali per proporlo come modello universale e cosmico, sul versante di Dio. Per la fede cristiana, la storia non giunge alla fine, ma raggiunge il suo fine. L’Avvento, infatti, fluttua tra questi due appuntamenti con il Cristo: uno già sperimentato, la nascita, l’altro atteso alla fine della storia. Nella prima venuta il Verbo si è fatto fragilità assumendo la pienezza dell’umanità nel grembo di Maria: Dio ha relativizzato la divinità condizionandosi al passo e alla misura degli uomini e delle donne. Nella seconda venuta, alla fine del tempo, Cristo ritornerà sulla terra, non più per incarnarsi, ma per liberare l’umanità intera da ogni condizionamento e raccogliere l’eredità della sua prima venuta, ricapitolando in sé tutto il creato. In questa logica, noi, oggi, stiamo vivendo i penultimi tempi, quelli che precedono gli «ultimi» col secondo appuntamento finale. Il testo di Marco di questa domenica pone la sua attenzione sul tema della «vigilanza» presentata come «discernimento», la disposizione interiore che va oltre le apparenze per cogliere il cuore autentico di un fatto, di un avvenimento, di una persona. Vigilare vuol dire cogliere il senso profondo di ciò che accade e discernere significa valutare con sapienza il valore di questo senso per indirizzarlo al suo compimento in sintonia con la volontà di Dio che si manifesta con l’avvento del Signore. Il tema è ripetuto da Marco cinque volte e sempre con forme verbali: state attenti, vegliate, vigilare, vigilate, vegliate; una volta con senso negativo: trovandovi addormentati che è l’opposto del vegliare.
In Marco 13,34 vi sono tre termini «casa … potere … portiere » che è una terminologia tecnica di Marco per parlare della Chiesa. E Gesù continua: “«E’ come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi..»: “la sua autorità ai servi”. Gesù non ha servi; lui l’ha detto chiaramente in questo vangelo che non è venuto per essere servito, ma per servire (Mc 10,45). Quindi ha dato la sua autorità che è il dono dello Spirito facendoli servi di Dio come i profeti, i re, come coloro che hanno ricevuto una missione da Dio per il suo popolo. E’ la capacità di esercitare un’azione divina, come quella che ha esercitato Gesù, cioè il perdono dei peccati, la comunicazione di vita, la liberazione, la carità, l’annuncio: è un’attività di testimonianza dell’essere, come quella di Gesù. Quindi Gesù ha rivestito della sua autorità i servi e «a ciascuno il suo compito»”; è la molteplicità dei carismi. Perciò unico è lo Spirito che anima la comunità, ma le funzioni sono molteplici.
Tutti sono responsabili dell’andamento della casa/chiesa, nessuno è anonimo, ma ognuno è responsabile di tutto perché la Chiesa è Chiesa solo se tutti i suoi figli sono vitali e presenti. È il senso che intendeva il concilio Vaticano II quando, modificando e invertendo lo schema originario sulla Chiesa, antepose il capitolo II che definisce la «Chiesa popolo di Dio» al capitolo III che tratta della «natura gerarchica della Chiesa». “«E ha ordinato al portiere di vegliare»”. La vigilanza è compito specifico del portiere/custode. Pietro deve vegliare nella notte sui servi, custodendo il loro lavoro e la loro tranquilla dedizione all’impegno personale, nel rispetto del potere che ciascuno ha ricevuto. Pietro non ha ricevuto il mandato di spadroneggiare sulla chiesa, ma di essere servo di essa: l’autorità è servizio di vigilanza, perché il regno di Dio giunge all’improvviso e occorre essere pronti ad accoglierlo, in qualsiasi momento. Pietro non è il proprietario della chiesa, ma il vigilante notturno. Nulla è più banale nella vita di ciascuno perché ogni attimo, ogni gesto, ogni atto, ogni alito, ogni pensiero, ogni accadimento sono segnati dalla Presenza di Dio che parla attraverso il codice della incarnazione. L’uomo biblico qui scopre una nuova verità: l’avvenimento umano è il luogo privilegiato della manifestazione di Dio, anzi esso è il nuovo comandamento con cui Dio parla all’umanità. Per incontrare Dio non bisogna più scalare il cielo, ora è sufficiente attendere in terra e cogliere negli eventi la Presenza di Dio. Tendere alla pienezza per il credente in Gesù, significa scendere nelle profondità di sé, della propria umanità perché è lì il luogo primo dell’incontro con Dio. La vigilanza diventa così la caratteristica propria di chi crede, perché egli va in missione nel mondo a cercare i segni di questa Presenza amica dell’umanità che spiega il senso del cammino di ogni uomo e donna. L’uomo non ha più bisogno di spazi e recinti sacri perché tutto il mondo è il luogo dove si può incontrare il Dio dell’avvenimento, il Dio dell’incontro e della comunione. Non è chiudendosi in sé che si trova Dio, ma aprendosi al mondo dal punto di vista di Dio.