Guariento Mario | DOMENICA 24.01.2021
Tutte le opere, i commenti, le riflessioni di Don Mario Guariento
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DOMENICA 24.01.2021

22 Gen DOMENICA 24.01.2021

Marco 1, 14-20

Secondo il vangelo più antico, Gesù «proclamava questa Buona Notizia di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto, il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete nella Buona Notizia». È un buon riassunto del messaggio di Gesù: Si avvicina un tempo nuovo. Dio non vuole lasciarci soli davanti ai nostri problemi e alle nostre sfide. Vuole costruire insieme a noi una vita più umana. Gli esperti pensano che quello che Gesù chiama «regno di Dio» sia il cuore del suo messaggio e la passione che anima tutta la sua vita. La cosa sorprendente è che Gesù non spiega mai esplicitamente in cosa consista il «regno di Dio». Quello che fa è suggerire in parabole indimenticabili come agisce Dio e come sarebbe la vita se ci fosse gente che si comportasse come lui. Per Gesù, il «regno di Dio» è la vita così come Dio la vuole costruire.
Era questo il fuoco che portava dentro.

Sono state scritte opere molto importanti per definire in cosa consista l’«essenza del cristianesimo». Tuttavia, per conoscere il centro della fede cristiana non si deve ricorrere a nessuna teoria teologica. Bisogna innanzitutto comprendere quale fu l’obiettivo di Gesù, il centro della sua vita, la causa a cui si dedicò corpo e anima.
Nessuno oggi dubita che il vangelo di Marco l’abbia riassunto in maniera indovinata con queste parole: «Il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete in questa Buona Notizia ».
L’obiettivo di Gesù fu quello di introdurre nel mondo una società strutturata in modo giusto e degno per tutti. Quando Dio regna nel mondo, l’umanità progredisce in giustizia, solidarietà, compassione, fraternità e pace. A questo si dedicò Gesù con vera passione. Per questo fu perseguitato, torturato e giustiziato. «Il regno di Dio» fu l’assoluto per lui.

Il criterio di misura dell’identità dei cristiani, della verità di una spiritualità o dell’ autenticità dell’ azione della Chiesa è guardare la vita come la guardava Gesù, sentire le cose come le sentiva lui, agire come lui agiva, orientare la vita verso la costruzione di un mondo più umano. Dopo questo riassunto solenne, la prima cosa che fa Gesù è quella di cercare collaboratori per portare avanti il suo progetto. Gesù «passa lungo il mare di Galilea». Non è un rabbino seduto su una cattedra, alla ricerca di alunni per formare una scuola religiosa.

È un profeta itinerante che cerca seguaci per fare con loro un percorso appassionante: vivere aprendo vie al regno di Dio. Essere discepolo di Gesù non consiste tanto nell’apprendere dottrine, quanto seguirlo nel suo progetto di vita. È sempre Gesù a prendere !’iniziativa. Si avvicina, fissa lo sguardo su quei pescatori e li chiama a dare un orientamento nuovo alla loro esistenza. Senza il suo intervento non nasce mai un vero discepolo. Noi credenti dobbiamo vivere con maggiore fede la presenza viva di Cristo e il suo sguardo su ognuno di noi. Chi, se non lui, può dare un orientamento nuovo alle nostre vite?

Per questo la cosa più decisiva è ascoltare dentro di noi la sua chiamata: «Seguitemi». Ascoltare questa chiamata significa destare la nostra fiducia in Gesù, ravvivare la nostra adesione personale a lui, avere fede nel suo progetto, identificarci con il suo programma, riprodurre in noi i suoi comportamenti e vivere animati dalla sua speranza nel regno di Dio.

«Convertitevi, poiché il regno di Dio è vicino». Cosa possono significare queste parole per un uomo o una donna dei nostri giorni? Nessuno di noi è attratto da una chiamata alla conversione. Pensiamo subito a qualcosa di faticoso e poco gradevole: una rottura che ci porterebbe a una vita poco attraente e desiderabile, piena solo di sacrifici e rinunce. È proprio così? Il verbo greco che rendiamo con «convertirsi », in realtà significa «mettersi a pensare», «rivedere l’approccio alla propria vita», «correggere la prospettiva». Se è così, la prima cosa da rivedere è ciò che blocca la nostra vita. Convertirci significa «liberare la vita», eliminando paure, egoismi, tensioni e schiavitù che ci impediscono di crescere in maniera sana e armoniosa. Convertirci non significa impegnarci a essere santi, ma imparare a vivere accogliendo il regno di Dio e la sua giustizia. Solo allora può iniziare in noi una vera trasformazione. La vita non è mai pienezza o successo totale. Dobbiamo accettare l’«incompiuto» , ciò che ci umilia, ciò che non riusciamo a correggere. L’importante è conservare il desiderio, non cedere allo scoraggiamento. Convertirci non significa vivere senza peccato, ma imparare a vivere del perdono, senza orgoglio né tristezza, senza alimentare l’insoddisfazione per quello che dovremmo essere e non siamo, ci invitano a scoprire la conversione come passaggio a una vita più piena e gratificante.
Ma come vivere questa esperienza? Innanzitutto bisogna fermarsi. Non si deve avere paura di rimanere da soli con noi stessi per porci le domande importanti della vita: Chi sono? Che cosa sto facendo della mia vita? Questo incontro con se stessi esige sincerità.
L’importante è non continuare a ingannare noi stessi. Cercare la verità di ciò che stiamo vivendo. Non sforzarci di nascondere quello che siamo, apparendo quello che non siamo. È facile allora sperimentare il vuoto e la mediocrità. Appaiono davanti a noi condotte e atteggiamenti che stanno rovinando la nostra vita. Non è quello che avremmo voluto. In fondo desideriamo vivere qualcosa di meglio e di più gioioso.

Convertirsi significa cambiare il cuore, adottare un nuovo atteggiamento nella vita, prendere una direzione più sana. Collaborare al progetto di Dio. Tutti, credenti e meno credenti, possono fare i passi fin qui evocati. La fortuna del credente è quella di poter vivere questa esperienza, aprendosi con fiducia a Dio. Un Dio che si interessa a me più di quanto faccia io stesso, non per risolvere i miei problemi, ma «il problema», questa mia vita mediocre e fallita, che sembra non avere soluzioni. Un Dio che mi capisce, mi aspetta, mi perdona e vuole vedermi vivere in modo più pieno, gioioso e gratificante.