17 Dic DOMENICA 20.12.20
QUARTA DOMENICA DI AVVENTO
Luca 1, 26 – 38
Oggi, Quarta domenica di Avvento, ci disponiamo a qualche riflessione che ci aiuti a comprendere più in profondità l’incarnazione di Dio nella nostra natura umana attraverso una donna.
“L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea”. Quello che si racconta a questo punto, di così fondamentale importanza per l’umanità, avviene in Galilea, la regione di quelli che in Israele si consideravano ignoranti, impuri, con i quali non si doveva entrare in relazione. Il disprezzo per i galilei era così forte che il rabbino Yojanán ben Zakkai esclamava sempre: “Galilea, Galilea, tu odi la Toráh”. In un popolo perduto, in un luogo disprezzato Dio si fa presente. È lo stile di Dio che si rivela in Gesù. Così sono le abitudini del Dio di Gesù.
“Entrando da lei disse: Rallegrati, piena di grazia.
Che cosa c’è di più stolto di una «ragazzina» anonima, via sicura di fallimento, per la svolta definitiva della storia? Se Dio vuole portare a «compimento la promessa di Genesi 3,15, scegliendo come veicolo una donna, che è una fanciulla, fa un pessimo affare perché si espone al ridicolo. Eppure, nella scelta di Myriam di Nazaret, c’è qualcosa di più che travalica i protagonisti e si estende a tutti i tempi: quasi a dire che quello che capita a Maria adesso, può accadere a chiunque in qualunque ora e tempo. È iniziato il tempo del Messia, il tempo «del compimento», che Paolo descrive in modo magistrale, fissando non il momento storico dell’incarnazione, ma lo stato permanente del farsi uomo di Gesù: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge” (Gal 4,4).
Di che cosa parlano Dio e Maria nell’intimità della casa di Nazaret, lontano dal lusso della corte e della sontuosità del tempio? L’apostolo Paolo non ha dubbi: della «rivelazione del mistero taciuto per secoli eterni» (Rm 16,25). Se il cristianesimo fosse un’invenzione umana, se fosse una costruzione ideologica, nessuno sarebbe stato così stolto da immaginare che Dio avrebbe potuto affidare la rivelazione del «mistero» a una ragazzina la cui testimonianza per legge non aveva valore e la cui consistenza giuridica era inesistente. Nel tempio gli specialisti della religione consultano i documenti, fanno ricerche e sanno «tutto» del Messia che deve nascere: luogo, data, circostanze, simboli, tranne una cosa: non conoscono Dio che ormai identificano con la loro sapienza. Dio è un ingranaggio del loro sistema, è la scusa del loro stile di vita, del loro potere, della loro vanagloria. È il rischio di tutti gli addetti al culto: Dio può diventare il loro idolo e la loro religione tramutarsi in cassa di risonanza di un suono muto che si parla addosso con nulla da annunciare. Nazaret sceglie la via semplice dell’incarnazione e dell’esperienza.
Maria e l’angelo si misurano col mistero di Dio: nel «Fiat» di Maria c’è già tutto il pentagramma del «mistero pasquale»: la Passione, la Morte, la Risurrezione, l’Ascensione, la Pentecoste. È il segreto di Dio che è rivelato agli uomini perché entrino in un’intimità di obbedienza. «Com’è possibile?» «Nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37). Lasciamoci adombrare dallo Spirito Santo perché ci doni la disponibilità di Maria, la generosità della donna per essere capaci di vedere il «mistero» di Dio che l’Eucaristia manifesta, se ci lasciamo invadere dalla Parola, dal Pane, dalla Vita. Facciamo nostro il desiderio di speranza di Isaìa, il profeta messianico per eccellenza: “Stillate, cieli, dall’alto e le nubi facciano piovere la giustizia.”
Alla vigilia del Natale, la frenesia corre, la fede scompare e la religione paganeggiante avanza in ogni direzione. La corsa al regalo, non più espressione di gratuità, ma dovere di circostanza, è un obbligo che esaspera anche gli animi più pacifici. Tutto è pronto per annegare in un mare di banalità l’evento per eccellenza del Cristianesimo, quello che lo differenzia da tutte le altre religioni storiche: l’incarnazione di Dio. Nessuna religione accetterà mai l’idea stessa d’incarnazione perché è «blasfema». Si accetta la presenza «separata» di Dio. Apriamo il nostro cuore e lasciamoci interpellare, perché le novità di Dio possano spalancarci ancora di più il senso di comprensione degli eventi. Siamo nel mondo, ma non vogliamo assumere il costume del mondo, che insegna a dilapidare come superfluo ciò che è necessario per la sopravvivenza della maggioranza dell’umanità. Il bimbo che nasce ci rimanda alle nostre responsabilità, le quali interrogano la nostra coscienza.
Maria viene turbata da quest’annuncio, anche perché in quell’epoca si pensava che Dio non avrebbe mai rivolto la parola ad una donna. La donna era considerata la più lontana da Dio, e l’angelo le dice: “«Non temere Maria perché hai trovato grazia presso Dio»”. Grazia non è una constatazione di virtù di Maria, ma l’amore che Dio ha riversato su questa donna. “«Ecco concepirai un figlio»” – e inizia la prima delle trasgressioni che caratterizzano il vangelo di Luca – “«lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù»”. Contro ogni tradizione, non spettava alla donna dare il nome al figlio, era il padre che normalmente dava al figlio il proprio nome, così si perpetuava la stirpe. Qui inizia già la rottura con la tradizione.
Il primo indizio delle tante rotture della tradizione che poi Gesù porterà a compimento. «Sarà grande, verrà chiamato Figlio dell’Altissimo». Giuseppe è escluso da tutto questo.
Perché Giuseppe viene escluso?
Perché il padre non trasmetteva soltanto la vita fisica, biologica, ma trasmetteva anche la tradizione, trasmetteva anche la spiritualità; in Gesù inizia una nuova spiritualità, una nuova creazione; Lui sarà il Figlio di Dio, seguirà il Padre e in Gesù si realizzerà il progetto promesso di una umanità nuova, un nuovo modo di amare Dio.
Maria? Maria accetta, vuole sapere soltanto le modalità, dice: “come avverrà questo perché non conosco uomo”. Perché non era ancora passata nella seconda fase del matrimonio. Nella prima fase non era permesso avere rapporti con il marito. «Rispose l’angelo: scenderà su di te la potenza dell’Altissimo, ti coprirà con la sua ombra perciò colui che nascerà sarà Santo, sarà chiamato Figlio di Dio». Sta dicendo che sarà il Messia.
E come garanzia, come prova di quanto l’angelo sta assicurando a Maria le dice che “Elisabetta, sua parente, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei che era detta sterile”. Vecchiaia e sterilità non sono problemi per l’azione del Signore, per realizzare i suoi progetti. Perché nulla è impossibile a Dio. La forza creatrice di Dio non ha limiti, però esige la collaborazione dell’uomo che deve ascoltare la sua parola, fidarsi di questa parola, e poi, agire di conseguenza. “«Allora Maria disse: ecco la serva»”. Maria non dice che è una serva del Signore, dice che è la serva; nei testi biblici Israele viene chiamato il servo del Signore, quindi Maria si viene ad identificare, rappresentare quelli che sempre si sono fidati del Signore, l’Israele del Signore. E qui c’è l’altra trasgressione con la quale si chiude questo brano, “avvenga di me secondo la tua parola”.
Come si permette Maria di accettare questa proposta senza aver consultato e ottenuto il permesso da parte del padre o del marito?
Era inconcepibile in una cultura del genere che una donna prendesse una qualsiasi decisione senza il permesso, l’autorizzazione da parte del padre o marito. Maria continua questa trasgressione: sarà lei a dare il nome al figlio, e sarà lei che decide senza chiedere nulla al marito né al padre. Il vangelo di Luca inizia con questa novità di aprirsi al nuovo di cui Maria, la donna dello Spirito è l’esempio eclatante. Dio bussa alla porta del cuore di questa fanciulla, chiedendo sommessamente di entrare nella storia dell’uomo e attende trepidante una risposta, per rispettare la sua libertà, la libertà di ogni uomo. È il Dio della misericordia, che vuole perdonare nella libertà, per manifestare l’Onnipotenza, si fa impotente dinanzi alla libertà dell’uomo; assisterà alla morte del Figlio per esprimere il suo perdono. Attende l’adesione alla proposta di Salvezza. Maria s’immerge nella volontà di Dio e ora nel momento in cui Dio la chiama per essere lo spiraglio di luce per tutta l’umanità, lei non trova altre parole che quelle che ha recitato ogni giorno nel suo cuore: «Oh, sì! Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38).