01 Lug DOMENICA 04.07.2021
Marco 6, 1 – 6
“Giunto di sabato Gesù si mise ad insegnare nella Sinagoga. E molti, ascoltandolo, rimanevano stupiti…ed era per loro motivo di scandalo.” Il rifiuto dopo un iniziale entusiasmo, e tra elementi di meraviglia e stupore, diventa poi totale. E si rafforza con motivi di inopportunità e di disagio provocati da tali annunci: nato tra noi, condivide limiti ed un basso stato sociale, è un uomo comune, anzi, nato da Maria, che non può arrogarsi poteri di innovatore di mentalità, di coscienze, di scelte di vita. La comunità di Nazaret scandisce paradigmi di pensiero e di vita comuni a tante altre nel tempo, forse fino a noi. Altre comunità, per sentieri diversi riescono a riconoscere Gesù che con sapienza e dedizione propone novità e bellezza e realizza prodigi in ogni coscienza: lo incontrano senza proclamare sentenze, sorretti da stima e fiducia, sperimentando il miracolo di cuori puri: è il miracolo della sintonia divina con le umane attese, realizzato per i sentieri della storia di ogni persona, di ogni famiglia, di ogni comunità, che fa finalmente nuovi i cuori degli uomini. Qualunque sia l’atteggiamento del popolo, accogliente, repulsivo e ostile, Dio ha scelto di farsi compagno di strada, ha deciso di camminarci accanto, come promessa e profezia di un tempo nuovo e migliore. Dio sa che l’amore può essere soltanto un dono e mai un dovere; non ci impone la sua presenza, semplicemente continua ad offrirci la sua vicinanza e fedeltà. Dio è l’innamorato che mai si stanca di amare, anche se rifiutato continua ad esserci. Possiamo negare a Dio molte cose, possiamo perfino irridere il suo amore e la sua fedeltà verso di noi, ma non possiamo impedirgli di continuare ad amarci. Il Signore, rifiutato, continua ad essere per noi guarigione, attenzione, cura e custodia, con delicatezza e con tenerezza. A chi lo insulta chiedendosi dove si è nascosto Dio nel nostro tempo. O a chi lo prega dicendo: ”padre che sei nei cieli restaci! Qui non abbiamo bisogno di te!” Il Signore risponde: ”dove sei Adamo?” E allora noi ci chiediamo in questa Eucarestia: dove sono io, dove siamo ognuno di noi nel nostro cammino di umanizzazione, nella fatica di fare verità con noi stesi e verso gli altri? Stiamo crescendo o ci siamo arresi? Siamo figli del coraggio o della paura? Gesù, come ogni profeta, è trattato come uno straniero nella sua patria, ed è straniero proprio perché il profeta non ha patria e le sue parole, la sua sapienza, il suo smisurato amore vengono da altrove. I suoi concittadini vivono il conflitto tra Nazaret e l’Altrove da cui Gesù attinge vitalità e sapienza, tra le consuetudini e le leggi di Nazaret e la logica del Cielo, la logica di Dio. Nazaret siamo ognuno di noi, con la nostra logica, i nostri convincimenti, i nostri interessi e le nostre certezze che molto spesso sono semplicemente le nostre paure; le tante paure che ci abitano. Il conflitto è tra lo straordinario e il quotidiano. Tra la logica del buon senso, a volte davvero a basso costo, e l’insperabile, anima dei profeti e dei sognatori. I suoi compaesani hanno ragione e tanto buon senso quando gli dicono:” hai un mestiere, hai una casa, hai una madre, dei fratelli e delle sorelle, trovati una donna e metti su famiglia. Cosa vai cercando con il cuore fra le nuvole? Sei un buon falegname, hai la tua famiglia, hai il tuo clan, qui c’è la Sinagoga e c’è il Libro della Thora. Non ti basta? Ma è questo il senso del vivere. Questa la tua identità. Cos’altro cerchi tra le nuvole del cielo?”
Questo è Nazaret che ognuno di noi si porta dentro; magari ne siamo scontenti, magari cerchiamo evasioni, chi può si arrangia, se puoi di più regalati le ferie, se puoi molto fatti una crociera, cambia casa, cambia macchina, qualcuno cambia anche molto di più facendosi e facendo molto male ma il tutto nella logica di Nazaret, la logica del buon senso, nella logica del sii forte, fatti valere, fatti rispettare, cogli e godi di tutti i frutti possibili della vita. Poi sei arrivato tu, amore straniero, a dire: ”ama senza aspettarti il contraccambio; tutto quello che hai, tutto quello che sai, tutto quello che sei diventi comunione. Scopri quanta gioia c’è nel dare gioia e dignità agli altri, sei venuto a dire beati i miti, beati i costruttori di pace, invincibile è la forza dei poveri; sei venuto a dirci che Dio ci redime anche dai nostri rifiuti, che Dio salva. E ti sei meravigliato che nessuno di noi sia capace di stupore, di gioia profonda. Nessuno di noi disposto a scoprire e a gioire che Dio è infinitamente di più di ciò che sappiamo di lui, che Dio non è la ragione delle nostre paure ma il fondamento di ogni nostra possibile gioia e la radice per capire chi siamo noi finalmente; perché sappiamo così poco anche di noi stessi. Capire che noi tutti siamo molto di più di ciò che sappiamo e che la nostra definitiva personalità, la nostra identità più vera non è quella raggiunta ma quella che il Signore ci chiama a raggiungere, facendo spazio ai sogni e alle profezie, ai doni del suo Spirito e della sua grazia. Salviamo almeno lo stupore, non avviciniamoci a Dio come ad un potente re orientale davanti al quale siamo solo miseria e indegnità: Dio ci chiama a divenire suoi figli, Lui ci ama come figli, ci chiede di imparare a sentirlo Padre da cui ricevere attenzioni e cure e non un padrone di cui sappiamo solo esser servi. Impariamo ad accostarci a Cristo e ad ogni creatura come se fosse sempre la prima volta, il primo incontro, il primo sguardo, la prima parola, il primo abbraccio, il primo bacio. E impariamo anche ad incontrarci tra di noi portandoci nel cuore non la stanchezza rassegnata di chi pensa di aver capito tutto e di sapere tutto ma lo stupore di chi sempre attende novità. La solitudine più amara non è di chi, rientrando a casa la sera non trova nessuno ad attenderlo. Ma di chi rientrando a casa non accende la luce, non apre neppure la finestra, non prepara la cena; convinto che tanto nessuno verrà a bussare alla sua porta. Se siamo veri, se siamo coerenti, se siamo fedeli alla vocazione della nostra anima, nulla e nessuno potrà mai separaci dall’amore di Cristo, ma saremo sempre pronti nel rendere conto a tutti della speranza che è in noi e ci stupiremo, sì, delle opere di Dio, perché sapremo leggerle e accettarle per quello che realmente sono: opera di salvezza e di liberazione. Che possiamo non essere mai gelosi dei doni e delle ricchezze degli altri, con l’aiuto di Dio.