Guariento Mario | PENTECOSTE
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PENTECOSTE

21 Mag PENTECOSTE

Giovanni 15, 26-27 ; 16, 12-15

Il brano del vangelo del giorno di Pentecoste ha una funzione altamente pedagogica perché intende educare alla relazione come rapporto e non come possesso. Gesù «deve andare via», se vuole che i suoi discepoli vivano da sé la loro vita e imparino a confrontarsi con gli eventi e anche con gli strappi, le separazioni, gli abbandoni e le lontananze. Se Gesù non andasse via, tutto finirebbe con lui e per i credenti non vi sarebbe né storia né vita. Per questo la partenza di Gesù è presentata come una ricchezza di sovrabbondanza: egli afferma come un ritornello ricorrente che torna al Padre, avendo concluso la sua missione, affermando così che si nasce alla vita per un ruolo o una funzione o un servizio. Se egli non fa spazio, andandosene, non può venire lo Spirito, il Paràclito che a sua volta deve svolgere la sua funzione che non è sovrapposta a quella di Gesù, ma si situa in un contesto di continuità. La presenza fisica di Gesù è limitante perché è circoscritta alla geografia e al contatto fisico, l’azione dello Spirito è molto più ampia perché si colloca nella dimensione della conoscenza e della ricerca, di costituisce il perno in forza della sua «dimora» tra i discepoli come testimone e garante della presenza spirituale del risorto.

La missione di Gesù e quella del Paraclito sono speculari, l’una essenziale all’altra in vista dello stesso scopo: guidare gli apostoli a imparare a vivere oltre la presenza fisica e imparare a scoprire e «vedere» la presenza del Signore nella dimensione della fede. Presenza «spirituale» non significa astratta o invisibile in quanto opposto a fisico, ma indica un modo nuovo di essere in un mondo nuovo, generando una modalità nuova di relazionarsi tra le persone per realizzare il «regno di Dio». Gesù non ha detto tutto ai suoi amici, ma non per questo essi rimarranno all’oscuro perché il compito di spiegare loro il senso degli eventi è proprio dello Spirito. Gli apostoli non posso conoscere la profondità di Cristo se si fermano alla conoscenza carnale, ma devono uscire dal proprio materialismo se voglio realizzare l’orizzonte che ha sperimentato l’apostolo Paolo: il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio». A Pentecoste nasce la possibilità della visione di una nuova storia che nel cammino insieme al Paràclito diventa «teologia della storia» e nella sperimentazione della fede si fa «storia che diventa salvezza».

Camminare nella storia con questa prospettiva e questa «pedagogia» significa camminare «nel» mondo senza essere «del» mondo, vivendo un’avventura non solitaria, ma immersa nel Signore che si è impegnato a sostenerci in questa nostra progettualità di guardare al futuro basato sull’esperienza di fede. Andare fuori da questi confini e cercare alleati nel mondo per affrettare i tempi della realizzazione o usare mezzi non spirituali per accorciare le strade della riuscita, è tradire il Signore e il suo Spirito. Su questo si gioca la nostra credibilità e anche quella di Dio e del suo Cristo. Pentecoste è l’annuncio universale che la potenza di Dio si manifesta nella debolezza del corpo che è la Chiesa, la quale deve essere cosciente di essere solo uno strumento docile al fuoco dello Spirito con il quale incendiare il mondo. Se, però, la Chiesa usa i metodi del mondo e si adegua al suo stile, essa è un pericolo per il mondo, un ostacolo alla conversione e pietra di scandalo per i deboli. La Chiesa, nel giorno di Pentecoste, sa di essere solo «un sacramento»: niente di più e niente di meno di un «segnale» che indica la strada senza possederla.

A Pentecoste è la Chiesa che entra a servizio del mondo, non il contrario. Il rapporto tra la Chiesa e il mondo può solo essere un rapporto di servizio. Con una grande visione di fede il Patriarca Atenagora affermava: Senza lo Spirito Santo Dio è lontano, Cristo rimane nel passato, il Vangelo è lettera morta, la Chiesa è una semplice organizzazione, l’autorità è una dominazione, la missione una propaganda, il culto una evocazione, e l’agire dell’essere umano una morale da schiavi.
Ma nello Spirito Santo: il cosmo è sollevato e geme nella gestazione del Regno, Cristo risorto è presente, il Vangelo è potenza di vita, la Chiesa significa comunione trinitaria, l’autorità è un servizio liberatore, la missione è una Pentecoste, liturgia è memoriale e anticipazione, l’agire umano è divinizzato. La Pentecoste, sostanzialmente, si ripete ogni giorno, in ogni attimo di illuminazione, in ogni fermento spirituale, in ogni volontà di abnegazione, senza lingue di fuoco, senza rumore di vento, ma come realtà mistica di interiore comunicazione e di rivelazione di grazia.

A Pentecoste si rinnova l’alleanza nuova, perché Gesù stesso è l’alleanza eterna il cui Spirito si fa «Consolatore/Avvocato/Difensore» di coloro che accettano di ripercorrere le vie del mondo per testimoniare in favore di Gesù il Giusto e per ristabilire la verità dell’umanità che prendendo coscienza  del suo errore possa convertirsi ed entrare nel «mistero/verità» della vita che è la persona stessa di Gesù di Nazaret, l’uomo nuovo, il Figlio di Dio, il cui Spirito respira in ciascuno di noi. Lo Spirito Santo è presente «oggi» nella Chiesa e nel mondo per traghettarli verso il compimento della pienezza che si perfezionerà alla fine della Storia. Nel frattempo, noi camminiamo, non più senza meta, ma consapevoli di un passato alle nostre spalle che è garanzia della futura prospettiva. Per questo, partecipando all’Eucaristia, alimentiamo la fede che nutre e sostiene la speranza, sperimentando e forgiando la libertà, come condizione dei figli di Dio.

Molto intrigante per il nostro vivere rassegnato e sfiduciato è la preghiera di Jean Debruynne: “Ho detto a Dio che la sua Pentecoste non valeva gran cosa e che il suo Spirito Santo non era tanto efficace con tutte queste guerre, queste divisioni, questa gente che muore di fame, questa droga e tutti questi omicidi. Ma Dio mi ha risposto: E’ a te che ho donato il mio Spirito. Che cosa ne hai fatto? Chi farà la giustizia se tu non incominci ad essere giusto? Chi farà la verità se tu stesso non sei vero? Chi farà la pace se tu non sei in pace con te stesso e con i tuoi fratelli? Sei tu che io ho inviato per portare la buona notizia. “