Guariento Mario | DOMENICA 18.10.20
Tutte le opere, i commenti, le riflessioni di Don Mario Guariento
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DOMENICA 18.10.20

19 Ott DOMENICA 18.10.20

Matteo 22, 15-21

Il gesto di Gesù è davvero illuminante. I sacerdoti, gli scribi e dottori del Tempio vivono schiavi del sistema, poiché, utilizzando quella moneta coniata con simboli politici e religiosi, stanno riconoscendo la sovranità dell’imperatore. Non è il caso di Gesù, che vive povero, ma libero, dedito ai più poveri ed esclusi. Gesù aggiunge qualcosa che nessuno gli ha chiesto. Gli chiedono dei diritti di Cesare e lui risponde loro ricordando i diritti di Dio: «Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio». Nessuno può imprigionare Dio nella gabbia del proprio pensiero e dei propri schemi perché Dio è sempre più grande. Questo è lo scopo della Parola: imparare a riconoscere la grandezza di Dio per renderlo libero nella nostra vita da  schemi angusti, per apprendere a spezzare la nostra storia e il nostro cuore come Gesù spezza la Parola e condivide il Pane e il Vino della sua persona. Alla scuola dell’Eucaristia impariamo a riconoscere i segni dei tempi che sono anche i sacramenti della presenza di Dio nella storia di tutti gli uomini e nella nostra. Il vangelo di oggi, non parla di divisione di potere in sfera religiosa e laica che è un pensiero totalmente estraneo al pensiero di Matteo e a quello dei contemporanei. Gesù ci dice soltanto che coloro che usano il denaro dell’imperatore romano, gli riconoscono l’autorità, di cui quel denaro è segno.La prima cosa per Gesù è la vita, non la religione. Lo si vede infatti sempre preoccupato di suscitare e sviluppare, in quella società, una vita più sana e più dignitosa. Pensiamo alla sua azione nel mondo dei malati: Gesù si accosta a coloro che vivono la loro vita in modo svalutato, minacciato o insicuro, per risvegliare in loro una vita più piena. Pensiamo alla sua vicinanza ai peccatori: Gesù offre loro quel perdono che renda la loro vita più dignitosa, riscattata dall’umiliazione e dal disprezzo. Gesù li libera da una vita alienata e alterata dal male. I poveri sono coloro per i quali la vita è un carico pesante, poiché non possono vivere con un minimo di dignità. Laddove un essere umano non può vivere con dignità, la creazione di Dio appare come viziata e annullata. La prima cosa di cui hanno bisogno le persone è vivere, e vivere con dignità. Gesù li invita a confidare nella salvezza ultima del Padre, ma lo fa salvando la gente dalla malattia e alleviandone mali e sofferenze. Annunzia loro la felicità definitiva nel seno di Dio, ma lo fa dando dignità, pace e felicità a questo mondo. A volte, noi cristiani esponiamo la fede con un tale groviglio di concetti e parole che pochi si rendono conto di quello che è esattamente il regno di Dio di cui parla Gesù. Dio vuole una sola cosa: una vita più umana per tutti e fin da ora, una vita che raggiunga la sua pienezza nella vita eterna. Per questo non si deve mai dare a nessun Cesare quello che è di Dio: la vita e la dignità dei suoi figli. Lo hanno interrogato insidiosamente sul problema dei tributi e Gesù risolve prontamente il problema introducendo un’idea nuova che non compariva nella domanda degli avversari. In modo inaspettato inserisce Dio nella questione. L’immagine della moneta appartiene a Cesare, ma gli uomini non devono dimenticare che portano in se stessi l’immagine di Dio e, dunque, appartengono solo a lui. Per Gesù, Cesare e Dio non sono due autorità di rango paragonabile, che devono ripartirsi la sottomissione degli uomini. Dio è al di sopra di qualsiasi Cesare, e costui non può mai esigere quello che appartiene a Dio. 

In tempi in cui cresce il potere dello Stato e ai cittadini risulta sempre più difficile difendere la propria libertà in una società dove quasi tutto è diretto e controllato, noi credenti non dobbiamo farci rubare la nostra coscienza e la nostra libertà da nessun potere. Certamente dobbiamo onorare i nostri doveri civici, ma non dobbiamo farci modellare né dirigere da nessun potere che ci metta in contrasto con le esigenze fondamentali del regno di Dio. 

Le relazioni tra fede e politica non sono mai state facili. Neanche quelle tra la Chiesa e i politici. A volte sono questi che cercano di utilizzare il religioso per difendere la loro causa. Altre volte, è la Chiesa a cercare di servirsi di loro per i propri interessi. E frequentemente non si valorizza debitamente l’importante attività del politico né lo si aiuta a scoprire il ruolo che la fede può giocare nel suo compito. Per chiarire, forse dobbiamo cominciare ricordando due dati largamente riconosciuti dall’esegesi attuale. Da una parte, il progetto del regno di Dio messo in moto da Gesù cerca di promuovere una trasformazione profonda nella convivenza umana e, per questo, è chiamato ad avere una ripercussione politica, nel senso ampio del termine, vale a dire nella promozione del bene comune della società. D’altra parte, però, Gesù non utilizza il potere per portare avanti il suo progetto, e per questo si allontana dalla «politica », dall’uso tecnico del potere al fine di strutturare la convivenza. Il regno di Dio non si impone col potere, la forza ma penetra nella società con la semina e l’accoglienza di valori come la giustizia, la fraternità, la solidarietà o la difesa dei deboli.

Il cristiano non è alternativo, ma è dentro il mondo in cui deve lavorare come il sale  e il lievito,  impegnandosi anche nella propria trasformazione. In questo programma non cerca alleanze e scorciatoie, ma offre solo una proposta come appello alla coscienza libera che tanto viene coinvolta quanto più è rispettata e valorizzata. Il cristiano non ha soluzioni cristiane, ma ha solo se stesso che dona in modo gratuito nella logica della croce e risurrezione. La prospettiva che Gesù pone con la questione del tributo a Cesare è una prospettiva soprannaturale all’interno del criterio di incarnazione che è la logica del chicco di grano che deve cadere in terra e morire se vuole portare frutto. Il cristiano non lotta per avere uno strapuntino di potere nel mondo, ma lascia ogni potere per assumere in pieno ciò che gli compete e gli appartiene di diritto: la testimonianza che pone il grande capitolo dell’etica. Non esiste un’etica cristiana in contrapposizione a un’etica umana o naturale. Esistono persone che non fanno riferimento ad alcuna Chiesa e forse neanche a Dio, eppure conducono una vita morale ineccepibile, spesso anche superiore a quella di credenti conclamati.

 Per un credente è più facile perché ha la forza e la luce di un fondamento fuori di sé; per il non credente o per l’ateo è più difficile perché di volta in volta devono fondare la loro scelta e il loro agire all’interno della loro coscienza. L’eucaristia che celebriamo ci restituisce la nostra immagine nell’immagine del Figlio, Parola e Pane che si consuma per servire e non per essere servito.

Che ne è stato di questo invito? Appagati dal nostro benessere, sordi a tutto ciò che non sia il nostro interesse, crediamo di non aver bisogno di Dio. Non ci stiamo abituando poco a poco a vivere senza il bisogno di una speranza ultima? Nella parabola di Matteo, quando coloro che hanno campi e affari rifiutano l’invito, il re dice ai suoi servi: «Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze». L’ ordine è inaudito, ma riflette quello che sente Gesù; nonostante tanto rifiuto e disprezzo, ci sarà una festa. Dio non è cambiato. Bisogna continuare a invitare. Ma ora è meglio andare ai “crocicchi delle strade” dove transitano tante persone di passaggio, senza campi né affari, che nessuno ha mai invitato a una festa. Sono loro a poter comprendere meglio di tutti l’invito. Loro possono ricordarci la necessità estrema che abbiamo di Dio. Possono insegnarci la speranza. Anche oggi è possibile ascoltare Dio. Nelle società sviluppate dell’Occidente la religione è in crisi. Sono sempre meno quelli che si interessano delle credenze religiose. La società scivola verso una crescente indifferenza. Tuttavia, c’è qualcosa che noi credenti non dobbiamo mai dimenticare. Dio non è in crisi. Dio è anche oggi in contatto immediato con ogni essere umano. La crisi del religioso non riesce a impedire che Dio continui a offrirsi a ogni persona nel fondo misterioso della sua coscienza. Da questa prospettiva, è un errore «demonizzare» eccessivamente l’attuale crisi religiosa, come se fosse una situazione impossibile per l’azione di salvezza di Dio. Non è così. L’essere umano mantiene intatte le sue possibilità di aprirsi al Mistero ultimo della vita, che lo interpella dall’intimo della sua coscienza. La parabola degli «invitati alla festa di nozze» lo ricorda in modo efficace. Dio non esclude nessuno, la sua unica aspirazione è che la storia umana termini in una festa gioiosa. Il suo unico desiderio è che la sala spaziosa del banchetto si riempia di invitati.