Guariento Mario | DOMENICA 11.10.20
Tutte le opere, i commenti, le riflessioni di Don Mario Guariento
guarientomario, gauriento, don guariento, guariento mario, mario guariento, liturgia guariento
739
post-template-default,single,single-post,postid-739,single-format-standard,ajax_fade,page_not_loaded,,vertical_menu_enabled,side_area_uncovered_from_content,qode-theme-ver-7.6.1,wpb-js-composer js-comp-ver-5.2.1,vc_responsive
 

DOMENICA 11.10.20

09 Ott DOMENICA 11.10.20

Matteo 22, 1-14

Dio sta preparando una festa finale per tutti i suoi figli, poiché vuole vedere tutti seduti, insieme a lui, intorno a una stessa tavola, a godere per sempre di una vita piena. Non si accontentava di dirlo solo a parole. Si sedeva a mensa con tutti e mangiava perfino con peccatori e indesiderabili, volendo che tutti potessero vedere nitidamente qualcosa di quanto Dio desiderava compiere. Gesù non faceva pressione su nessuno. Annunciava la buona notizia, faceva nascere la fiducia nel Padre, toglieva la paura, accendeva la gioia e il desiderio di Dio. Il suo invito doveva giungere a tutti, soprattutto a coloro che avevano più bisogno di speranza. Gesù sapeva che l’invito poteva essere rifiutato. Nella versione di Matteo si descrivono diverse reazioni. Alcuni lo rifiutano in modo cosciente, altri rispondono con indifferenza, c’è anche chi reagisce in modo ostile contro i servi. Sono molti quelli che non ascoltano più alcuna chiamata di Dio. Per loro è sufficiente rispondere di sé solo a se stessi. Senza essere forse molto coscienti di ciò, vivono un’esistenza “solitaria”, chiusi in un perpetuo monologo con se stessi. Il rischio è sempre lo stesso: vivere ogni giorno sempre più sordi a ogni chiamata che possa trasformare la vita. Essere nella Chiesa formalmente non è una garanzia di vivere nella sapienza di Dio. Non basta essere battezzati e fare parte della Chiesa, bisogna avere anche l’abito: bisogna, cioè, volerci e saperci stare con un atteggiamento interiore libero, radicato nell’amore e nella coscienza di essere invitati-ospiti alla mensa della vita di Dio.

La dimensione del banchetto eucaristico costituisce la nervatura interiore della celebrazione. Forse uno dei compiti più importanti della Chiesa oggi è quello di creare spazi e facilitare esperienze dove le persone possano ascoltare in modo semplice, trasparente e gioioso l’invito di Dio proclamato nel vangelo di Gesù. Andare ai crocicchi delle strade. Gesù conosceva molto bene la vita dura e monotona dei contadini per guadagnare un denaro per vivere. Quale esperienza più gioiosa poteva esserci per quelle persone che essere invitati a un banchetto e potersi sedere a tavola con i vicini, condividendo una festa di nozze? La vita non è solo questa vita di travagli e preoccupazioni, pene e dispiaceri. Dio sta preparando una festa finale per tutti suoi figli e le sue figlie. Ci vuole vedere tutti seduti con lui, intorno a una stessa mensa, a godere per sempre di una vita pienamente felice. Non si accontentava solo di parlare così di Dio. Egli stesso invitava tutti alla sua mensa e mangiava perfino con peccatori e indesiderabili. Li voleva vedere ricevere con gioia la sua chiamata e creare tra tutti un clima più amichevole e fraterno che li preparasse adeguatamente alla festa finale.

Che ne è stato di questo invito? Appagati dal nostro benessere, sordi a tutto ciò che non sia il nostro interesse, crediamo di non aver bisogno di Dio. Non ci stiamo abituando poco a poco a vivere senza il bisogno di una speranza ultima? Nella parabola di Matteo, quando coloro che hanno campi e affari rifiutano l’invito, il re dice ai suoi servi: «Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze». L’ ordine è inaudito, ma riflette quello che sente Gesù; nonostante tanto rifiuto e disprezzo, ci sarà una festa. Dio non è cambiato. Bisogna continuare a invitare. Ma ora è meglio andare ai “crocicchi delle strade” dove transitano tante persone di passaggio, senza campi né affari, che nessuno ha mai invitato a una festa. Sono loro a poter comprendere meglio di tutti l’invito. Loro possono ricordarci la necessità estrema che abbiamo di Dio. Possono insegnarci la speranza. Anche oggi è possibile ascoltare Dio. Nelle società sviluppate dell’Occidente la religione è in crisi. Sono sempre meno quelli che si interessano delle credenze religiose. La società scivola verso una crescente indifferenza. Tuttavia, c’è qualcosa che noi credenti non dobbiamo mai dimenticare. Dio non è in crisi. Dio è anche oggi in contatto immediato con ogni essere umano. La crisi del religioso non riesce a impedire che Dio continui a offrirsi a ogni persona nel fondo misterioso della sua coscienza. Da questa prospettiva, è un errore «demonizzare» eccessivamente l’attuale crisi religiosa, come se fosse una situazione impossibile per l’azione di salvezza di Dio. Non è così. L’essere umano mantiene intatte le sue possibilità di aprirsi al Mistero ultimo della vita, che lo interpella dall’intimo della sua coscienza. La parabola degli «invitati alla festa di nozze» lo ricorda in modo efficace. Dio non esclude nessuno, la sua unica aspirazione è che la storia umana termini in una festa gioiosa. Il suo unico desiderio è che la sala spaziosa del banchetto si riempia di invitati.

Tutto è già pronto. Nessuno può impedire a Dio di fare giungere a tutti il suo invito. E’ certo che la chiamata religiosa trova rifiuto in non pochi, ma l’invito di Dio non si ferma. Lo possono ascoltare tutti, «buoni e cattivi», quelli che vivono nella «città» e quelli che camminano senza meta ai «crocicchi delle strade». Ogni persona che ascolta la voce del bene, dell’amore e della giustizia sta accogliendo Dio. Sono sicuro che Dio è vivo e operante nel più intimo del loro essere. Sono convinto che molti di loro accolgono il suo invito per vie che ci sfuggono. La parabola di Gesù è di piena attualità. L’invito alla festa dell’amore e della fraternità continua a farsi ascoltare nel cuore di ogni essere umano; ma i convitati sono occupati con i loro campi, i loro affari. Dove cercano la felicità gli uomini di oggi? A quali porte bussano in cerca di salvezza? Per la grande maggioranza, la felicità consiste nell’avere di più, comprare di più! Possedere più cose e più sicurezza. Altri cercano il piacere immediato e individualista; si deve fuggire dai problemi; rifugiarsi nel piacere del presente. Sono molte le offerte di salvezza nella nostra società. Ma sono offerte parziali, riduttive, non proporzionate a tutto quello di cui l’essere umano è alla ricerca. E l’invito di Dio continua a risuonare, lo dobbiamo percepire non al margine, ma in mezzo alle insoddisfazioni, gioie, lotte e incertezze della nostra vita. “Perfino là dove si cerca o ci offre qualcosa di parziale che ha accoglienza tra gli uomini, si dovrà scorgere Dio che cerca di arrivare all’uomo” (José Mardones).

Gli uomini continueranno a essere degli eterni cercatori di orientamento, felicità, pienezza, verità, amore. Continueranno a cercare, in un qualche modo, l’Assoluto. Nella nostra vita, a volte tanto sventata e superficiale, nella nostra vana ricerca di felicità totale, non stiamo forse mancando di ascoltare un invito che, forse, altri uomini e donne semplici e poveri stanno ascoltando con gioia «ai crocicchi delle strade» di questo nostro mondo tanto sconvolto? Nella vita di molti contemporanei mancano le condizioni minime per assumere una posizione seria e responsabile davanti alla fede o alla mancanza di fede. Si vive uno stile di vita in cui non è nemmeno contemplata la necessità di dare un senso ultimo all’ esistenza. Come dice un ateo contemporaneo, semplicemente «siamo noi a dover dare un senso alla nostra vita, vivendola» (F. Jeanson).

La parabola di Gesù torna a ricordare a noi tutti che in fondo alla vita c’è un invito a cercare la libertà e la pienezza per altre vie. E il nostro maggiore equivoco può essere il fatto di non ascoltare per leggerezza la chiamata di Dio, andandocene ciascuno a «i nostri campi e i nostri affari». Continueremo a fuggire da noi stessi, perdendoci in mille forme di evasione, cercando di dimenticare Dio ed evitando accuratamente di prendere sul serio la vita. Ma l’invito non smette.

Al fondo di molte posizioni di mancanza di fede, non si nasconde forse un timore di cambiamenti che necessariamente dovrebbero prodursi nella nostra vita se prendessimo sul serio Dio? Senza dubbio si racchiude una grande verità in questa preghiera di san Giovanni della Croce: «Signore, mio Dio, tu non sei estraneo a chi non si estranea da te. Come possono dire che tu ti allontani? »