Guariento Mario | Domenica diciottesima. Luca 12,13-21
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Domenica diciottesima. Luca 12,13-21

01 Ago Domenica diciottesima. Luca 12,13-21

Gesù conobbe in Galilea una grave crisi socio-economica. Mentre a Sefforis e Tiberiade cresceva la ricchezza, nei villaggi aumentavano la fame e la miseria. I contadini restavano senza terre, e i proprietari terrieri costruivano silos e magazzini sempre più grandi e splendidi. Che cosa ne pensa Gesù di questa situazione?
Ne parlò molto chiaramente in una piccola parabola. Gesù considera una vera follia la vita di quei proprietari terrieri della Palestina, con l’ossessione di raccogliere i loro raccolti in magazzini sempre più grandi. La parabola evangelica ci invita a scoprire l’insensatezza che può racchiudersi in questo modo di impostare la vita. L’essere umano non è solo un animale affamato di piacere e benessere. È fatto anche per coltivare lo spirito, conoscere l’amicizia, sperimentare il mistero del trascendente, essere grato alla vita, vivere la solidarietà. Phil Bosmans  afferma: «L’uomo occidentale è diventato materialista nel suo stesso pensiero, in una sopravvalutazione morbosa del denaro e della proprietà, del potere e della ricchezza». L’ambizione e l’ossessione del benessere sono droghe approvate dalla società. Il compito di realizzare un sano rapporto con se stessi, con le cose e con gli altri non è né facile, né scontato. E’ allora importante e necessario compiere alcuni passaggi perché la povertà evangelica si radichi nel cuore.                                                                                       

Il primo grande passaggio è quello di passare dalla “logica dell’avere” alla “logica dell’essere”.
Esso investe tutta una serie di atteggiamenti, di processi o di spinte motivazionali che sottostanno ai nostri comportamenti e scelte. Avere ed essere si presentano come due modalità basilari dell’esistenza e costituiscono il nostro modo solito di vivere, anzi investono tutta l’esperienza umana: attività, motivazioni, mentalità, intelligenza e affettività.
Secondo questa logica, il rapporto con le cose, con le persone o con il mondo è di possesso, di proprietà, e le relazioni sono continuamente esposte all’ansia e all’angoscia perché la paura di perdere qualcosa si annida sempre nel cuore.
La logica dell’avere si traduce in diverse forme, quali il consumismo, l’incorporazione e lo sfruttamento che innescano dinamiche piuttosto distruttive. Nei confronti delle cose il consumismo punta sulla quantità, ingenera avidità, intemperanza, ma anche dipendenza e bisogno. Entra allora in gioco il meccanismo dell’incorporazione che è una forma di possesso. Nei confronti degli altri diventa un modo per possederli o custodirli come una cosa propria; le relazioni si colorano di possessività e di controllo, di competizione con chi ha di più, di gelosia e soprattutto di invidia. Sicché amare nella modalità dell’avere diventa piuttosto limitazione e prigionia, soffocamento dell’altro, anziché libertà e dedizione.

Anche nei confronti della fede e di Dio questa mentalità può instaurare dinamiche di incorporazione e di possesso. La ricerca e il bisogno religioso possono esprimere la tentazione di ricevere sicurezza e risposte chiare di cui impossessarsi se la fede non viene sufficientemente purificata dalla tirannia del bisogno di gratificazione. La logica dell’essere, invece, è totalmente diversa da quella dell’avere. Innanzitutto rimanda all’essenza e non all’apparenza, esprimendo così la realtà e la verità di sé più che l’apparire. Implica la rinuncia al proprio egoismo, a quella sfrenata voglia di impadronirsi di qualcosa o di qualcuno per goderne.

Amare nella modalità dell’essere vuol dire capacità di lasciare che l’altro sia veramente se stesso, lasciare all’altro la libertà di andare o di restare, attitudine contraria alla possessività. Inoltre, è dare espressione alle proprie qualità e talenti, crescere ed espandersi, auto-trascendersi, e soprattutto occuparsi dell’altro, accettare, accogliere, portare alla vita, contro ogni tentazione di egoismo e di ricerca del piacere personale.