06 Giu LA FESTA DI Pentecoste.
La Pentecoste ristabilisce la verità riguardo a Gesù, e ci fa prendere coscienza della nostra «testimonianza». Giovanni, a differenza dei sinottici, pone la Pentecoste nell’«ora della Gloria», cioè nell’ora della morte e glorificazione di Gesù, dove sintetizza tutto il mistero pasquale. Il monte Sinai della nuova alleanza è il monte Golgota che diventa il trono della teofania definitiva davanti alla Storia. Da questo nuovo monte non scende più un uomo con tavole di pietra, ma vi è innalzato il Figlio dell’uomo che attira tutta l’umanità che ora guarda a Colui che è stato trafitto. Il brano del vangelo di oggi ha una funzione altamente pedagogica perché intende educarci alla relazione come rapporto e non come possesso. La missione di Gesù e quella del Paràclito sono speculari, l’una essenziale all’altra in vista dello stesso scopo: guidarci a imparare a vivere oltre la presenza fisica e imparare a «vedere» la presenza del Signore nella dimensione della fede. Presenza «spirituale» non significa astratta o invisibile, ma indica un modo nuovo di essere in un mondo nuovo, generando una modalità nuova di relazionarsi tra le persone. A Pentecòste nasce la possibilità della visione di una nuova storia che nel cammino insieme al Paràclito diventa «teologia della storia» e nella sperimentazione della fede si fa «storia che diventa salvezza» senza fine. Camminare nella storia con questa prospettiva e questa «pedagogia» significa camminare «nel» mondo senza essere «del» mondo, vivendo un’avventura non solitaria, ma immersa nella Presenza del Signore che si è impegnato a sostenerci in questa nostra progettualità di guardare al futuro basato sull’esperienza di fede. Pentecòste è l’annuncio universale che la potenza di Dio si manifesta nella debolezza del corpo che è la Chiesa, la quale deve essere cosciente di essere solo uno strumento docile al fuoco dello Spirito con il quale incendiare il mondo. Se, però, la Chiesa usa i metodi del mondo e si adegua al suo stile, essa è un ostacolo alla conversione e pietra di scandalo per i deboli. Nello stesso tempo, la Chiesa deve avere una struttura agile e snella perché deve essere più vicina alla tenda del nomade, montabile e smontabile in un batter d’occhio, piuttosto che alla casa in muratura immobile e inamovibile per costituzione. La natura della Chiesa è il pellegrinaggio permanente perché ha l’esodo nel sangue. La Chiesa, nel giorno di Pentecoste, sa di essere solo «un sacramento» che indica la strada senza possederla. La Comunità cristiana nel rapporto con il mondo può solo essere un rapporto di servizio. L’Eucaristia è il momento più alto per la realizzazione di questo progetto: lo Spirito convoca all’azione di grazie del mediatore Cristo, trasformando la dispersione in un «con-venire», in Comunità reale e anche simbolica del desiderio del mondo dell’unità, per realizzare la pienezza dell’amore che resta un impegno finché dura la storia umana che è anche storia di Dio. E contempliamo
Spirito di Dio, sei tu petalo
della nostra meraviglia,
il gioco del nostro cuore
che ci fondi in abbraccio di purissima intesa.
Allora guarderemo insieme quel palpitare d’orizzonte
dove intuiamo vibrante
la trionfale danza dell’eterno.