08 Apr Domenica quinta di Quaresima. Giovanni 8,1-11.
“Maestro, la legge ci comanda di lapidare donne come questa”. Una affermazione violenta come una tempesta su una creatura ferita e fragile come un alito di vento. Su di lei si abbatte una decisione brutale che decreta la morte.
La realtà del mattino di Pasqua, invece, si può percepire soltanto con gli occhi del cuore, poiché tutto ciò che ci dà vita trae origine dallo spazio invisibile dell’eternità; e le donne appaiono essere fin dai tempi remoti le sacerdotesse dei misteri dell’invisibile.
La donna è come il sole. Ogni sera sembra morire rosseggiante come il sangue ad occidente, calando nel sepolcro della notte, e con lui sembra perire la vita stessa; ma, sempre, la luce ritorna nel mondo ad ogni nuovo mattino dando alle persone il coraggio di credere che anche per loro la notte della vita cederà alla luce di un nuovo giorno. Questi scribi invece vogliono condurre la donna al sepolcro, nella tristezza e nell’oscurità; Gesù conduce la donna verso il sole, l’eterno mattino di una luce, che non conosce più tramonto e le dà il potere di suscitare nuova vita, è come un rinascere della vita dopo il freddo e la rigidità dell’inverno. “Chi di voi è senza peccato lanci la prima pietra.” Gesù fa sorgere con la sua parola una solida fiducia del tutto materna che vuole farci vedere ciò che sta sullo sfondo della fatica e del dramma della vita, un amore che vuole che noi viviamo; ed è unicamente questa la speranza che ci rende possibile vivere da esseri umani.
Donna, Sguardo di luce avvolta da un sottile velo di trasparenti lacrime prolunghi in noi la festa di vivere. Sul confine della notte felice corro sul mio sentiero mentre tu mi guardi e getto ovunque il grido della tacita linfa del tuo amore. Oggi mi basta fissare un istante i tuoi occhi che amano per sapere che non potrò mai descrivere la felicità che tu ci doni. Ad un’amorosa intesa basta il profumo dei tuoi occhi ridenti o donna che sai raccogliere nel cuore chiunque abbia voce che chiama.