Guariento Mario | Terza domenica. Marco 1,14-20.
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Terza domenica. Marco 1,14-20.

19 Gen Terza domenica. Marco 1,14-20.

Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e An­drea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. ,Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono. “Pescatori di uo­mini”. Pescare uomini è il compito che Gesù chiede ai suoi discepoli. Pescare gli uomini dal mare dell’ignoranza per ri­condurli alla conoscenza e alla sapienza delle procedure evan­geliche perché non affoghino nella stupidità. Pescare gli uo­mini dal mare dell’addestramento umano, che tende inesora­bilmente a sviluppare nell’uomo unicamente l’ambizione e il possesso, per ricondurli all’umiltà e alla comprensione, perché non affoghino nella miseria e nella violenza. Pescare gli uo­mini dal mare della paura per ricondurli alla luce della fede vera, perché non affoghino nella schiavitù e nella guerra. Pe­scare gli uomini dal mare dell’egocentrismo per ricondurli alla conoscenza della forza inesauribile della condivisione, perché non affoghino nel mare dei poteri forti e nelle fauci dei lupi corrotti e rapaci. Pescare uomini secondo il mandato di Gesù è un compito meraviglioso, perché permette agli uomini di immergersi nel mare del suo amore e nella sua pace.Seguire Gesù unisce. Unisce l’uo­mo in se stesso, gli uomini tra loro, l’umanità a Dio, l’umanità con il creato. Nulla e nessuno al mondo ha la capacità di unire come Gesù, perché Gesù è l’unità stessa da cui tutto è stato creato nelle molteplici me­ravigliose diversità. Chi lavora per Gesù e in nome di Gesù non può avere altro compito che ispirare l’umanità verso il processo dell’unità, ed è evidente che si tratta di un compito sconfinato. L’uomo è diviso dentro, ma la divisione non è la sua essenza, non è diviso per atto creativo divino. Dio ha creato uomini liberi di scegliere, di scegliere chi amare, chi rifiutare, chi seguire, chi non seguire. Dio non ha creato l’uomo diviso in se stesso, la divisione si è innescata nel mo­mento della rivolta, della ribellione contro Dio. Religioni, ceti sociali, legami famigliari, razze, culture, sessua­lità, credo, abitudini, sport, politica, moda, bandiere, mercati, morali si vendono all’umanità come fulcri di unità e antidoti alla separazione, ma in realtà sono usati dal sistema del po­tere per dividere l’umanità, per tenerla in angosciante stato di separazione, perché ciò che è separato e diviso è debole, facilmente controllabile e proteso alla violenza. Gli uomini vi­vono in un mare sconfinato di separazione e divisione. Lo scopo primo e unico degli apostoli scelti da Gesù, dei disce­poli che nella storia decideranno di seguire Gesù è di creare comunione. Essere comunità, preghiera, fede, carità, povertà, obbedienza non hanno alcun divino significa­to e valore realmente spirituale ed evangelico, se non ispirano e operano per l’unità. Lasciare le reti, lasciare il sistema del mondo e quello che il mondo ritiene indispensabile e fondamentale per seguire Gesù, se non è per vivere e ispirare all’unità, non ha alcun senso. Andare dietro a Gesù non si­gnifica seguire un capo religioso, un maestro spirituale, una dottrina, non significa annunciare principi, identificarsi in una confessione religio­sa, ammassare proseliti. Andare dietro a Gesù significa seguire colui che prima e sopra ogni cosa è l’Unità, è seguire colui che tutto e ogni cosa riporterà all’unità e all’armonia di Dio. Se­guire Gesù significa vivere per l’unità e pescare gli uomini che stanno affogando nel mare della divisione e della separazione per immergerli nell’oceano della comunione con Dio.    Conversione, fede e vangelo qui sono sinonimi in stretta connessione. Se la conversione è una modificazione del criterio di pensiero, anzi un rovesciamento di valutazione, la fede è un’adesione a un progetto di esistenza il cui codice è il vangelo, cioè Gesù Cristo, che è il contenuto e messaggero di esso. In questo senso diciamo che il Vangelo è la Persona di Gesù Cristo. Credere però non è un atto che si compie in modo definitivo, una volta per tutte, ma una fatica lenta e progressiva, legata al cammino di crescita della persona umana nella sua reale condizione esistenziale, spirituale, psicologica, sociale, morale. Di conseguenza, la conversione non è un atto «unico» della vita, ma una serie di scelte che investono lo svolgimento dell’esistenza: come impariamo a viverla dopo aver incontrato il Vangelo vivente che è il Signore Gesù. Convertirsi, in fondo, significa abituarsi al cambiamento come condizione di vita permanente. Solo chi si abitua al cambiamento si educa a essere costantemente aperto alle novità di Dio che, quasi sempre senza chiedercene il permesso, irrompono negli eventi che popolano la nostra vita.