Guariento Mario | Domenica seconda di Avvento. Marco 1, 1-8.
Tutte le opere, i commenti, le riflessioni di Don Mario Guariento
guarientomario, gauriento, don guariento, guariento mario, mario guariento, liturgia guariento
1307
post-template-default,single,single-post,postid-1307,single-format-standard,ajax_fade,page_not_loaded,,vertical_menu_enabled,side_area_uncovered_from_content,qode-theme-ver-7.6.1,wpb-js-composer js-comp-ver-5.2.1,vc_responsive
 

Domenica seconda di Avvento. Marco 1, 1-8.

13 Dic Domenica seconda di Avvento. Marco 1, 1-8.

Due temi s’intrecciano nella liturgia di oggi, e sono la conversione e la strada. L’arrivo di Dio comporta una trasformazione: ciò che è alto si abbassa e ciò che è basso s’innalza: le difficoltà si risolvono e le fatiche si stemperano, quasi a dire che Dio non viene a imporre un giogo nuovo di schiavitù, ma apre una strada piana e dritta per facilitare il cammino. L’umanità è in cammino, percorre una strada caotica e spesso non si rende conto di dove stia andando: parla di pace e sceglie la guerra, parla di giustizia ed ecco il sopruso, parla di governabilità ed ecco le dittature striscianti, parla di diritti ed ecco le deviazioni, le manipolazioni, le torture. Questo mondo pensa di percorrere la sua strada senza Dio, rendendolo superfluo o addirittura negativo. La strada da percorrere è molto lunga ed è necessario abbassare i monti della povertà e della fame, come colmare le valli della disuguaglianza e della malattia per avere una strada dritta che porti all’uguaglianza e al rispetto «effettivo» dei diritti di ogni singola persona in ogni parte del mondo. Compito dei cristiani nel mondo è costruire la strada abbassando le asperità e riempiendo le valli per facilitare agli uomini e alle donne del nostro tempo l’incontro con il Dio vicino, il Dio Padre. Ogni uomo, ogni donna, ogni popolo ha un proprio itinerario spirituale che deve incrociarsi con Cristo «Via» che viene all’appuntamento della vita. Essere discepoli significa percorrere la stessa strada del Maestro e Signore, verso il compimento della nostra maturità, verso la Gerusalemme della nostra anima dove possiamo incontrare nella verità e nella pace la volontà di salvezza di Dio.

La nostra vera identità di credenti è sulla strada: siamo per costituzione viandanti, pellegrini, nomadi, come i patriarchi. Siamo nati su una strada e siamo mandati sulle strade del mondo per essere testimoni del Vangelo. Credere significa camminare per andare alla ricerca di qualcosa o di qualcuno. Credere non è avere risposte nitide e saporose, ma possedere uno spirito escatologico che guarda al cosmo intero come orizzonte per trovare tutti «i pezzi frantumati di Dio» con lo scopo di ricomporne il corpo nella pienezza del tempo, quando sia i singoli sia i popoli avranno imparato alla scuola della parola di Dio a vivere un nuovo modo di relazionarsi e di riconoscersi. Credere è un movimento che va da sé verso l’esterno, verso gli altri e attraverso gli altri verso l’Altro. Il movimento ha duplice direzione: è orizzontale, animata dalla fraternità, l’amore che sceglie perché riconosce, e verticale, animata dall’ amore che dona per sovrabbondanza, a perdere, senza chiedere nulla in cambio. L’Eucaristia che celebriamo è sempre un’iniziazione alla strada pasquale che percorriamo con tutta l’umanità, è il pane che ha nutrito Elia pellegrino perseguitato verso la montagna di Dio «perché troppo lunga è la strada per te», il pane che ci rafforza nell’affrontare le asperità della vita, mentre attendiamo la seconda venuta del Signore, facendo nostre le parole dell’Apocalisse: «E lo Spirito e la giovane sposa dicono: “Vieni!”. Così anche chi ascolta dica: “Vieni!”». Noi che ascoltiamo e mangiamo possiamo e vogliamo dire: «Sì, vengo presto! Amen! Vieni Signore Gesù»