Guariento Mario | Terza domenica di Pasqua. Luca 24, 13-35
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Terza domenica di Pasqua. Luca 24, 13-35

28 Apr Terza domenica di Pasqua. Luca 24, 13-35

Tutto il racconto è una catechesi sull’Eucaristia. Nell’ Eucaristia si attua il «conversare», la condivisione della vita e l’aprirsi dell’uno all’altro in vista di fare comunione per essere un popolo e una famiglia. Le Eucaristie dove ognuno è anonimo all’altro saranno forse atti di culto, ma non saranno mai eucaristie di presenza. È bello arrivare in chiesa parlandoci, condividendo la propria condizione cuore a cuore con gli altri fratelli e sorelle che camminano verso la stessa mèta. “Discorrevano delle cose che erano accadute”: Gesù le spiega perché non le avevano capite o forse perché avevano dubbi e paure. L’omelia dovrebbe dunque essere una conversazione fraterna, una condivisione dove esplode la gioia dell’incontro. Non siamo noi che troviamo Dio, ma è lui che trova noi e fa lo stesso nostro cammino. Quando viviamo la nostra vita come ricerca, anche in noi gli occhi possono essere impediti a riconoscerlo. Per conoscere bisogna vedere: non basta essere insieme, in cammino e aperti alla vita e alla novità, all’imprevisto e anche al mistero. Cosa m’impedisce di «vedere» me stesso, chi mi sta accanto, gli avvenimenti per poterli chiamare con nome? La fede è una questione di occhi: bisogna vedere, contemplare, cioè sperimentare. Gli innamorati vogliono sempre guardarsi e perdersi negli occhi dell’altro/a che diventano così la prospettiva dei propri sogni. “Si fermarono, con il volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?” Il dramma di oggi è l’essere stranieri a sè stessi. La fede, la vita, l’esistenza, la relazione, l’amicizia, l’amore, tutto è questione di cuore. Avere cuore significa essere liberi nell’anima e disponibili ad incontrare chiunque senza alcuna preclusione o condizione: diventa così La chiave ancora una volta, è la Parola che diventa misura di tutto, la sorgente della vita e anche l’obiettivo da raggiungere. La Parola è inesauribile. Nell’Eucaristia la proclamazione della Parola è essenziale e senza la Parola non può esserci Eucaristia. “Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro”. La frazione del pane, la benedizione, la condivisione sono caratteristiche di Dio perché autenticamente atti umani vissuti nella verità. Nell’Eucaristia abbiamo la possibilità di vedere Dio perché egli si manifesta non più come il Dio potente del Sinai, ma nella fragilità del Pane spezzato affinché anche noi possiamo spezzarci, sul suo esempio, per amore. “E lo riconobbero”. Vedere e riconoscere, ecco la fede: gli occhi lo vedono quando lui scompare dalla vista. Si può vedere solo quando non possiamo guardarlo. Possiamo vederlo senza toccarlo. Non è forse il mistero dell’amore? Quando uno «vede» la persona amata chiude gli occhi per «vedere meglio». Credere è essere innamorati. La vista degli occhi che vedono senza guardare produce un effetto straordinario: infiamma il cuore nel petto. Allora vedere e bruciare nel cuore è la stessa cosa. Lui stesso lo aveva detto: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti». Ciò vuol dire che per vedere bisogna avere il cuore e per amare bisogna avere gli occhi. Il cuore e gli occhi sono gli strumenti sia dell’amore che della fede. Prima non vedevano perché avevano un cuore «lento», ora bruciano nel cuore perché lui è scomparso dai loro occhi, ma non dal loro animo. Ecco il mistero dell’Eucaristia: non guardare con gli occhi, ma vedere con la vista del cuore. Quando gli occhi diventano cuore infiammato, nessuno può trattenerci e rinchiuderci in qualche villaggio, nemmeno se esso è Èmmaus, il villaggio del nostro cammino e della nostra mèta. Bisogna tornare a Gerusalemme, alla città da dove Dio ha iniziato il suo progetto di risurrezione, la città della morte, ma anche la città del cuore, il luogo cioè dove gli occhi hanno visto lui e tutto ciò che lo riguarda. Gerusalemme la città del capovolgimento: la morte si trasforma in vita, la condanna in salvezza, i malfattori vanno in paradiso, i pagani riconoscono Dio. L’ Eucaristia è ritornare alla sorgente di Dio, al monte della Risurrezione, cioè a questo altare che è la sorgente della coscienza che si fa cuore di condivisione con uomini e donne, figli e figlie, discepoli e discepole in cammino. È la nostra vita.