Guariento Mario | VENERDI’ 29.05.2020
Tutte le opere, i commenti, le riflessioni di Don Mario Guariento
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VENERDI’ 29.05.2020

29 Mag VENERDI’ 29.05.2020

Giovanni 21, 15-19

Pietro, mi ami tu…o della fedeltà nella sequela

Consideriamo due momenti che riguardano la figura di Pietro, come una cornice dentro la quale è racchiusa anche la nostra vita, la nostra esperienza di discepolanza del Signore. Questi momenti sono la fedeltà e la conversione, la realtà del tradimento e l’amore.
La nostra vita gira dentro questi due elementi. Nessuno di noi è fedele dall’inizio alla fine della sua esistenza. Tutti noi abbiamo sempre bisogno di misericordia per le nostre infedeltà. Tuttavia la nostra infedeltà s’intesse dentro i cammini di fedeltà. E le fedeltà sono molte di più, solo che non sappiamo riconoscerle. Abbiamo sempre dentro di noi un virus che ci porta a puntualizzare il negativo. E’ importante riconoscere, perciò, che la nostra vita è intessuta dentro queste grandi coordinate.
Ci è necessaria una virtù che è di fondamentale importanza nella vita cristiana: l’umiltà che ci permette di riconoscere le infedeltà e di riconoscere le fedeltà. Noi affermiamo che l’umiltà è verità, ma dobbiamo capire che cos’è la verità, e la verità è il riconoscimento di ciò che è reale. Noi non siamo un ammasso di cattiveria; siamo un ammasso di bontà dentro la quale c’è qualche nervatura un po’ negativa. L’umiltà è, come quella di Maria: “Grandi cose hai fatto per me, Signore”. Ha riconosciuto la grandezza dei doni che Dio aveva realizzato in lei.
Il compito più grande di Maria è stato quello di non possedere queste grandezze, di non possedere per sé, non trattenerle per sé, ma: “Eccomi, sono la serva del Signore”. Tutto quello che tu mi hai dato è per il tuo progetto di salvezza.
I testi che ci descrivono questi due poli della nostra esperienza spirituale, l’infedeltà e la fedeltà, l’amore e la conversione, sono il rinnegamento di Pietro e l’incontro di Gesù con Pietro sul lago di Genezareth. “Simone di Giovanni mi ami tu?” e Pietro risponde: “Tu lo sai che io ti amo”.
Possiamo domandarci con che coraggio ha potuto dire: Tu lo sai che ti amo? Sì, ha avuto coraggio. Il coraggio dell’amore e della fiducia. Poiché amava Gesù, aveva fiducia nel Maestro, ha avuto il coraggio di credere che era stato perdonato, di credere che aldilà del suo tradimento, c’era in lui un amore vero e sincero e l’ha riconosciuto.
Questa è una lezione splendida per la nostra vita: riconoscere che amiamo il Signore, che veramente il Signore è il “Signore” della nostra vita. Riconoscerlo vuol dire essere umili.
Non è la materialità della parola che ci rivela il progetto, il pensiero e il significato della Rivelazione, ma ciò che ci sta dietro e dentro. Il Vangelo non ci parla del tessuto dell’umanità dei discepoli, perché il suo scopo non è quello di raccontarci una storia, ma è quello di tracciare il sentiero di Dio. Un cammino che Dio fa in Gesù Cristo, dentro l’umanità, in Gesù Cristo e nei suoi discepoli, in Gesù Cristo e nella sua Chiesa. Se capiamo questo non ci meravigliamo più, né dei peccati della Chiesa, né della povertà della Chiesa, delle sue contraddizioni, né di quelli dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, preti, papi o vescovi che siano. E tanto meno ci meravigliamo delle nostre contraddizioni, ma chiediamo solo che ci accompagni con il suo amore e la sua misericordia.
Gesù, il Signore nostro Dio e Padre, non vuole che noi rinneghiamo, cancelliamo le nostre relazioni, la nostra vita umana, i nostri sentimenti, i nostri affetti, i nostri interessi per le cose, che non amiamo. Non vuole che noi rimaniamo sterili e secchi. Vuole che noi cresciamo nell’umanità. Gesù era un uomo vibrante di umanità, affascinava tutti. E non aveva peli sulla lingua. I suoi discepoli avevano tutti i loro interessi.
La nostra esperienza spirituale è racchiusa in queste due coordinate di Pietro: “Io non conosco quell’uomo” e “Tu sai Signore che io ti amo”.
Queste righe che seguono sono molto importanti e belle e dobbiamo conservarle nel cuore.
Nei giorni amari, nei giorni in cui pescare al lago sembra essere una evasione per dimenticare il tradimento e le infedeltà, nei giorni in cui il lavoro sembra averci derubato ogni gioia e ci ha lasciato stanchezza e vuoto, anche noi come Pietro sulle rive del lago diciamo: “Tu lo sai Signore che io ti amo”.
Se avremo il coraggio, al termine di ogni giorno, anche quando i nostri giorni sono segnati da piccole o grandi infedeltà, di dire con umiltà, con verità di cuore: “Signore tu lo sai che io ti amo”, noi godremo di una pace infinita. Non solo, ma sentiremo crescere dentro di noi, veramente, l’amore per il Signore. Ma è necessario avere umiltà e coraggio perché il nostro orgoglio, quando noi sappiamo di aver fatto dei cammini che non sono in sintonia con il cuore di Dio, ci fa fuggire al lago dove incontriamo la fatica, la notte, la inutilità, esperienze che tolgono significato alla nostra vita.