Guariento Mario | QUARESIMA COME RISCOPERTA DELL’ESSENZIALE
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QUARESIMA COME RISCOPERTA DELL’ESSENZIALE

12 Feb QUARESIMA COME RISCOPERTA DELL’ESSENZIALE

La Quaresima è l’esperienza di Dio in un clima di preghiera nell’ascolto e nell’interiorizzazione della parola sotto l’azione dello Spirito Santo.
L’obiettivo è la conversione: si tratta di riorientare la nostra vita per essere più simili a Cristo, riconoscere umilmente che siamo troppo poco a Lui conformi e sentire una struggente nostalgia di esserlo di più. Questa è la molla della conversione.
Quest’esperienza forte di preghiera non si attua se non in ascolto della sua voce. E’ Lui che parla: parla attraverso gli strumenti umani. Per ascoltare bisogna saper tacere, far tacere le voci che si incrociano nel nostro cuore come in un mercato aperto.

Il silenzio facilita l’assimilazione della Parola. Poi occorre fare il confronto della nostra povera vita con la parola ascoltata per vedere che figura ci fa di fronte al Vangelo. Ne nascerà la decisione di arrenderci alla sua divina iniziativa: Signore, che cosa vuoi che io faccia? Si tratta di spalancare la porta per lasciar entrare il Signore: «sto alla porta e busso, se qualcuno mi apre entrerò e cenerò con lui» (Apoc 3,20). Il banchetto è un segno di intimità. Bisogna spalancare le porte del cuore e dell’anima perché il Signore entri e trasformi la nostra vita; dove entra Lui, anche se trova un deserto, lo trasforma subito in giardino, ove zampillano sorgenti.
In questa tematica, piuttosto ampia e sintetica, vorrei fare emergere due temi: deserto e silenzio.
Abbiamo bisogno di un’isola di silenzio e di solitudine.
Così Dio ha la possibilità di svelarsi a noi e noi abbiamo la possibilità di dare uno sguardo anche alla nostra vita e vedere esattamente com’è. Nella calca ci smarriamo, mentre nel deserto si ritrova se stessi. Quando siamo con gli altri conosciamo molte cose, ma è nella solitudine soprattutto che conosciamo noi stessi e la vera scienza comincia di lì. Già gli antichi lo avevano intuito. Ritroviamo Dio in un modo nuovo, e in Lui ritroviamo noi stessi.
Certo, il deserto è insieme fascinoso e tremendo, seduce e agghiaccia, è il luogo della grande solitudine; è il luogo in cui Dio toglie tutto. Un proverbio arabo suona così: «Quando geme il vento è il deserto che piange perché non è giardino».
Il deserto per un aspetto fa paura, ma insieme permette un contatto meraviglioso con il Signore: quello che Carlo de Foucauld esprimeva con queste mirabili parole: «Esalarsi in pura perdita davanti a Dio».
Frammenti di esistenza «sprecati per Dio»

L’amore ha sete di solitudine con la persona amata.
Secondo una stupenda immagine dei profeti, il deserto è il tempo del primo amore ed è il luogo dove si fa una meravigliosa esperienza della vicinanza di Dio. Mai Israele ha sentito il suo Dio così vicino come negli anni del deserto. E’ la cornice in cui Dio moltiplica i segni della sua presenza e della sua vicinanza; fa scaturire l’acqua, segno trasparente dello Spirito che è pronto a dare a noi in questi giorni di Grazia.
In questi gesti d’amore si riannoda l’alleanza, un rapporto di intimità con Cristo.
Dio «parla al cuore». Intimità. E’ una parola che esige di entrare dentro.
In questo deserto cercheremo, come gli Ebrei, di camminare, di abbozzare un itinerario verso Cristo. E’ la « ricerca del volto » di cui parlano i salmi, è l’avventura d’amore di cui parla il Cantico. Un’avventura alla ricerca di Dio. Tacciono le altre voci, si sfocano le altre presenze e allora tutte le nostre facoltà si unificano, si concentrano sull’Unico e cuore e intelligenza diventano liberi per un rapporto con Lui che ci afferra tutti interi e tende a diventare esauriente. Allora ci sentiamo unificati e le nostre facoltà fioriscono nella contemplazione.
Il silenzio è la dimensione interiore della solitudine. Per ascoltare Lui che parla, bisogna tacere: il silenzio è il cuore in ascolto. E’ quello che ha chiesto al Signore Salomone prima di iniziare il suo governo in Israele, e che ha realmente ottenuto in dono.
«Cuore sapiente» traducono generalmente le Bibbie, ma la radice originale parla proprio di «cuore in ascolto».
Questo è il silenzio. Ha ragione Madeleine Delbrel di dire: «Il silenzio qualche volta è tacere, sempre è ascoltare». E’ un orecchio teso al Verbo. Il silenzio è relativo alla parola; è il clima degli scambi in profondità. Proprio perché la Parola di Dio ha cose meravigliose da dirci, bisogna saperla accogliere: e l’apertura è data dalla dimensione interiore del silenzio. Per questo non basta che tacciano i rumori esterni, bisogna far tacere soprattutto il grido incomposto delle nostre facoltà interne, i lamenti indebiti della natura, le questioni petulanti della intelligenza. Allora si crea quello spazio acustico in cui la Parola entrando trova la più ampia risonanza.
In Massimo Confessore ci sono queste stupende parole che poi ritroviamo in S. Giovanni della Croce: «Il Padre ha detto un’unica parola, cioè suo Figlio, in un silenzio eterno. Questa parola continua a dirla sempre, ed è ancora nel silenzio che l’anima la deve ascoltare».
Il silenzio è la prima battuta del dialogo orante. Giovanni Climaco diceva: «Il silenzio accompagnato da conoscenza e saggezza, ecco il padre dell’orazione».
E Girolamo Savonarola sembra completarle quando dice: «La preghiera ha per padre il silenzio e per madre la solitudine». I contemplativi sono sempre stati affamati di silenzio, proprio per penetrare più a fondo nell’Essere infinito, per penetrare in Dio.

Accogliamo la grazia del Signore, lasciamo che entri nella nostra vita, lasciamo che con la sua grazia la faccia rifiorire come i mandorli in questo inizio di primavera.