Guariento Mario | MERCOLEDI’ 29.04.2020
Tutte le opere, i commenti, le riflessioni di Don Mario Guariento
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MERCOLEDI’ 29.04.2020

29 Apr MERCOLEDI’ 29.04.2020

Matteo 11, 25-30

Questa preghiera di Gesù ci permette di entrare nella sua intima e filiale relazione con il Padre, fonte della sua azione  nel mondo e oggetto della sua rivelazione nascosta ai sapienti ed intelligenti della terra. Colui al quale il Padre ha affidato la sua speranza e il suo progetto di salvezza per questa umanità, è lui stesso un povero, si colloca al nostro livello, assumendo le infermità di noi tutti e affrontando le persecuzioni.
Lasciarsi coinvolgere in questa rivelazione è venire evangelizzati, è mettersi  alla scuola della vera sapienza.
«Padre, hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai semplici ».
Un aspetto della spiritualità evangelica che nel mondo contemporaneo non è sufficientemente valorizzato e non tenuto nel debito conto, è la semplicità.
In una società come la nostra che diventa sempre più complessa, noi ci accorgiamo che l’unica strada che porti al recupero dell’autenticità esistenziale e alla fecondità apostolica è quella della semplicità, secondo l’invito di Gesù. 
L’uomo di oggi valorizza soprattutto l’immagine. E’ questo un dato rilevante della cultura odierna con il grosso rischio che l’immagine tenda a prevalere sul pensiero, le apparenze sui contenuti. Ritrovare la virtù della semplicità è ricuperare quella condizione essenziale della vita cristiana, in base alla quale noi possiamo essere veramente noi stessi. Le apparenze portano alla frammentarietà, complicano le reazioni interpersonali, generano incomunicabilità e disunione. Per salvare le apparenze, spesse volte l’uomo è lacerato in se stesso: si verifica in lui quel fenomeno di schizofrenia esistenziale che non lo fa essere se stesso.
Grande tentazione dell’uomo è quella poi, di voler essere protagonista della propria vita. Ma se l’uomo vuole trovare la verità della propria esistenza deve togliere ogni problematicità come orientamento a sé stante e recuperare il senso dell’unità.
“Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu sai quando seggo e quando mi alzo. Penetri da lontano i miei pensieri, mi scruti quando cammino e quando riposo Ti sono note tutte le mie vie; la mia parola non è ancora sulla lingua e tu, Signore, già la conosci tutta.”
Il discepolo fonda la sua esistenza su un dialogo costante con il Maestro interiore, che ritiene l’unico valore a cui richiamarsi; verifica costantemente se il suo cuore
e nella verità, se agisce sotto l’azione di Dio che determina in lui ogni atteggiamento, ogni pensiero, ogni rapporto relazionale.
Se l’uomo vivesse a questo livello la semplicità, sarebbe molto più sereno, non si agiterebbe per ciò che accade attorno a lui: si sentirebbe nella pace.
Dobbiamo quindi tenere in gran conto il vivere stabilmente in docilità allo Spirito, avendo come criterio operativo l’ispirazione dall’alto.
Non ci disseteremo alle varie sorgenti dei mass-media, ma vivremo alla scuola del Maestro interiore. Un ulteriore passo si deve nel cammino verso il recupero della semplicità: la ricerca dell’Assoluto. La docilità a Dio si traduce nella ricerca del volto di Dio. Ma l’uomo può cercare Dio solo perché è cercato da Dio. Il semplice vive la gioia di essere afferrato da Dio come l’apostolo Paolo e non si lascia turbare da ciò che gli uomini possono dire di lui.
La semplicità, che è essenzialità, ci fa vedere le cose con l’occhio di Dio. Il resto è tutto contingente. Quando noi rimaniamo ancorati ai nostri punti di vista, quasi fossero i valori, non siamo nella semplicità: siamo nella relatività che non si lascia illuminare dall’essenziale. Solo ritrovando la semplicità dialogica con Dio ritroviamo veramente noi stessi. Egli allora prende possesso di noi e ci fa conoscere il suo cuore.
Il semplice ascolta Dio e gli dice ogni giorno: «Eccomi!».