30 Apr MARTEDI’ 21.04.2020
Giovanni 3, 7-15
Gesù nel suo monologo dopo il colloquio con Nicodemo, fa una delle rivelazioni più sublimi: l’amore supremo di Dio per il mondo nel dono del Figlio per la salvezza dell’umanità.
Come Abramo disposto a privarsi dell’unico suo figlio tanto amato, Dio donò il suo Figlio unigenito per amore dell’umanità bisognosa di salvezza. L’amore di Dio per gli uomini, si manifesta soprattutto nel dono della filialità divina donata a tutti gli uomini. Il suo è un amore disinteressato, fedele, totale e senza ripensamenti o condizioni; si tratta infatti di una dilezione propria di Dio e che si distingue dalla da ogni altra forma di amore. L’accento non sembra cadere tanto sull’idea di sacrificio, quanto sulla pienezza dell’amore di Dio-padre, il quale dona al mondo il figlio unigenito, cioè l’espressione unica e totale del suo amore. Dio continua ad amare ancor oggi tutte le sue creature, quindi ama anche noi e proprio in questo momento, nonostante la nostra miseria e le nostre infedeltà. L’amore del Padre infatti ha per oggetto il mondo peccatore; per esso Dio ha donato l’unico suo Figlio.
Ma questo amore del Padre per noi peccatori attende una risposta, un contraccambio di amore con una vita di fede profonda, che polarizzi tutta la nostra esistenza verso la persona del figlio suo Gesù Cristo.
Lo Spirito Santo ci dà la grazia di scoprire il volto del Signore nel cuore degli uomini, che egli stesso ci insegna ad amare come fratelli. E ci aiuta a cogliere le manifestazioni del suo amore nella trama degli avvenimenti quotidiani.
Se siamo rinati dallo Spirito, dobbiamo vivere secondo lo Spirito, dobbiamo lasciarci guidare completamente da questa persona divina, che vuole imprimere in noi l’immagine del Cristo. Lo Spirito santo infatti vuole plasmare la nostra anima ad immagine di Gesù, vuole creare in noi i
lineamenti del Verbo incarnato. Dobbiamo quindi camminare secondo io Spirito, senza lasciarci dominare dalla sapienza del mondo che conduce al fallimento della nostra esistenza.
Lo Spirito Santo, secondo me, è l’intensità di Dio. E’ Dio rivelato nella sua forza e nella sua intensità.
Amo molto le parole di s. Caterina da Siena:
«La mia vita è infiammata». Penso che ogni vita debba essere infiammata e cercare l’intensità. La vita non è preziosa se non diventa una stella, un fuoco.
«Intensità» è una parola forse ancora abbastanza usata, ma assente nella vita delle persone. Ciò che domina, infatti, ai nostri giorni è la superficialità, il minor coinvolgimento possibile, la fiacchezza. L’intensità è, invece, adesione, impegno, energia; vigore passione.
Quando si vedono giovani apatici, volgari, senza meta, o quando si hanno di fronte anziani privi di interesse e curiosità, il cui unico impegno è quello di “ammazzare il tempo” o, ancora, quando si scopre la frenesia di molti che si muovono ininterrottamente ma solo per esorcizzare il vuoto che hanno dentro, allora si riesce a capire quale sia la vera malattia dell’anima. E il non avere più lo Spirito di Dio, quello che ti rende stella o fuoco, cioè ti fa vivere appassionatamente, illuminando e riscaldando l’orizzonte gelido e amorfo in cui si è immersi. Per fortuna ci sono anche oggi uomini e donne pieni dello Spirito di Dio che ci mostrano la vera intensità della vita così da creare in noi, ingrigiti il fremito dell’anima.