04 Mag LUNEDI’ 27.04.2020
Giovanni 6, 22-29
Giovanni si sofferma a parlarci dei movimenti della folla che era stata spettatrice della moltiplicazione dei pani. Queste persone infatti ricopriranno un ruolo importante nel discorso di Cafarnao: saranno gli interlocutori e i contestatori del Maestro. Il passo di Giov 6,23 descrive come la folla dal luogo della moltiplicazione dei pani si sia recata a Cafarnao in cerca di lui. Questo popolo sembra pieno di fede come i primi discepoli e come Maria Maddalena. Ma in realtà essi non credono nel Cristo, la loro non è fede, ma solo curiosità o simpatia superficiale, come risulterà dal seguito del racconto.
La folla ritrova il Maestro a Cafarnao e subito vuole appagare la propria curiosità, chiedendogli: «Rabbì, quando sei venuto qua?». L’atteggiamento di queste persone verso il Maestro è analogo a quello di Nicodemo. Non è improbabile che l’uso del medesimo appellativo rabbì nei due episodi voglia insinuare la somiglianza delle situazioni spirituali. Non sembra fortuito che nei due casi la simpatia per Gesù, fondata sui segni, ben presto si dilegui.
“La folla, si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù”. Il tema della ricerca del Signore è costantemente presente nella preghiera dei Salmi e nelle Scritture. Ma è anche la tensione più o meno consapevole nel cuore di ogni persona che fa dire a S. Agostino:” inquieto è il mio cuore fino a che non riposa in te.” Diceva un mistico: “Non è il riposo che cerco, ma il volto di Colui che dà il riposo che io chiedo supplicando.”
Prima che noi ci mettiamo alla ricerca del Signore nella nostra vita è lui che ci cerca. Noi crediamo di cercare Dio mentre siamo noi ad essere cercati. La nostra ricerca è in realtà la conseguenza del disagio provocato in noi dall’inseguimento segreto e infaticabile, gratuito e tenace di una misericordia di cui ignoriamo il volto. La presenza di questa misericordia forse si manifesta nel nostro cuore solo immergendoci in uno smarrimento la cui fonte ci è ignota. Ma è allora che incominciamo a cercare questa fonte, senza sapere ciò che ci attende, nè ciò che desideriamo, né perché desideriamo, e senza nemmeno accorgerci che desideriamo. Quando infine siamo illuminati e sappiamo che cosa ci manca, allora crediamo di cercare Dio nell’istante stesso in cui egli riesce a raggiungerci, a toccarci, a trattenerci. E’ allora il momento di scendere nel più profondo di noi stessi. Dio tiene l’uomo interiore come una madre tiene la testa del figlio tra le mani per coprirla di baci e di carezze. La persona che si sazia delle profondità di Dio sempre lo cerca e lo desidera perché è affamata di totalità, di vita, di amore. Come il cervo sospira l’acqua viva delle sorgenti, così il nostro cuore desidera uscire dalla tenebrosa prigione del temporale, dell’immediato, del caduco per contemplare la verità, la bellezza della vita e dell’eterno.
Preghiamo con santa Caterina:
Rivestitemi, Trinità eterna, rivestitemi di voi stessa, perché trascorra questa vita nella ricerca di voi stessa in obbedienza alla Parola e nella luce della fede, di cui avete inebriato la mia anima.