Guariento Mario | FESTA DEL CORPUS DOMINI
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FESTA DEL CORPUS DOMINI

15 Giu FESTA DEL CORPUS DOMINI

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.
La celebrazione dell’Eucaristia a seconda delle epoche, teologi e liturgisti hanno messo in rilievo alcuni aspetti, trascurandone altri. L’ Eucaristia è servita da cornice per celebrare incoronazioni di re e di papi, rendere onori o commemorare vittorie in guerra. I musicisti l’hanno trasformata in concerto, i popoli l’hanno incorporata nelle loro devozioni e nei loro costumi religiosi…
Oggi è necessario ricordare alcuni dei tratti essenziali dell’ultima cena del Signore, così come era ricordata e vissuta dalle prime generazioni cristiane.
Al suo centro c’è qualcosa che non deve mai essere dimenticato: i suoi discepoli non resteranno orfani. La morte di Gesù non potrà rompere la loro comunione con lui. Nessuno deve sentire il vuoto creato dalla sua assenza. Al centro di ogni comunità cristiana che celebra l’Eucaristia vi è Cristo vivente e operante: ecco il segreto della sua testimonianza.
Non è sufficiente assistere alla cena: i discepoli sono invitati a «mangiare». Nessun’altra esperienza può fornirci un cibo più solido. Non dobbiamo dimenticare che comunicare con Gesù significa comunicare con un uomo che è vissuto ed è morto «dandosi» totalmente agli altri. Gesù insiste su questo: il suo corpo è un «corpo dato» e il suo sangue è un «sangue versato» per la salvezza di tutti. È una contraddizione andare a «comunicarci» con Gesù resistendo egoisticamente a vivere per gli altri. Come diceva il vescovo dei poveri Helder Camara: è necessario passare da una eucaristia da adorare ad un pane da condividere. Mi sento male nell’uscire per strada portando il Pane dell’eucaristia depositato in un ostensorio dorato, sapendo che allo stesso tempo il Corpo di Cristo è ignorato e maltrattato nelle persone povere che giacciono sul marciapiede, nei bambini di strada.”
Per celebrare l’Eucaristia domenicale non basta seguire le nonne prescritte o pronunciare le parole dovute. Non basta nemmeno cantare, farsi il segno della croce o scambiarci il segno della pace al momento previsto. È molto facile assistere alla Eucaristia senza celebrare nulla nel cuore, udirne le letture senza ascoltare la voce di Dio, comunicarci devotamente senza essere in comunione con Cristo, scambiarci la pace senza riconciliarci con nessuno. È un sollievo ascoltare le parole dirette e semplici di Gesù. Portano verità alla nostra vita, ci liberano dalle illusioni, le paure e gli egoismi che ci fanno del male, ci insegnano a vivere con maggiore semplicità e dignità, con più senso e speranza. È una fortuna riesaminare ogni domenica la propria vita guidati dalla luce del vangelo; noi ci nutriamo non soltanto dell’amaro pane delle nostre tribolazioni, ma di ogni parola che viene dalla bocca di Dio. La comunione con Cristo è decisiva. È il momento di accogliere Gesù nella nostra vita per sperimentarlo in noi, identificarci con lui e lasciarci trasformare, consolare e rafforzare dal suo Spirito. Tutto ciò non lo viviamo chiusi nel nostro piccolo mondo. Insieme cantiamo il Padre Nostro sentendoci fratelli di tutti, a lui chiediamo che a nessuno manchi il pane e il perdono, ci scambiamo la pace e la chiediamo per tutti.  Secondo lui, è necessario mangiare Gesù: «Colui che mi mangia vivrà per me».
Purtroppo, ancora una volta tutto può rimanere solo una dottrina pensata e accettata devotamente. Spesso, però, ci manca l’esperienza di incorporare Cristo nella nostra vita concreta. Non sappiamo come aprirci a lui affinché nutra la nostra vita, rendendola più umana e più evangelica. Mangiare Cristo è molto più che affrettarci distrattamente a compiere il rito sacramentale consistente nel ricevere il pane consacrato: comunicare con Cristo esige un atto di fede di speciale intensità. La cosa decisiva è avere fame di Gesù, cercare dal più profondo di noi stessi di incontrarci con lui, aprirci alla sua verità perché ci segni con il suo Spirito e potenzi il meglio che c’è in noi, lasciargli illuminare e trasformare le zone della nostra vita che non sono state ancora evangelizzate.  Nutrirci di Gesù significa allora tornare a ciò che è più genuino, semplice e autentico nel suo vangelo; interiorizzare i suoi atteggiamenti più basilari ed essenziali; accendere in noi la voglia di vivere come lui; risvegliare la nostra coscienza di discepoli e seguaci per fare di lui il centro della nostra vita. Impoveriremmo gravemente il contenuto dell’eucaristia se dimenticassimo che in essa noi credenti dobbiamo trovare il cibo che deve nutrire la nostra esistenza.

Si è evidenziata, e a ragione, la presenza sacramentale di Cristo nelle specie eucaristiche; Cristo, però, non è lì tanto per starci: è presente e si offre come cibo che sostiene le nostre vite. Se vogliamo riscoprire il significato profondo dell’Eucaristia, dobbiamo recuperare la simbolica di fondo del pane e del vino. Per sussistere, l’uomo ha bisogno di mangiare e bere. E questo semplice fatto, a volte tanto dimenticato nelle società soddisfatte dal benessere, rivela che l’essere umano non ha fondamento in se stesso, ma riceve misteriosamente la vita.
La società contemporanea sta perdendo la capacità di scoprire il significato dei gesti fondamentali dell’essere umano. Tuttavia, sono gesti semplici e originari quelli che ci riportano alla nostra vera condizione di creature, che ricevono la vita come dono di Dio.
Per questo, quando si presentano il pane e il vino sull’altare, si dice che sono «frutto della terra e del lavoro dell’uomo». Da una parte sono «frutto della terra» e ci ricordano che il mondo e noi stessi siamo un dono scaturito dalle mani del Creatore; dall’altra parte, sono «frutto del lavoro», e significano ciò che noi uomini facciamo e costruiamo con il nostro sforzo solidale.
Questo pane e questo vino si trasformeranno per noi credenti in «pane di vita» e «calice della salvezza». In essi, noi cristiani, troviamo quel «vero cibo» e quella «vera bevanda» di cui parla Gesù: un cibo e una bevanda che nutrono la nostra vita sulla terra, ci invitano a trasformarla e a migliorarla, e ci sostengono nel cammino verso la vita eterna.
L’ Eucaristia non disimpegna dal presente, ma radica piuttosto i cristiani alla storia, li impegna a vivere secondo Dio, secondo la logica del Cristo.

L’ eucaristia è per la liberazione dall’ ngiustizia radicale, è donata in un contesto di lotta e di violenza subita e vissuta in libertà e mette in discussione le nostre lotte difensive dei nostri interessi, comodi, punti di vista e beni. Si tratta di una proposta che mette in discussione i nostri stili di vita e l’ impostazione dei nostri rapporti reciproci.

L’Eucaristia è celebrata in pienezza quando gli uomini si lasciano trasformare dall’amore di Dio e accettano di diffonderlo nel mondo; i credenti non si limitano ad eseguire, ma si lasciano coinvolgere nel vivere l’Eucaristia, che è insieme il riconoscimento di Dio e lotta all’ idolatria,è opporsi ai progressi riduttivi e falsificanti di costruzione umana.