11 Apr SABATO SANTO 2020
Sabato santo. Il silenzio di Dio. Giov. 19,40-42
Il sabato santo è particolarmente il giorno del silenzio. Oggi sulla terra c’è grande silenzio e solitudine. La terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è addormentato.
Tace la Parola eterna che fino al giorno prima gli uomini hanno potuto ascoltare. E’ risuonata per tre anni nelle strade della Palestina come la grande luce che illumina il nostro cammino. La natura umana che ha assunto, ora è nel silenzio della morte.
Di fronte al sepolcro di Gesù, c’è chi canta vittoria, c’è chi piange, c’è chi spera. Ma tutto avviene silenziosamente. C’è chi s’illude di aver chiuso la bocca alla Parola. C’è invece chi, pur nel silenzio, la sta ancora ascoltando, osservando quella pietra sigillata che sembra muta, ma parla del valore della morte all’uomo assetato di vita. Lo introduce alla grande meditazione che lo prepara a raggiungere le soglie dell’eternità.
La lezione del sabato santo si sofferma sulla realtà della morte ma non si chiude in essa. Sembra di vivere, come i discepoli di Emmaus, il giorno della sconfitta mentre nell’aria già aleggia il profumo della vittoria. Gesù conosce la nostra debolezza ed è morto per salvarci ma anche per insegnarci a morire, perché, pensando a lui, nessuno si senta solo in quel momento e ne colga la preziosità, umilmente accettando il limite della materia e aprendo il cuore alla fiducia nell’amore di Dio che ci chiama a prendere il posto preparato per noi, ad abbandonarci con fiducia tra le sue braccia, di sperare con certezza nell’adempimento delle sue promesse, di offrire con amore il nostro sacrificio a Colui che prima l’ha offerto per noi, per assicurarci la salvezza.
Morire è scrivere l’ultima pagina del nostro diario e le conclusioni sono sempre importanti, vanno preparate con cura, lasciano l’impronta indelebile del nostro cammino. In quest’ultima pagina noi offriamo a Dio con soddisfazione quanto siamo riusciti a portare a compimento, realizzando il suo progetto, e quanto invece, con tristezza, è stato lasciato a metà, come una torre incompiuta… Ma dalla morte di Cristo noi impariamo soprattutto ad offrire la nostra pena, il nostro dolore perché, insieme al suo, purifichi la nostra anima e ci renda riconoscibili dal Padre come suoi figli Il sabato santo è attesa, spesso emozionante. Non solo si attende che finisca il dolore, che si plachino le passioni portatrici di tante inquietudini, cessino le prove, le battaglie dello spirito. Si attende anche l’incontro «faccia a faccia» con Colui che è l’acqua viva per la nostra sete, che è la luce per le nostre tenebre, la vita che vince la morte.
Per tutti c’è un sabato santo, un desiderio di uscire dalla nostra «tomba». Lo vive chi cerca la pace, il disoccupato che cerca lavoro e ancora non lo trova; chiunque si sente ingannato o ingiustamente accusato e attende che gli sia resa giustizia; il dimenticato in cerca di qualcuno che s’interessi di lui; l’affamato nel corpo o nello spirito che spera di trovare il suo pane.
E’ sete di Dio, volontà d’incontrarlo, di sentirlo vicino. Profondo desiderio che quella pietra che ci costringe nel buio e ci separa da Lui venga ribaltata per sempre. Ognuno ha il suo sabato santo finché la sua pietra non venga rimossa. Gesù ha accettato l’esperienza del sepolcro per assicurarci che con lui, anche noi possiamo passare dal buio alla luce, dalla morte alla vita. Il silenzio della tomba entro cui si consuma il colloquio d’amore tra il Padre e il Figlio, diventa per Balthasar preghiera e originario modello di quell’autentica accoglienza della Parola che l’uomo è chiamato a vivere nella sua relazione con Dio. Afferma Karl Rahner: «l’uomo è in ascolto della parola o del silenzio di Dio nella misura in cui si apre, amando liberamente, a questo messaggio della parola o del silenzio del Dio della rivelazione». Il silenzio dell’uomo di fronte a Dio non è espressione di impotenza e di ignoranza, ma femminile e disponibile accoglienza del dono offerto. Afferma ancora Balthasar: «Tutte le parole della rivelazione si raccolgono in un unico, silente verbo, l’amore, che parla più con gli atti che con le parole. La parola di Cristo, è un ponte oscillante tra il muto silenzio di cui si affligge il mondo e la Sovraparola di Dio Padre. L’ultima parola della divina libertà infatti non è una ‘parola’ ma un’azione che scompare nel buio del sepolcro. Ma proprio in quel silenzio Dio rivela chi è Dio».