Guariento Mario | LA TRASFORMAZIONE Matteo 17, 1-9
Tutte le opere, i commenti, le riflessioni di Don Mario Guariento
guarientomario, gauriento, don guariento, guariento mario, mario guariento, liturgia guariento
356
post-template-default,single,single-post,postid-356,single-format-standard,ajax_fade,page_not_loaded,,vertical_menu_enabled,side_area_uncovered_from_content,qode-theme-ver-7.6.1,wpb-js-composer js-comp-ver-5.2.1,vc_responsive
 

LA TRASFORMAZIONE Matteo 17, 1-9

13 Mar LA TRASFORMAZIONE Matteo 17, 1-9

La trasfigurazione è un anticipo della risurrezione. Gli apostoli non avevano incontrato sino allora il messia atteso, rivestito di potenza e gloria, ma piuttosto « uno dei profeti ». Essi debbono tuttavia sapere che egli era egualmente quello che attendevano.
La trasfigurazione è più un annuncio, una cristofania pasquale che il racconto di una reale metamorfosi del Cristo storico operatasi sotto gli occhi dei tre fortunati discepoli. Essi vedono il Cristo risorto, ma più con gli occhi della loro fede che con quelli della carne. Credono alla voce del Padre, ma è giunta loro attraverso le parole di Gesù, più che dalle nuvole. E sempre infatti l’autorità di Dio che può piegare l’uomo ad accettare ciò che a lui è impossibile o, come nel caso presente, inverificabile.
La speranza di un liberatore dominava l’aspettativa israelitica fin dalla schiavitù egiziana; essa si era accentrata col tempo in un ideale discendente di David la cui immagine, tuttavia, si era persa nelle rovine dell’esilio. Ma da queste, invece che la confusione e lo smarrimento si era poi affacciata una proposta nuova: Dio stesso in persona avrebbe preso in mano la causa della salvezza: sarà Gesù, il figlio dell’uomo che i Sinedriti condanneranno e lo sacrificheranno come agnello sull’altere del potere e della gloria.

La Trasfigurazione inonda di luce ogni credente che si accinge ad accogliere il Signore che sale verso Gerusalemme.
Sul Tabor la forza della luce è tale da stordire Pietro che «non sapeva che cosa diceva». Eppure sul monte essa rimane solo esterna all’uomo. Perché diventi forza interiore, due sono le strade tracciate dal racconto: «Gesù va sul monte a pregare. E, mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto». Gesù si trasfigura mentre prega.
Contemplare trasforma, l’uomo diventa ciò che guarda con gli occhi del cuore. L’uomo diventa ciò che ama, l’uomo diventa ciò che prega. Così la preghiera crea storia, a partire dalle profondità dell’anima, una storia di luce che trasparirà sul volto dell’orante. La luce del Tabor, scintilla di luce e lingua di fuoco, ci sono ancora e sempre donate, nella Parola, nel pane e nel vino, nell’amore.
La seconda strada è raccolta in un verbo, che è il vertice del racconto: «Ascoltatelo». Chi ascolta Gesù, diventa come lui. Ascoltarlo significa essere trasformati. La sua parola opera, chiama, fa esistere, guarisce, cambia il cuore, fa fiorire la vita, dona bellezza, è luce nella notte.

La fede cristiana non è una religione della visione, ma dell’ascolto. Sali sul monte per vedere, e sei rimandato all’ascolto. Scendi dal monte, e ti rimane nella memoria l’eco dell’ultima parola: «Ascoltatelo». La visione cede all’ascolto. Il mistero di Dio è ormai tutto dentro Gesù, così come il mistero di cosa sia l’uomo.
Quel volto di luce è il punto di arrivo, punto “omega” del mondo. Ma se ora lo vediamo grondare di luce, nell’ultima notte, sul monte degli ulivi, stillerà sangue. Gocce di sangue e gocce di luce, inseparabili: la verità risplende non solo sulla montagna dell’estasi, ma nel cuore stesso delle sofferenze degli uomini, del loro inferno, della loro morte. La croce senza la trasfigurazione è cieca; la trasfigurazione senza la croce è vuota. Essere cristiani è tenere insieme croce e pasqua, la croce gloriosa, un volto intriso di dolore e bagnato di luce.
La trasfigurazione di Cristo, avvenuta mentre pregava, ci chiama a trovare tempo e cuore per la contemplazione, per salire sul monte, per scendere nel proprio mistero, dove incontreremo un volto che non è il nostro volto, ma quello del Figlio della Bellissima:
lì mi sarà cambiato il cuore di tenebra che ancora resiste. Scrive Paolo a Timoteo: «Il Signore ha fatto risplendere la vita!». Non solo le sue vesti e il suo volto, ma la vita, qui e adesso, di tutti. Ha riacceso la fiamma delle cose, ha dato splendore all’esistenza, e sogni nuovi e canzoni bellissime al nostro sangue: frammenti di stelle corrono nelle vene.
Ascoltatelo. La visione cede all’ascolto.
Il mistero di Dio è ormai tutto dentro Gesù. Così come il mistero dell’uomo. Quel volto di luce è il punto di arrivo, punto omega del mondo.
Ma se ora lo vediamo grondare di luce, nell’ultima notte, sul monte degli Ulivi, stillerà sangue. Gocce di sangue e gocce di luce, inseparabili: la verità risplende non solo sulla montagna dell’estasi, ma nel cuore stesso delle sofferenze degli uomini, del loro inferno, della loro morte. La croce senza la trasfigurazione è cieca; la trasfigurazione senza la croce è vuota.
Vera fede è tenere insieme croce e pasqua, la croce e la gloria, un volto intriso di dolore e bagnato di luce.

« Testimoni oculari della sua grandezza » (2 Pt 1,16)
Il testo della 2 Pt è una rielaborazione o parafrasi del « racconto » evangelico della trasfigurazione che l’autore rilegge e commenta in chiave storica. La testimonianza dell’apostolo è autentica perché realmente egli ha incontrato Cristo, ha sperimentato la sua virtù e controllato la sua venuta e manifestazione, soprattutto nel prolungato periodo della vita trascorsa insieme a lui sulla terra più che nell’istantanea manifestazione avuta « sul monte santo ».
La parola di Gesù ascoltata con le proprie orecchie era, doveva essere, molto più convincente dello spettacolo vagamente percepito,  non sapeva infatti quello che diceva » sul Tabor.
Gesù non solo integra i precedenti mediatori della salvezza, ma li sostituisce : per questo alla fine rimane solo. La legge e i profeti abdicano davanti a lui. Il vangelo è ormai l’unica parola che gli uomini debbono ascoltare.
La nuova era è già spuntata e una nuova luce, la « stella del mattino » della salvezza, si va irradiando nei cuori degli uomini. La storia umana, con la risurrezione di Cristo, è a una svolta. Il messia risorto, signore della storia, ne ha preso il comando e le imprime un nuovo corso. Si tratta di non restarne fuori.

Il quadro della trasfigurazione è soprattutto profetico e insieme didattico-pastorale. Esso deve controbilanciare quanto Gesù ha detto, « otto giorni » prima, a proposito della sua passione. Egli non prende con sé tutto il gruppo dei discepoli, ma i tre testimoni privilegiati, gli stessi che l’accompagneranno nel Getsemani. Nella loro deposizione vi è una conferma piena, addirittura sovrabbondante .
Gesù si prepara al grande momento con la preghiera e il raccoglimento. Il « monte » è, nella Bibbia, il luogo ideale dell’incontro con Dio, ma lo è anche per tutti coloro che desiderano verificate l’esperienza di Cristo, comprendere il suo mistero, il volere, il piano di Dio.
La trasfigurazione-risurrezione è un mistero troppo grande perché l’uomo possa comprenderlo; può solo accettano, e anche questo con l’aiuto di Dio. Gesù si autocomprende nella luce del Padre che lo invade, e attraverso la stessa luce può essere compreso, almeno accettato, dai credenti.
Egli ha bisogno di testimoni qualificati per potersi presentare degnamente agli uomini; essi vengono dal cielo, da Dio come provengono appunto da lui i messaggi, la rivelazione da essi annunziata. Il vecchio Testamento, la Legge e i profeti, sono la più forte garanzia dell’autenticità del nuovo.
La dipartita da Gerusalemme, di cui i due testimoni parlano con Gesù, è la morte di croce, che la comunità deve imparare ad accettare perché voluta da Dio, come è significato dalle predizioni profetiche, Pietro ancora una volta cerca di opporsi a questo disegno, ma l’evangelista si affretta a dire «che non sapeva quello che stava dicendo ». Avrebbe voluto giungere alla gloria della risurrezione senza passare attraverso la passione. Ma era un assurdo. Non si ha la pasqua senza il venerdì santo. Gesù stava salendo a Gerusalemme, non poteva arrestarsi a metà cammino. Occorre un intervento di Dio per fermare Pietro. La « nube » è il segno per antonomasia della sua presenza. Alla luce della parola di Dio si può giungere a identificare il Cristo: egli è il « figlio », « l’eletto ». Il richiamo è fatto a Is 42,1, il primo carme del Servo di Yahvè, il programma che Gesù deve realizzare prima di giungere a quella gloria in cui Pietro voleva già arrestarsi.

Cristo Gesù ha fatto risplendere la vita.                                                                                                      Se Cristo è in me, sono in qualche misura luce da luce. L’intera esistenza altro non è che la gioia e la fatica di liberare tutta la luce sepolta in noi.
Paolo scrive al suo amico Timoteo una frase di emozionante bellezza: Cristo Gesù ha fatto risplendere la vita. Gesù ha fatto splendida l’esistenza, non solo il suo volto e le sue vesti, non solo il futuro o i desideri, ma la vita qui e adesso, la vita di tutti, la vita segreta di ogni creatura. Ha riacceso la fiamma delle cose, ha fatto risplendere l’amore, ha dato splendore agli incontri e bellezza alle vite, sogni nuovi e bellissime canzoni al nostro sangue. E i sensi sono divine tastiere  che provano gli accordi di una sinfonia che parla di alleanza gioiosa con tutto ciò che vive.
Se di questa domenica potessimo portare con noi una parola, sia questa: Il Signore ha fatto risplendere la vita. Ripeterla come un’eco di speranza e di bontà: la trasfigurazione è già iniziata, nelle vene del mondo corono frantumi di stelle. E seminare i segni della bontà e della luce, seminare occhi nuovi che sappiano vedere e ringraziare e imitare le creature che sono buone e luminose, che hanno passione di giustizia e danno la vita.
E beati coloro che hanno il coraggio di essere ingenuamente luminosi nello sguardo, nel giudizio, nel sorriso.
Davvero è bello per noi stare qui, accanto a loro.

Conclusione
« Essi tacquero ». Il mistero non si chiarisce con molte parole, ma con la riflessione e il silenzio. Rimane sempre arduo comprendere il disegno di Dio che condiziona la gloria all’ignominia, la vita alla morte, ma se non lo si accetta si rimane fuori.
Il vangelo è l’annunzio della passione e risurrezione del Signore; i due aspetti non possono essere disgiunti, ma non si può pretendere nemmeno di comprenderli: occorre accettarli e soprattutto viverli come essi sono, per essere salvi.